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 2009  novembre 25 Mercoledì calendario

CARCERI: QUEGLI STRANI SUICIDI COL GAS E LA BUSTA DI PLASTICA


4 novembre 2009. Carcere di Piacenza. Isam Khaudri, 27 anni, muore respirando all’interno di una busta di plastica il gas del fornelletto, usato per cucinare in cella.
14 novembre 2009. Carcere di Tolmezzo. Bruno Vidali, 46 anni, muore inalando il gas contenuto in un sacchetto dell’immondizia.
17 novembre 2009. Carcere di Palmi. Giovanni Lorusso, 41 anni, muore per aver respirato del gas all’interno di una busta di plastica.
Tre decessi. Tre persone detenute morte in circostanze analoghe. Tre morti causate dall’inalazione di gas. Gas assunto attraverso una busta di plastica. Tre casi analoghi che la magistratura sembra orientata a voler archiviare con una motivazione identica. Suicidio. Una tendenza a bollare come suicidio decessi che invece potrebbero non essere tali. Una tendenza che non sembra tener conto di una prassi assai diffusa all’interno delle patrie galere. Sballarsi con il gas. Ovvero respirare il gas all’interno di una busta di plastica per stordirsi e non per uccidersi. Una pratica usata da chi è tossicodipendente e magari non ha soldi per comprarsi la droga in carcere. Una pratica usata anche da chi, pur non essendo tossicodipendente, cerca di stordirsi con il gas perché non sopporta di vivere nel degrado di una cella sovraffollata.
Il know how per sballarsi col gas galeotto è semplice. "Si mette la testa dentro a una busta di plastica, tenendola ben stretta al collo e lasciando solo un piccolo spazio per far entrare il gas." - spiega Fabrizio, ex detenuto nel carcere di Trieste - "Quando la busta è piena di gas si fanno dei profondi respiri. Tanto più si resiste dentro quella busta col gas, tanto più forte sarà lo sballo".
Uno sballo quello con il gas che però è molto pericoloso e può portare a svenimenti ed anche alla morte incidentale. "Sniffare il gas è frequente tra i detenuti, ma è una cosa rischiosa" - afferma Giovanni ex detenuto nel carcere Marassi di Genova - "Infatti capita spesso che qualche detenuto svenga con la busta in testa. Come capita che qualcuno, senza volerlo, ci rimetta la pelle. Al Marassi per esempio un ragazzo è morto mentre sniffava il gas. Non si voleva ammazzare, è stato un incidente. Come un’overdose".
"Anche tra le donne detenute è frequente stordirsi con il gas" - dice Rosa da poco uscita dal carcere di S.M. Capua Vetere - "Ho ancora viva l’immagine di molte detenute che svenivano con quei sacchetti in testa. Non tentativi di suicidio, ma tentativi per stordirsi a causa della disperazione. Vivere in 10 donne dentro una cella è una cosa insopportabile e, se sniffare il gas può dare sollievo, è normale che le detenute lo facciano." Ma c’è di più.
Leo Beneduci, segretario nazionale del sindacato Osapp della polizia penitenziaria, evidenzia un ulteriore ed importate particolare. Ovvero il tipo di gas che i detenuti possono comprare in carcere. "Nelle carceri" - spiega Beneduci - "I detenuti possono acquistare solo un tipo di bombolette a gas. Si tratta di bombolette da campeggio che contengono gas butano o propano. Ovvero un tipo di gas, assai più economico del metano, derivato dal petrolio e che per le sue componenti è molto più nocivo ove inalato".
Questa è quanto. Non decessi da archiviare frettolosamente come suicidi, ma morti che chiamano in causa la responsabilità di chi ha il dovere di salvaguardare l’incolumità della persona detenuta da gesti autolesivi.
Per finire: una perla.
Al Ministero della Giustizia è nota la prassi galeotta dello sballo col gas. Ma, invece di intervenire sostituendo i fornellini a gas con delle piastre elettriche, ci si è limitati a inviare una circolare ai direttori delle carceri. Una circolare in cui si suggerisce di far firmare una liberatoria ai detenuti che acquistano le bombolette. In breve c’è scritto: se tu detenuto subisci dei danni sniffano il gas la colpa non è nostra. Ovvio.