Sergio Romano, Corriere della sera 26/11/2009, 26 novembre 2009
I BISTICCI ITALO-FRANCESI IN ABISSINIA E IN TUNISIA
Vorrei aggiungere un dettaglio di un certo interesse relativo alle manifestazioni anticolonialiste successive alla battaglia di Adua. Il noto socialista radicale Georges Sorel, nella lettera del 29 luglio 1913 indirizzata a Mario Missiroli («Lettere ad un amico d’Italia», Cappelli), rivelò che i servizi segreti francesi ebbero un ruolo molto importante nell’aizzare la folla contro il governo, per bloccare la espansione italiana in Etiopia, dove gli interessi francesi e russi erano di un certo peso (si pensi anche alla presenza di «consiglieri militari» di quelle due nazioni durante la battaglia di Adua.
Guido Abate
guido_abate@tin.it
Caro Abate,
Non so se Georges Sorel possa essere definito soltanto un «socialista radicale». Fu uno dei maggiori agitatori intellettuali della sinistra europea fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. E fu particolarmente amato da italiani che avevano culture politiche diverse come Benedetto Croce e Benito Mussolini. Dopo la sua morte, Mussolini, a quanto pare, chiese al consolato generale d’Italia a Parigi di interessarsi alla buona conservazione della sua tomba nel cimitero parigino del Père Lachaise.
Le informazioni contenute nella sua lettera a Missiroli, allora direttore del Resto del Carlino , non furono rivelazioni. Dal momento in cui l’Italia stipulò con Austria e Germania la Triplice Alleanza, i suoi rapporti con la Francia furono continuamente turbati da sospetti e dispetti reciproci. Il ritorno di Crispi al potere, alla fine degli anni Ottanta, peggiorò la situazione. L’uomo politico siciliano non amava la Francia, detestava i gruppi politici democratici e radicali che guardavano con simpatia alla Terza Repubblica, non perdeva occasione per denunciare trame francesi che erano quasi sempre inesistenti e impegnò con la Francia una specie di guerra doganale. A Parigi divenne così uno dei bersagli preferiti di una stampa satirica che lo rappresentava nei panni di un brigante calabrese. Negli anni del suo ultimo governo scoppiarono incidenti in Eritrea, dove due negozianti francesi rifiutavano di pagare le imposte dell’amministrazione coloniale italiana, e in Tunisia dove Parigi decise di sottoporre le numerose scuole italiane (i nostri connazionali erano 28.000) alla supervisione di ispettori francesi. Ma lo scontro potenzialmente più grave fu in Abissinia dove i francesi cercarono di ostacolare per quanto possibile la penetrazione italiana nel corno d’Africa. Lo fecero, tra l’altro, favorendo forniture di fucili alle forze abissine in cui fu coinvolto persino Arthur Rimbaud, il «poeta maledetto» che aveva deciso di abbandonare Parigi e la poesia per diventare mercante in Africa.
La fine del governo Crispi segnò anche la fine dei lunghi bisticci italo-francesi. Qualche anno dopo Italia e Francia si accorsero che i loro interessi comuni erano più numerosi delle loro divergenze e si misero d’accordo per la soluzione delle controversie africane. L’Italia continuò a fare parte della Triplice, ma ebbe con la Francia, da allora, rapporti molto amichevoli. Interrogato in Parlamento sulla compatibilità di questa politica con gli obblighi che l’Italia aveva contratto con i suoi alleati centro-europei, un uomo di Stato tedesco, Otto von Bülow, disse bonariamente che alla moglie, ogni tanto, si può permettere un «giro di walzer».