Giuliano Zulin, Libero 26/11/2009, 26 novembre 2009
Fare acquisti col ”No Iva Day”- Oggi è il black friday, il venerdì nero che negli Stati Uniti è sinonimo di shopping
Fare acquisti col ”No Iva Day”- Oggi è il black friday, il venerdì nero che negli Stati Uniti è sinonimo di shopping. Consumi. Acquisti. Regali di Natale. Il popolo americano si sta mettendo in fila per accaparrarsi di tutto e di più al prezzo migliore. Scontato. Una tradizione a stelle e strisce che farebbe molto bene anche in Italia, visto il continuo calo dei consumi. Ormai sono anni che le vendite al dettaglio sono negative. Sempre in calo rispetto al mese precedente. Il lamento dei commercianti ormai non fa più notizia. I consumatori invece tengono duro: magari spendono meno, ma non mollano la presa sui negozi. I lavoratori dipendenti hanno infatti la fortuna di poter contare sulla tredicesima. Uno stipendio in più che trasforma la busta paga di Natale in un regalone. Però quelli non sono soldi donati dallo Stato o dall’azienda: sono sempre nostri. Quindi il regalo non esiste. Solo se il governo decidesse di detassarle - come paventato lo scorso anno - potremmo ringraziare il re magio Giulio Tremonti o il re Silvio. Vista l’aria che tira però è meglio mettersi il cuore in pace e spendere come gli scorsi anni. La maggioranza ha deciso di non tagliare l’Irpef e l’Irap, di non introdurre la cedolare secca al 20% sugli affitti, di non intervenire appunto sulle tredicesime. Una sequela di ”non” che in confronto il signor no era un amico. Non ci sono soldi, sostiene il ministro dell’Economia. Prima vuole che il Parlamento approvi la Banca del Sud e la mini-mini Finanziaria 2009. Poi si potrà Poi si potrà parlare di riforma fiscale. Certo che le promesse liberali degli ultimi 15 anni restano un miraggio: la doppia aliquota (23 e 33 per cento) o addirittura la flat tax (l’aliquota unica) rimarranno casi da studiare all’università, anche se la Slovenia, nostra concorrente, ce l’ha e ci guadagna. Mentre Brunetta, Sacconi, Scajola e Tremonti litigano c’è però un popolo, quello italiano, che non si lamenta quasi mai per le tasse (negli States del black friday vanno in piazza contro Obama), solo che se ogni tanto dal Palazzo lanciassero una carota invece che il bastone, non sarebbe male... Nella maggioranza studiano come beccare gli evasori. Quelli che non battono gli scontrini. Vorrebbero abbinare un codice a ogni ricevuta per far partecipare - via telefonino - gli acquirenti a una mega lotteria. Oppure pensano di invitare i negozianti ad allegare un gratta e vinci allo scontrino, per incentivare il consumatore a richiederlo... Ma non sarebbe meglio incentivare i consumi più che la lotta di classe contro le partite Iva? Abbiamo una proposta, anche se premettiamo che «non siamo economisti ». L’idea è semplice. Visto che in America è un successo, perché non importare il black friday? Per non copiare spudoratamente gli Usa, potremmo spostare il giorno ”scontato” al sabato. Magari l’ulti - mo del mese, cioè quando i quattrini in tasca scarseggiano; oppure a inizio mese, quando invece i soldi non mancano. Decida il governo sulla data, ma l’importante è decidere qualcosa. Domanda: ma come convincere gli italiani a fare shopping e i commercianti a vendere a prezzi scontati? Si potrebbe eliminare il costo dell’Iva dai prodotti. Di fatto ogni bene costerebbe il 20% in meno. Ma per non ridurlo a uno spot fine a se stesso, sarebbe il caso di prevedere un ”no Iva day” ogni mese. Immaginatevi che ribassi ci sarebbero l’ultimo sabato di gennaio, a saldi già iniziati: praticamente si pagherebbe la metà. Un super incentivo per muovere l’eco - nomia. Altra domanda: ma quanto costerebbe questo gioco allo Stato? Duetre numeri per capirci. L’incasso Iva giornaliero si aggira intorno ai 280 milioni di euro. Praticamente 12 giorni senza Iva toglierebbero allo Stato 3,2 miliardi di gettito. Un bel buco, sì, che però potrebbe essere coperto da un parallelo aumento dell’Ires, cioè l’imposta sui redditi societari. L’effetto domino è semplice: prezzi più bassi, più consumi, più incassi per i negozianti, più reddito, più imponibile, più Ires. In base ai dati attuali un aumento del 20% dell’Ires corrisponde a 1,1 miliardi in più per l’Erario. Insomma il buco si restringerebbe a due miliardi. Ma vogliamo parlare di tutti gli euro che incassa lo Stato dai giochi? Dieci miliardi l’anno. Dove vanno a finire? Tre anni fa non c’era tutto questo gettito...