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 2009  novembre 29 Domenica calendario

MILANO

Dalla competizione con Mediaset e Rai fino alla nuova of­ferta di video on demand. Dall’au­mento dei canali in alta definizione fi­no all’incursione nella tv digitale ter­restre. E’ un periodo intenso per Tom Mockridge. Seduto nel suo ufficio dentro al palazzone tutto vetri e me­tallo di Milano Rogoredo, l’ammini­stratore delegato di Sky Italia, respon­sabile di tutte le attività televisive del­la News Corp di Rupert Murdoch in Europa continentale, trova comun­que il tempo, lui così poco incline ad apparire sui media, di fare il punto della situazione con il Corriere . Po­che decine di metri più in là il diretto­re di Sky Tg24, Emilio Carelli, sta aspettando una risposta da Silvio Ber­lusconi e Pier Luigi Bersani, invitati a un confronto in diretta nella sede del­l’emittente. «Non so ancora se accet­teranno – ammette Mockridge ”. Sarebbe bello vedere i leader dei due schieramenti politici confrontarsi sui temi che interessano gli italiani. E’ una cosa normale in tutti i Paesi, in Gran Bretagna come in Francia e ne­gli Usa».

Mister Mockeridge, il 12 dicem­bre Sky lancerà un nuovo pacchetto di contenuti «selezionati» fra tutti quelli trasmessi dall’emittente ogni giorno e ogni settimana. E’ una ri­sposta alla formula di video on de­mand di Mediaset?

«Si tratta, semplicemente, di una nuova opzione resa possibile dallo sviluppo tecnologico. Agli abbonati di MySky faremo arrivare sul decoder una scelta dei migliori film, delle se­rie tv, degli eventi sportivi trasmessi nell’ultima settimana, in modo che possano vederli anche se non li han­no registrati personalmente».

Mediaset è ricorsa all’Authority per bloccare la «digital key» lancia­ta da Sky e ha rifiutato le vostre in­serzioni pubblicitarie sulle sue emit­tenti. Con il gruppo che fa capo alla famiglia Berlusconi sembra che ab­biate rapporti sempre più tesi...

«E’ vero che, secondo notizie di stampa, Silvio Berlusconi ha definito Sky ’un nemico’ e che suo figlio Pier Silvio nei giorni scorsi ha usato termi­ni come ’guerra’. In realtà, io conti­nuo a credere che si tratti solo di com­petizione fra due aziende, di sana con­correnza sui contenuti, sulle offerte, sui modelli di business. La competi­zione è un processo positivo: stimola la creatività, produce posti di lavoro e, in definitiva, si traduce in un van­taggio per gli spettatori. La guerra è invece un evento distruttivo. Non mi pare sia questa la situazione».

Perché allora Sky ha deciso di of­frire agli abbonati una «chiavetta di­gitale » per poter vedere le trasmis­sioni sul digitale terrestre?

«Perché così i nostri abbonati pos­sono seguire le trasmissioni delle emittenti in chiaro con il loro deco­der Sky, senza dover acquistare un al­tro apparecchio. Dire che così limitia­mo la competizione è evidentemente falso. E’ semmai il contrario: diamo accesso ai programmi della concor­renza, portando ascolti sui loro cana­li ».

La settimana scorsa anche in La­zio, come già accaduto in altre re­gioni, lo switch off fra la tv analogi­ca a quella digitale terrestre si è tra­dotto in un forte calo di audience per Rai e Mediaset e in un balzo del 56% per Sky. Come lo spie­ga?

«Innanzitutto dico che il passag­gio dall’analogico al digitale è un van­taggio per gli spettatori. Quanto alla performance di Sky, ne sono conten­to. Ma registro anche il fatto che cre­sce l’attenzione per i canali locali».

Un anno fa il governo ha raddop­piato l’Iva per Sky portandola dal 10% al 20% e voi avete protestato con estrema durezza. Un po’ eccessi­va, non le sembra?

«In seguito a quell’aumento gli ab­bonati Sky versano oltre 400 milioni di euro. Si è trattato di un aumento delle tasse per 5 milioni di italiani. Detto questo, tengo però a precisare che capisco le esigenze di bilancio ri­badite anche di recente dal ministro Tremonti. E rispetto il suo rigore. Ma, come in tutti i Paesi democratici, le aziende, così come i cittadini, han­no sempre il diritto di esprimere libe­ramente le proprie opinioni».

Cosa pensa della decisione della Rai di uscire dalla piattaforma Sky?

«Non ho ancora capito i motivi. In questo modo la Rai ha sostanzialmen­te rifiutato, in cambio di niente, gli ol­tre 400 milioni di euro che avevamo offerto nell’arco di 7 anni per i suoi programmi. In più, ha rinunciato a quella quota di audience che le deri­vava dal fatto di essere vista anche su Sky. A noi comunque interessa avere buoni rapporti con l’emittente pubbli­ca, che rispettiamo molto: ha ottime professionalità e una grande library di contenuti».

State pensando di trasmettere l’offerta di Sky anche sul digitale ter­restre?

«Assolutamente no. Già oggi, an­che se potessimo disporre dell’intera banda di frequenze del digitale terre­stre, non basterebbe comunque a ospitare i nostri canali in alta defini­zione. Crediamo che il satellite sia, e resterà a lungo, uno dei sistemi di di­stribuzione mi­gliori ».

Ma quali sono i limiti? Oggi Sky ha oltre 4,8 milio­ni di abbonati, cioè 13-14 milio­ni di spettatori, fino a dove può arrivare?

«Dal punto di vista tecnologico non ci sono limi­ti. Il satellite ba­sta e avanza. Poi vedremo quali prospettive si apriranno con al­tre tecnologie, co­me per esempio la tv via internet a banda larga. Del resto, forniamo già programmi per l’Iptv a Telecom e Fastweb. Quanto invece alle prospet­tive di crescita degli abbonati, basta pensare che negli Usa la pay tv rag­giunge il 93% delle famiglie, in Gran Bretagna il 60%, in Francia il 50%. In Italia, insomma, c’è ancora un enor­me spazio per crescere».

Quando prevedete di offrire tutti i programmi in alta definizione?

«Entro il 2010 avremo 30 canali hi­gh definition , che diventeranno 50 molto presto. Già oggi oltre 1,2 milio­ni di famiglie accedono alla nostra of­ferta in alta definizione».

Giancarlo Radice