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 2009  novembre 27 Venerdì calendario

Draghi: disastro Sud tante banche, poco credito- Lo Stato sposta a favore del Sud circa il 4% del prodotto nazionale, ma da trent’anni il divario con il Nord non cala

Draghi: disastro Sud tante banche, poco credito- Lo Stato sposta a favore del Sud circa il 4% del prodotto nazionale, ma da trent’anni il divario con il Nord non cala. I dati raccolti dalla Banca d’Italia danno spunto al governatore Mario Draghi per suggerire una svolta nel modo di affrontare la «questione meridionale». Presente al convegno, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano commenta: «Tutte le parti del paese, anche il Nord, hanno bisogno che il Mezzogiorno si sviluppi se vogliamo il rilancio dell’economia italiana nel suo complesso». Per Draghi il problema è quello di una società dove la mafia «infiltra le pubbliche amministrazioni, inquina la fiducia dei cittadini, ostacola il funzionamento del libero mercato, accresce i costi della vita economica e civile». Non serve aggiungere soldi a soldi se non si incide qui. Finora «i sussidi alle imprese sono stati generalmente inefficaci», «incentivano spesso investimenti che sarebbero stati effettuati comunque», perfino danneggiano gli imprenditori più capaci. Secondo una analisi della Banca d’Italia i nuovi investimenti sono stati pari ad appena il 30% degli incentivi, addirittura al 6% «se si escludono gli effetti di mero anticipo». Una catastrofe. Il messaggio del convegno «Il Mezzogiorno e la politica economica dell’Italia», fatto proprio da Napolitano, è che più di escogitare politiche specifiche bisogna cercare rimedi appropriati a far funzionare anche al Sud le politiche valide per tutto il paese. Dalle analisi della Banca d’Italia, tra l’altro, non risulta gran che necessaria la Banca del Sud cara a Giulio Tremonti. Dice il governatore che se il credito al Sud è più caro lo si deve «in larga misura alla diversità strutturale dell’economia reale e alla maggiore debolezza nel Mezzogiorno delle istituzioni che tutelano il rispetto dei contratti». Ovvero, le banche si fanno pagare di più perché è più difficile ottenere i soldi indietro da un cliente che si rifiuta di rimborsarli. La giustizia civile è più lenta che nel resto del paese, dunque i costi del recupero crediti sono più elevati; sono più numerosi gli illeciti economici. Guarda caso, nelle province del Sud a elevata criminalità, i tassi di interesse sono più alti rispetto a quelle dove la criminalità è minore. E’ vero che al Sud ci sono meno sportelli bancari per abitante, circa la metà; ma in rapporto alla ricchezza finanziaria delle famiglie, che è inferiore, ce ne sono perfino di più. «Nascono nel Sud tante nuove banche quante ne nascono nel resto d’Italia» sottolinea Draghi. C’è nel Sud, secondo Draghi, un problema di mentalità: «la carenza di fiducia tra cittadini e istituzioni, la scarsa attenzione prestata al rispetto delle norme, l’insufficiente controllo esercitato dagli elettori nei confronti degli amministratori eletti, il debole spirito di cooperazione». Perché il recupero si è fermato 30 anni fa? Secondo un ospite applaudito, il presidente della Confindustria siciliana Ivan Lo Bello, perché speculazione edilizia e spesa per opere pubbliche hanno consolidato un blocco sociale parassitario, ostile al mercato, culturalmente contiguo alla mafia. Nel gergo degli economisti si dice che «è carente il capitale sociale». Lo è pure il «capitale umano» ossia i livelli di istruzione. Forse le conclusioni più pratiche le ha tratte un altro ospite, il rettore della Università Bocconi Guido Tabellini: puntare tutto sull’istruzione e sul buon funzionamento della giustizia, limitando gli aiuti economici a meccanismi automatici, tipo il credito di imposta, dove non possa incidere il clientelismo politico. Nella sanità ad esempio ci sono sprechi curiosi, i medici di famiglia prescrivono troppe medicine, danno antibiotici al 44% dei malati di influenza rispetto al 30% dei loro colleghi al Nord, gli ospedali ricoverano persone cha sarebbe possibile curare fuori, in Sicilia il 60% dei parti sono cesarei. «Insomma occorre investire in applicazione, piuttosto che in sussidi» conclude il governatore della Banca d’Italia.