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 2009  novembre 28 Sabato calendario

BERLINO

Erano anni final­mente migliori, per la Germania occidentale, i Sessanta. Il boom economico e la democrazia che si costruiva giorno per giorno, sem­pre più forte, dopo la catastrofe del nazismo. La società era in mo­vimento, il benessere si afferma­va, gli studenti scendevano in piazza come in tutto il mondo. Si posavano i mattoni di un Paese in ricostruzione anche nell’anima, e gli intellettuali avevano un ruolo di primo piano. I loro libri rimette­vano in piedi la cultura e i giornali si facevano muscoli sempre più forti. Rudolf Augstein e Martin Walser, due giganti della nuova Germania, erano amici, accomuna­ti in battaglie di sinistra ma anche vicini nella vita.

Augstein aveva fondato nel 1947 Der Spiegel , il settimanale che nei Sessanta aveva già condot­to battaglie epiche contro il potere e che sarebbe poi diventato l’istitu­zione potentissima che è oggi. Walser scriveva, disegnava la co­scienza anti-eroica del Paese in ri­nascita: aveva già pubblicato Ma­trimonio a Philippsburg , parteci­pato alle conferenze letterarie del Gruppo 47, protestava contro la guerra in Vietnam ed era sulla stra­da di diventare quello che oggi – 82enne – molti considerano il maggiore scrittore vivente tede­sco. Bene: ieri si è saputo che il fi­glio di Augstein, Jakob, 42 anni, è in realtà figlio naturale di Walser. Lo ha detto lo stesso Jakob, lo ha confermato, dalla sua casa con grande vetrata sul lago di Costan­za, il grande scrittore e lo ha certi­ficato la madre, la traduttrice Ma­ria Carlsson.

La storia è una piccola finestra aperta sul ruolo delle élite cultura­li tedesche nella formazione della Germania di oggi. Negli Anni Ses­santa, Rudolf Augstein era proba­bilmente il giornalista tedesco più noto e aggressivo: stava costruen­do con il suo Spiegel un modo nuovo di fare giornalismo. Lun­ghissima fu la sua battaglia contro Franz Josef Strauss, ministro della Difesa che il giornale accusava di volere riarmare la Germania con ordigni nucleari e di tramare per succedere alla cancelleria a Kon­rad Adenauer. Così facendo, co­struiva un giornale di parte, espo­sto alle critiche ma seguitissimo dai lettori, passionale.

Passionale come era lo stesso Augstein, amicizie burrascose, quattro mogli, alcune straordina­riamente forti come lui. E’ in que­sta Germania che si sente nuova e aperta a tutto che la relazione tra Maria Carlsson e Martin Walser produce un figlio. «Rudolf non era geloso», ha detto ieri la signo­ra. Nel 2002, alla morte del marito che aveva riconosciuto Jakob e lo adorava, ha raccontato la verità al figlio. Che si è poi avvicinato al pa­dre naturale.

Nel frattempo, gli Augstein han­no perso il controllo dello Spiegel tra accuse e scontri di personalità. Alla morte del padre legale, Jakob, in rappresentanza dei fratelli, con­dusse una battaglia contro i soci del gruppo Bertelsmann che, sulla base di un contratto firmato da Ru­dolf, alzarono la loro quota quan­to basta per mettere fuori gioco la famiglia fondatrice. Oggi, gli Aug­stein mantengono una quota di minoranza, un po’ più piccola di quella della Grüner und Jahr della Bertelsmann, mentre i redattori ne possiedono la maggioranza.

Jakob è dunque passato ad al­tro. Un nuovo padre, un monu­mento della cultura tedesca, oggi non più di sinistra. E un nuovo giornale: 18 mesi fa ha comprato il settimanale Freitag . Ora lo diri­ge, stacca dividendi e fa la sua vi­ta. Nella Germania ormai norma­le, meno epica, ma molto plasma­ta dalle élite intellettuali.