Giuseppe Oddo, Il Sole-24 Ore 26/11/2009;, 26 novembre 2009
SICILIA BLOCCATA DALLA MALABUROCRAZIA
Un gruppo ristretto ma potente di dirigenti della Regione Sicilia che gestisce in modo discrezionale i meccanismi della spesa e delle autorizzazioni sta mettendo in difficoltà il sistema delle imprese locali. Gli abusi non si contano più: finanziamenti che non si sbloccano; fondi europei che rischiano di tornare al mittente; richieste che sforano i termini di legge; conferenze di servizi (procedimenti amministrativi per la composizione degli interessi pubblici e privati) in perenne attesa di convocazione.
Un imprenditore siciliano passa in media 92 dei 220 giorni lavorativi a sbrigare pratiche. Da un lato, estenuanti trafile per ciò che dovrebbe rappresentare un diritto;dall’altro,corsie preferenziali per gli " amici". A smistare il traffico, seduti nelle posizioni chiave, pochi e selezionati burocrati che intermediano con la politica. Una vera e propria "mafia burocratica" contro cui si sono scagliati i giovani imprenditori dell’isola. All’indirizzo e-mail "addioburocrazia", creato per l’occasione, sono già arrivate centinaia di lettere. «Per assistere gli imprenditori – dice Gorgio Cappello, presidente dei giovani industriali di Confindustria Sicilia – vorremmo attrezzare un ufficio legale. Come ci siamo co-stituiti parte civile nei processi per estorsione contro la mafia, così potremmo chiedere il risarcimento dei danni ai burocrati che pongono ostacoli al funzionamento delle aziende».
Gli imprenditori lamentano di tutto e di più. Tanto per cominciare, intoppi nell’erogazione dei fondi strutturali europei. Salvino Caputo, che presiede la commissione Attività produttive dell’assemblea di Palazzo dei Normanni, ammette: «La Regione ha accumulato gravi ritardi nell’utilizzo dei 14 miliardi stanziati dall’Unione europea. Non sono stati ancora rendicontati i fondi per il 2000-2006, e per la mancata pubblicazione dei bandi di gara del 2007-2013 la Sicilia rischia di restituire a fine anno 300 milioni».
Diverse imprese segnalano ritardi nell’erogazione dei saldi finali dei fondi Por, il Programma operativo regionale 2000-2006. Alle aziende in attesa del saldo, la Regione ha imposto in luglio l’apertura di un conto vincolato per il bonifico dell’ultima tranche
del finanziamento. «Che risulta tutt’oggi non disponibile – racconta un imprenditore – in quanto manca il decreto di concessione definitiva» dell’assessorato all’Industria. «Parecchie aziende non hanno ricevuto il saldo e non sanno se lo riceveranno mai », protesta.
Un altro denuncia i tentativi andati a vuoto per un’autorizzazione ambientale su un impianto di lavorazione aggiuntivo: sono passati cinque anni dalla prima richiesta all’assessorato Territorio e ambiente e sta ancora aspettando di essere convocato per la conferenza di servizi. Nel frattempo l’impianto è invecchiato senza essere mai entrato in funzione. «E sono convinto che ci vorrà almeno un altro anno – scrive – se tutto andrà per il verso giusto». Un piccolo industriale della Sicilia orientale che doveva installare un serbatoio per rifornire di carburante i mu-letti e i camion dell’azienda, ha atteso undici mesi per il benesta-re dell’Industria. Lo stesso assessorato – accusa un altro imprenditore – ha impiegato 52 giorni per trasmettere all’Irfis (istituto a medio-termine di UniCredit, partecipato dalla Regione Sicilia) un certificato di regolarità con il fisco per un mutuo a tasso agevolato. Parliamo di un documento che oggi, grazie a Internet, può essere scaricato in tempo reale da una banca dati.
A fare da tapppo, accusano gli imprenditori, sono in primo luogo le direzioni generali di Bilancio, Programmazione, Territorio e Industria. Nei primi due as-sessorati si concentrano i soldi. Gli altri due hanno potere decisionale sui processi autorizzativi, dalla posa di un cavo all’apertura di una discarica.
