Maurizio Tucci, Corriere della Sera 29/11/2009, 29 novembre 2009
Tra le mamme che vivono in Italia, quelle che provengono dal centro e Sud Africa e quelle musulmane allattano più a lungo (secondo le prescrizioni del Corano si dovrebbe allattare per due anni n
Tra le mamme che vivono in Italia, quelle che provengono dal centro e Sud Africa e quelle musulmane allattano più a lungo (secondo le prescrizioni del Corano si dovrebbe allattare per due anni n.d.r.). Le donne orientali, quelle dell’Est Europa e le italiane d’origine sono, invece, quelle che interrompono prima l’allattamento. E’ quanto risulta da un’indagine, presentata al Congresso nazionale della Sip, Società italiana di pediatria e realizzata, per conto della Sip, dall’Istituto di ricerca ISPO di Milano, sul confronto tra abitudini, atteggiamenti e pratiche relative all’allattamento al seno delle mamme straniere che vivono in Italia e delle mamme italiane. Dall’indagine, effettuata su un campione nazionale di 700 pediatri, è risultato che la maggior parte delle mamme straniere in cura dai pediatri proviene dai Paesi dell’Est europeo (39%) e dai Paesi arabi e magrebini (38%). Seguono, a distanza, le mamme orientali (12%), quelle sudamericane (4%) e quelle dell’Africa centrale e del Sud (4%). Un rapporto che non coincide con l’effettiva consistenza delle comunità straniere presenti in Italia. Diversi i dati relativi alla durata dell’allattamento ma diversi anche quelli su abitudini e atteggiamenti ad esso collegati. Le italiane sono di gran lunga quelle che chiedono più frequentemente aiuto al pediatra di base per problemi e difficoltà legati all’allattamento, mentre tutte le donne straniere sembrano decisamente poco propense a farlo. E sono le orientali e le italiane le mamme indicate dalla maggioranza dei pediatri (rispettivamente dal 36% e dal 25%) come quelle che più interrompono l’allattamento senza chiedere consiglio al pediatra e scelgono da sole (rispettivamente 31% e 33%) il latte formulato da dare al loro bambino. Le mamme italiane sono anche le più propense a considerare di pari qualità i latti formulati venduti nei supermercati, rispetto a quelli venduti delle farmacia. La ripresa del lavoro come causa di interruzione dell’allattamento al seno riguarda, secondo i pediatri, prevalentemente le mamme italiane (anche se in una precedente indagine le italiane non indicavano il lavoro come causa principale dell’interruzione) e quelle orientali, mentre sono le musulmane quelle per le quali la ripresa lavorativa incide meno, anche perché sono molte quelle che non lavorano. Ma quali sono le cause che rendono maggiormente problematico il rapporto tra i pediatri e le mamme straniere? Secondo l’83% degli intervistati sono gli impegni lavorativi delle donne, specie per quanto riguarda le orientali e le mamme dell’Est europeo. Le difficoltà relazionali invece riguardano, soprattutto, quelle musulmane e del Nord Africa: la lingua è considerata un ostacolo dal 73% dei pediatri, mentre per il 65% a creare problemi (specie per le donne musulmane) è la composizione del nucleo familiare. «Ruolo fondamentale, nel sostegno alle mamme straniere per la promozione dell’allattamento al seno, – afferma Mauro Zaffaroni, coordinatore del Gruppo di studio della SIP sul bambino immigrato – è quello giocato del mediatore culturale, che oltre a fare da traduttore, è in grado di rassicurare la mamma straniera perché viene percepito come una persona vicina alle sue tradizioni culturali e, quindi, in grado di comprenderla». Da un confronto generale dei dati dell’indagine – nonostante la distanza culturale – si registrano dunque dei comportamenti abbastanza simili tra le mamme italiane e quelle orientali, ma che, per certi aspetti derivano, come afferma Carla Navone, Segretario Nazionale della SIP e coordinatrice dell’indagine, da situazioni drasticamente differenti. «La maggiore autonomia relativamente allo svezzamento e alla scelta del latte sostitutivo – spiega la Navone – per le orientali deriva essenzialmente dalla scarsa frequentazione col pediatra, mentre per le mamme italiane nasce paradossalmente dal loro maggior livello di informazione, che le rende più sicure nel prendere una decisione autonoma». Maurizio Tucci