Vittorio Feltri, Libero 26/11/2009, 26 novembre 2009
TROPPA FRETTA BERLUSCONI NON E’ FINITO
Il bipolarismo che iniziò in coincidenza con l’irruzione di Berlusconi nella politica italiana sta per implodere? Lo dicono in pochi e lo pensano in molti. Mentre Angelo Panebianco lo ha scritto ieri sul Corriere con argomenti solidi meritevoli di considerazione. Dice l’editorialista, insintesi. Nel momento in cui il «creatore» dell’attuale centrodestra, per un motivo o per un altro, dovesse abbandonare la scena, nessuno sarebbe in grado di subentrargli con buone probabilità di tenere insieme la maggioranza. Di conseguenza, dall’aggregazione nei due poli si passerebbe alla disgregazione; e il ritorno al sistema elettorale cosiddetto proporzionale sarebbe quasi naturale. Ne sortirebbe un vantaggio o uno svantaggio? Secondo Panebianco entreremmo in una fase di caos dal quale però, anziché nascere un nuovo ordine, rinascerebbe un vecchio disordine coerente con la storia e la tradizione repubblicana. Difficile non condividere l’analisi, anche perché alcuni segnali forti della crisi da lui prospettata si avvertono già. Infatti, leader e leaderini di entrambi gli schieramenti non si occupano più del presente, mapensano al futuro. In altre parole: discutono tanto di Berlusconi non con l’intenzione di aiutarlo nel suo lavoro, bensì di aiutarlo ad andare via in fretta e prenderne il posto, anzi i posti, poiché dalla frantumazione del quadro politico sperano tutti di trarre un pezzo di potere per se stessi. Misembradicapirecheperl’editorialista del Corriere la scadenza del premier e del bipolarismo sia imminente.E su questo non sono d’accordo, forse perché nelle mie previsioni prevale la speranza sullalogica. Ipotizzo cioè che il Cavaliere supererà anche la difficile congiuntura e rimarrà in sella un lungo periodo ancora, sufficiente per scongiurare il pericolo del disfacimento cui lavorano personaggi animati da sentimenti di rivalsa, e incuranti del bene comune. Certo è che gli ostacoli non vanno sottovalutati; e non mi riferisco soltanto a quelli giudiziari che andavano rimossi all’inizio della presente legislatura o addirittura durante quella 2001-2006 (un grave errore non aver riformato in linea prioritaria la giustizia). C’è anche da rendere meno tribolata la gestione della maggioranza e soprattutto del Pdl. Fra quattro mesi si vota per le Regionali e alcuni punti fermi bisogna fissarli. Per esempio le candidature a governatore della Lombardia e del Lazio. La prima è in buone mani. Formigoni deve rimanere sia perché ha dimostrato in quindici anni di essere all’altezza dell’incarico, sia perché - e ciò è ancora più importante - Berlusconi non deve cedere la sua regione (il motore dell’Italia) ad altri partiti. Sarebbe un suicidio. Intendiamoci, la Lega sa il fatto suo enonè indiscussione la preparazione amministrativa; qui però per il Cavaliere si tratta di difendere una postazione strategicamente decisiva. Non sipuògovernareilPaesesenza governare la Lombardia. ovvio. Bossi si accontenti del Veneto che comunque è una potenza seconda solo a quella di Formigoni.E se il Carroccio insiste, meglio dargli il Piemonte. Quanto al Lazio,dopo la tragicommedia dei trans, igiochisono aperti e complicati. Fossi Berlusconi non trascurerei il cattolico Baccini al fine di contrastare l’eventuale concorrenza dell’Udc. Baccini, in veste di guastatore, consentirebbe al Pdl di negoziare su uno scacchiere più ampio. Ho citato due esempi per sottolineare un concetto. Le Regionali non sono uno scherzo in assoluto e neppure in funzione del rilancio di Berlusconi. Vincerle con largo margine (specialmente nelle due realtà citate) avrebbe per il premier il valore di un referendum confermativo della sua insostituibilità e della sua intoccabilità. A buon intenditor,poche parole.