La commissione Attività produttive, che svolge compiti di vigilanza sull’attività amministrativa, ammette tutta la sua impotenza di fronte al malfunzionamento di certi uffici. «Continuiamo a incalzarli – dice ancora Caputo ”. Di recente abbiamo avviata un’indagine interna sull’Industria e la Programmazione. Ma aspettiamo ancora la documentazione ». Accusa Giuseppe Catanzaro, vicepresidente di Confindustria Sicilia: «Dobbiamo prendere atto che in Sicilia di pochi burocrati si continua a non parlare perché i fatti indicano la loro intoccabilità. Questo non va bene, è uno scandalo al quale porre rimedio». Il caso più eclatante è quello di Enzo Emanuele, che occupa l’ambìto posto di ragioniere generale della Regione fin dai tempi della presidenza Cuffaro. Non solo è resistito ai cambi di governo, ma s’è anche rafforzato. Le sue quotazioni sono salite ulteriormente nel marzo 2008 quando ha accettato l’incarico di commissario straordinario del Comune di Catania in sostituzione del sindaco Umberto Scapagnini, che ha lasciato l’amministrazione etnea nel più assoluto caos finanziario per farsi eleggere alle politiche nelle liste del Pdl.
Custode dei conti di Palazzo dei Normanni, Emanuele è considerato un potere ombra, un uomo solo al comando, un recordman degli incarichi. Direttore generale del Bilancio, è al tempo stesso amministratore di varie società regionali: presidente del consiglio di sorveglianza di Ast (Azienda siciliana trasporti), Riscossioni Sicilia e Sicilia e Reti; sindaco supplente di Siciliacque; sindaco di Sicilia e Innovazione; consigliere della società Stretto di Messina.
Artefice delle operazioni immobiliari della Regione, è anche consigliere di sorveglianza di Sicilia patrimonio immobiliare, dove l’amministrazione ha imbarcato come socio non una primaria banca d’affari, ma Ezio Bigotti da Pinerolo, titolare di un gruppo privato di servizi per la gestione e la valorizzazione degli immobili. Proprio per la fallita vendita della seconda tranche
di immobili, la giunta Lombardo è stata costretta ad azzerare nel rendiconto del 2008 poco meno di un miliardo di entrate che avevano contribuito a edulcorare i bilanci regionali degli anni precedenti. Come se non bastasse, Emanule s’è accaparrato ad interim la direzione generale dei Beni culturali e in ottobre gli è stata attribuita la responsabilità del piano di attuazione regionale dei fondi per le aree sottoutilizzate ( i Fas): 4,1 miliardi assegnati dal Cipe alla Sicilia.
Non è in discussione il diritto della giunta di nominare i propri dirigenti. «Ma se uno dà prova d’inefficacia – prosegue Catanzaro – ci dev’essere chi gli dica "vattene". L’imprenditore, in Sicilia, è avversato da pochi burocrati che, anziché servire le istituzioni e sostenere la crescita, sono impegnati a mediare consenso e clientele e, a volte, ad essere conniventi con vere e proprie forme di turbativa del mercato. Quando un dirigente non raggiunge il proprio risultato, la reazione politica nel sostituirlo dev’essere immediata».
Il criterio di nomina o di riconferma di un direttore generale non può essere quello dell’appartenenza a questa o a quella cordata politica, ma della provata capacità di snellire i processi amministrativi. «Solo così si potrà dare spazio ai migliori». Che sono peraltro la maggioranza.
Per esempio, la direzione generale del Territorio ha istituito un protocollo per la tracciabilità informatica delle pratiche, che consente, a chi sia in attesa di un’autorizzazione, di ricevere notizie per posta elettronica sullo stato di avanzamento del proprio dossier e sul dirigente che se ne occupa. Un raro esempio di trasparenza che non trova riscontro in altri ambiti.
Conclude Catanzaro: «Il governo regionale e la politica devono sforzarsi e agire con urgenza per migliorare l’intero sistema e far emergere i migliori dirigenti. Che ci sono e costituiscono per noi tutti un valore rilevante ». Se la giunta Lombardo non incide con il bisturi l’apparato burocratico – mandando a casa gli incapaci, asportando i grumi di potere e premiando le eccellenze – si finirà per compromettere non solo il corretto funzionamento delle imprese, ma anche la possibilità di attrarre nuovi investimenti in Sicilia.