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 2009  novembre 29 Domenica calendario

Il presidente francese Sarkozy ne è rimasto talmen­te affascinato che quest’esta­te a Le Havre, parlando delle politiche marittime, ha assi­curato: «Troveremo le risorse per finanziare questo proget­to », e l’idea geniale ed estre­ma dell’architetto Jacques Rougerie si è avvicinata alla realizzazione

Il presidente francese Sarkozy ne è rimasto talmen­te affascinato che quest’esta­te a Le Havre, parlando delle politiche marittime, ha assi­curato: «Troveremo le risorse per finanziare questo proget­to », e l’idea geniale ed estre­ma dell’architetto Jacques Rougerie si è avvicinata alla realizzazione. Rougerie vuole costruire una nave verticale. In Francia, dove vive su una casa-ufficio galleggiante, lo hanno già ribattezzato Capi­tan Nemo perché la sua nave oltre ad essere disegnata tut­ta in verticale, 51 metri di al­tezza, è pensata per viaggiare immersa per la massima par­te, 31 metri di scafo sotto il li­vello del mare. Gli alloggi del­l’equipaggio sono almeno 7 metri sotto la superficie. «Mi sono ispirato a un ca­valluccio marino – ha detto il sessantenne Rougerie in un’intervista a Le Point ”. Così come Leonardo da Vinci aveva studiato per il suo pro­totipo di elicottero il volo del­la libellula io ho osservato le creature marine». Come l’ip­pocampo «SeaOrbiter» ha una silhouette slanciata che si allarga quasi a mezza altez­za, la «pancia» del cavalluc­cio diventa una piattaforma di osservazione. Come l’ippo­campo la «SeaOrbiter» si muove seguendo le correnti. Nei progetti del suo ideatore è destinata a studiare la vita degli oceani in profondità, ma soprattutto a garantire agli scienziati, nei suoi locali pressurizzati, periodi di per­manenza anche molto lunghi in immersione. «Fino ad ora – ha spiega­to Rougerie – i biologi han­no potuto restare per brevi periodi nelle capsule sottoma­rine e questo limita i risultati dalla ricerca: è come studiare la foresta amazzonica con un elicottero che ogni ora deve portarti indietro». Dallo stu­dio delle relazioni fra riscalda­mento globale e oceani a quel­lo delle forme di vita nelle ac­que profonde, ma anche, dice Rougerie, alla scoperta di nuovi elementi e principi atti­vi nel grande ventre del mare che potrebbero cambiare il fu­turo della medicina, l’architet­to che volle farsi Capitan Ne­mo non trova limiti all’utiliz­zo e alle prestazioni della sua creatura. Compreso quello tu­ristico. Tutto l’opposto delle mastodontiche navi da crocie­ra, grattacieli orizzontali se­moventi. Rougerie ha cambiato la prospettiva. Le sue parole so­no: altissimo, sottile, immer­so. E per pochi. La «SeaOrbi­ter » potrà ospitare diciotto persone: sei membri di equi­paggio, sei scienziati e sei ospiti che potranno variare a seconda delle necessità. Astronauti – ad esempio – in addestramento o medici per studiare le reazioni del corpo umano ad una vita sot­tomarina prolungata. O, co­me per i voli spaziali, turisti avventurosi. Ci sono molti punti di contatto fra la «Sea­Orbiter» e i viaggi nello spa­zio, non solo concettualmen­te: il primo astronauta france­se, Jean-Loup Chrétien, colla­bora al progetto per quanto ri­guarda i sistemi di controllo anti-collisione mentre Bill Todd, istruttore di astronauti della Nasa, studia l’aspetto umano. «Sulla mia nave si starà be­nissimo – assicura Rougerie – sono previste una pale­stra, una sala video e soprat­tutto buona cucina. Cucinerò io, sono molto bravo ai fornel­li ». Non solo. Rougerie è uno dei più affermati architetti «acquatici»: il governo egizia­no gli ha da poco affidato l’in­carico di progettare il primo museo archeologico subac­queo del mondo nella città di Alessandria. La «SeaOrbiter» rappresen­ta dieci anni di studi e proget­ti. Fino all’anno scorso il nuo­vo Capitan Nemo pensava di avere cinquanta probabilità su cento di iniziare presto la costruzione: «Ora sono al 90 per cento – ha detto al Time ”. Ho già raggiunto la metà della somma necessaria, il re­sto lo troveremo. Già un cer­to numero di aziende si sta impegnando sugli aspetti tec­nologici ». Per guardare l’ocea­no dalla pancia di un cavalluc­cio marino occorrono 35 mi­lioni di euro. Erika Dellacasa