Simone Filippetti, Il Sole-24 Ore 26/11/2009;, 26 novembre 2009
IN BORSA VINCE CHI HA PI TESTOSTERONE
Altro che sofisticate equazioni esadecimali. Altro che modelli matematici presi in prestito dalla fisica quantistica. La finanza è solo una mera questione di testosterone. Nel senso che chi ne ha di più, fa più soldi. Parola di scienziati inglesi. Solo che non è chiaro se il controverso ormone maschile sia in grado di influire sulle capacità di trading dei broker o sulla loro propensione al rischio.
Dopo le guerre, le esplorazioni geografiche e le conquiste spaziali, la scoperta è che anche la finanza,nell’immaginario collettivo l’algido regno di razionalità e di numeri, è tutta una questione di ormoni. D’altronde se aveva ragione Von Clausewitz a sostenere che la politica è la prosecuzione della guerra con altri mezzi, la finanza è la politica del XXI secolo.
Il tutto ha un po’ il sapore del maschilismo applicato ai mercati finanziari. La teoria, a ben vedere, non è nuova: già l’anno scorso gli stessi studiosi di Cambridge (John M. Coates, un ex trader di Wall Street convertito alla ricerca, e John Herbert) se n’erano usciti con la pubblicazione «Endogenous Steroids and Financial Risk Taking on a London Trading Floor » (Steroidi endogeni e assunzione del rischio finanziario alla Borsa di Londra), Atti della National Academy of Sciences degli Stati Uniti dì’America. Adesso sono tornati con un approfondimento dello studio che dimostra come esista un nesso tra l’ormone maschile, alla base dei meccanismi legati alla competizione, e i comportamenti ”rischiosi”. Sotto la lente degli scienziati sono finiti i trader «high-frequency», gli operatori che comprano e vendono titoli in continuazione, facendo decine (talvolta centinaia) di scambi al giorno. E se nei decenni scorsi si scomodovano teorie dal nome pomposo, come il «moral hazard» (la maggiore spinta all’azzardo quando si gestiscono che non sono di proprietà) o «il dilemma del prigioniero » (il calcolo probabilistico sul comportamento altrui), ora, per spiegare il successo o il tracollo delle scelte d’investimento, si guarda a cause molto più materiali: sono merito (o colpa) del testosterone i guadagni o le perdite di Borsa. Chi ne ha in dosi massicce è candidato a diventare un «Alpha Male» (uomo alfa, ossia un individuo leader nelle dinamiche sociali), ma anche un winner in Borsa. Perché una maggiore concentrazione di testosterone spinge a comportamenti più rischiosi. E molto spesso in finanza a un maggior rischio corrisponde anche un altrettanto maggior guadagno.
Il dibattito sollevato dai ricercatori e amplificato dal Financial Times non è però solo una mera riedizione del machismo nel mondo della finanza. Ma, in realtà, una molto più profonda analisi che va alla radice dell’esistenza dei mercati. Tutte le persone (dagli investitori istituzionali, agli speculatori, fino ai piccoli risparmiatori) mettono i soldi in Borsa per avere guadagni più alti della norma. Un’aspettativa, dettata da avidità o semplicemente da umano ottimismo, che è inestricabilmente correlata al rischio. Perchè gli investimenti risk-free sono intrinsecamente poco remunerativi. Per avere di più bisogna dunque aumentare la componente di rischio. E qui interviene la componente ormonale.
Non solo: se dunque il successo borsistico è solo una questione di fortuna, o sarebbe meglio dire di genetica, sui rischi assunti, le conseguenze non sono di poco conto. Perchè vanno a interessare direttamente le scelte strategiche di allocazione del capitale, essenziali ad esempio per gli hedge fund, e le politiche di remunerazione, altrettanto essenziali nelle banche d’affari le quali hanno la necessità di scovare (e trattenere) i talenti. Se fosse vero che tutto dipende dalla quantità di ormoni, allora il modo in cui le banche assumono le persone e le remunerano ne sarebbe rivoluzionato così come la scelta dei money manager nei fondi.
Tuttavia nemmeno i cervelloni di Cambridge hanno le idee completamente chiare: nel loro studio si premurano di avvertire che non si è ancora capito se il testosterone influisca più sulla propensione al rischio o sulle capacità di trading. La questione non è secondaria. Oggi i trader sono giudicati sul loro ruolino di marcia calcolato come "guadagni&perdite". Ma se un broker guadagna 100mila dolla-ri con un’operazione, il mero saldo contabile nulla dice su quanta abilità e quanto rischio sono stati richiesto per ottenere quel guadagno. Una cosa invece è certa: anche nella finanza, ma non ci volevano i ricercatori per scoprirlo, il troppo fa male. Così un eccesso di testosterone ha effetti contrari: i maschi diventano eccessivamente sicuri, la spavalderia diventa arroganza e il risultato è che si sbagliano gli investimenti. Da oggi in poi nelle banche d’affari e nelle sale operative, più che i curriculum forse sarà meglio portare una radiografia delle proprie ghiandole endocrine.