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 2009  novembre 26 Giovedì calendario

L’ex ragazzo Wendell che rubava i cellulari agli «uomini schifosi»- BELEM (Brasile) – Fine ottobre, dopo il solito acquazzone della sera

L’ex ragazzo Wendell che rubava i cellulari agli «uomini schifosi»- BELEM (Brasile) – Fine ottobre, dopo il solito acquazzone della sera. Anche nel cuore della foresta amazzonica, un televisore racconta il mondo. «Mamma, vieni qui! Ma quello è Wendell! ». La donna si blocca su una sedia. Non vede il figlio da anni, non gli parla da mesi, lo rivede conciato come Brenda in un fermo immagine, e una notizia breve dall’altro capo della Terra. Uno scandalo politico, dicono in tv, ma ci capisce poco. Venerdì scorso, assai peggio. Squilla il cellulare, è una certa Fabiola dall’Italia. «Signora, suo figlio è morto, non sappiamo come... ». Azenete Mendes Paes rivede in un istante la sua vita. Durissima. Madre a 17 anni, in una favela di Belem, mille modi per sopravvivere, poi il padre del bambino che se ne va di casa. ancora una ragazza quando scappa dalla metropoli, una delle più violente e povere del Brasile, trova un altro uomo, tenta di ricominciare altrove portandosi dietro i figli. Ma è Wendell, a 16 anni, che decide di lasciare lei, e il paesino di Oiapoque, sul confine tra il Brasile e la Guyana Francese, dove l’hanno portato a crescere. Si sente ragazza, diverso, che può fare in un villaggio sperduto nella selva? Vuole la città, cominciare una cura ormonale e poi un seno nuovo. Finisce, inevitabilmente, sulla strada. Ancora adolescente a Belem, poi a San Paolo, infine a Roma dove Brendona diventa star, bruna poi bionda, la quinta poi la settima di reggiseno. I vip, il denaro e l’alcol, le prime pagine dei giornali. E una fine atroce. «Non voglio niente. Solo il corpo di mio figlio, accompagnarlo al cimitero e chiudere questa tragedia», risponde ora al telefono la madre di Wen­dell- Brenda. una donna che vive nel­la fede. Suo marito è pastore evangeli­co, Assemblea di Dio, le altre due figlie la seguono in tutto. Anche una so­rella vive vicino, l’altra è in Francia. Sarà quest’ultima, probabilmente, a volare a Roma. Azenete non ha sol­di, né il passaporto, e ci vorrebbe troppo tempo. Sa dei due avvocati di Perugia che si sono of­ferti per assistere la fa­miglia, ma non pare im­portarle molto. Raccon­ta tra i singhiozzi una sto­ria di distanza, non solo geografica. Non vede suo figlio dal 2004, quando lasciò San Paolo per Roma. Da allora rare telefonate via Internet e qualche pacchetto a Nata­le e per i compleanni. Mai soldi. «Poi improvvisamente, da giugno, silenzio totale. Non lo sento nemmeno quando scoppia quello scandalo, ma mia figlia legge che non gli è successo niente. Non mi preoccupo troppo. Una volta non chiamò per un anno intero. Gli fe­ci una scenata tale, che non smetteva di piangere al telefono. Mi disse: ’Mamma, ti giuro, mai più’». Invece quel nuovo silenzio voleva di­re molto, perché in Italia Brenda stava scivolando nell’inferno. Fabiola, l’ami­ca della telefonata, ha riferito che Wen­dell voleva davvero tornare in Brasile. «Aveva messo via dei soldi, mi ha det­to, pensava di comprare una casa a Macapà, non lontano da qui. In Italia non poteva restare, non aveva il permesso di soggiorno e ormai era troppo noto per restare clandestino. Se soltanto l’avessi saputo prima che voleva torna­re, quando era vivo, pensi che felicità, dopo tutte queste sofferenze...». Ma ag­giunge: «No, l’omosessualità di mio fi­glio non è stata una tragedia. Lo sape­vo da sempre, da quando era ragazzi­no. Il guaio è dove la vita lo ha portato, dopo». Avenida Almirante Barroso, vialone a sei corsie che corre dal centro verso le favelas di Belem, immerse nel fan­go. Brenda ha battuto qui per anni, e ancora se la ricordano. Era quella del «golpe do celular», la sua specialità. C’è sempre un telefonino nella sua vi­ta, da quelli che riusciva a sfilare, abi­lissima, dalle tasche dei primi clienti, insieme al portafogli e tutto quello che trovava. Meglio se in coppia, con una amica, ed entrambe infine sono dovu­te scappare. Prima in un altro quartie­re, poi a San Paolo e da lì a Roma. Il sogno di qualcuno, ma l’incubo di tan­ti altri trans della città, che piuttosto continuano qui, a fare la fame, rischia­re botte, sfregi o una pallottola in te­sta, da un poliziotto o un cliente vendicativo. «Deliziosa con le amiche, una iena con gli uomini, pronta a tutto per fre­gare quelli che chiamava gli schifosi». Marcia oggi ha 23 anni ma era già in strada a 14. All’epoca Brenda era già bi­cha antiga , checca vecchia, di quelle che smistano le nuove arrivate, decido­no i punti sulla strada, dettano le rego­le per una convivenza accettabile. Mar­cia vive non lontano dallo stradone, in un sottoscala con lo zio e il cane Totò. Stangona di 1,90 («Un po’ più alta di Brenda!»), veste un top con bermuda a fiori e si fa vento nella notte torrida con una rivista porno. «Sì, un’amica, con me quasi una madre. Ma quella vo­glia di soldi, come a pensare che in questo lavoro si possa far carriera...». Marcia guadagna poco, quel che ba­sta per mangiare e non si lamenta. «Qui chiediamo 50 reais (meno di 20 euro) a programa , però nessuno accet­ta e finiamo per andare per venti, tren­ta ». Dopo il lavoro, si attacca al compu­ter ed è così che ha saputo tutto. «In questi giorni è un fiume di chat da Be­lem all’Italia, ci parliamo, ognuna dice la sua sulla fine di Brenda». E che dico­no? «Che era troppo fatta, sempre ubriaca. Non so se l’hanno uccisa, mi dicono di no. Lì fa freddo, le nostre non resistono a quella vita senza but­tarsi di tutto nello stomaco. Povera Brenda...». E povero Wendell, ragazzo disgraziato dell’Amazzonia.