Fabio Poletti, La stampa 27/11/2009, 27 novembre 2009
LE MANI MOZZATE PER PAURA DEL DNA
Il Vasco che si beve il bianchino al bar San Martino dietro la chiesa di Ispra ha già emesso la sentenza: «Giuseppe? Il barese? Un balordo, mica mi stupisce». Già, adesso che sembra tutto finito, chi si stupisce che Giuseppe Piccolomo, 58 anni, una volta tre ristoranti, adesso imbianchino, una valanga di assegni protestati, sia quello che ha ucciso Carla Molinari e le ha portato via pure le mani. «Magari non è nemmeno la prima volta che ha ammazzato qualcuno...», dice la barista che se lo ricorda bene, quando veniva a bersi il caffè con la Mercedes 500 e la fidanzata marocchina «così giovane che poteva essere sua figlia».
Giuseppe Piccolomo ai magistrati di Varese che lo hanno interrogato per una notte ha detto che non c’entra niente con la morte di Carla Molinari, la tipografa in pensione di 82 anni massacrata in casa il 5 novembre scorso, dieci coltellate alla schiena, cinque al petto, una mortale che le ha segato la gola, per non parlare del lavoro «chirurgico» alle mani. Ha detto niente con esagerata ostinazione. La stessa che si ricordano bene gli investigatori di Varese che se lo erano trovato davanti già sei anni fa. Per quello strano incidente di macchina, la sua auto che va a fuoco in un campo a Caravate, la moglie che non riesce a uscire e muore tra le fiamme. Anche se le indagini che allora lo avevano visto nel mirino per omicidio colposo erano finite in niente. «Vedremo se si può fare qualcosa oggi...», non sa che cosa dire uno degli investigatori, venti giorni e venti notti per venire a capo di quest’altra storia che ha scosso Cocquio Trevisago. Qualcuno pensava già alle ronde, agli stranieri venuti da fuori, alla rapina finita male, all’eredità contesa e invece era solo il solito vicino di casa.
«Il caso è chiuso. Per noi è chiuso», ripetono gli investigatori dopo l’interrogatorio e le manette. Nella villetta dove hanno ucciso Carla Molinari c’erano impronte di una scarpa numero 38. Tante impronte. Dello stesso numero di Giuseppe Piccolomo che deve aver perso la testa e dopo deve aver cercato di confondere le tracce che portavano a lui nel maldestro tentativo di depistare le indagini. E poi Piccolomo avrebbe anche graffi sul volto, frutto forse di una collutazione. E questo avvalorerebbe un’ipotesi presa in esame fin dall’inizio: ossia che l’assassino, tagliando le mani, volesse far scomparire tracce della propria pelle sotto le unghie della donna.
E ancora: a fianco del cadavere c’erano quattro mozziconi di sigarette. Sigarette diverse e zero cenere. Carla Molinari nemmeno fumava. La telecamera di un bar poco distante ha impresso le immagini di Giuseppe Piccolomo che si infila in tasca qualcosa preso da un posacenere. Un gesto che non ha senso. E se ha un senso è quasi la firma della sua colpevolezza. Malgrado ore di interrogatorio. Giorni a fare la posta a questo ex imprenditore che era salito al Nord a cercare fortuna. E la fortuna all’inizio aveva girato pure bene. A Cocquio aveva aperto la pizzeria «Pantera rosa». Poi un altro locale a Caravate. Poi il ristorante «Il Poggio» a Casciago. Poi più niente. Perso tutto in un mare di debiti. Assegni protestati. «Andava a in giro a chiedere a tutti che gli cambiassero un assegno, più assegni... Ma chi si fidava...», dicono in paese. La morte della moglie aveva solo peggiorato la situazione. Quando poi si era messo con la sua attuale compagna, una giovanissima marocchina, era stato pure peggio. Erano finiti a vivere ad Ispra. Lei faceva le pulizie e dicono che lo mantenesse. Lei faceva le pulizie a casa sua quando ancora stava con la moglie. E poi era andata a farle alla signora Molinari, la tipografa in pensione che aveva un po’ di soldi e la vita tranquilla. «Pensava di andare a vivere in una casa di riposo. Aveva già sistemato l’eredità. Un po’ in beneficenza, un po’ ai parenti per non scontentare nessuno», racconta l’ amica del cuore, 81 anni, uno in meno di Carla che faceva del bene a tutti Gli investigatori sospettano che disperato Giuseppe Piccolomo fosse andato a chiederle dei soldi. Magari lei gliene aveva pure dati. Magari non così tanti come ne voleva lui che sentiva di averne così bisogno.