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 2009  novembre 25 Mercoledì calendario

Un «doppio incarico» per 100 parlamentari E l’incompatibilità svanisce- Tutti i casi alle Camere dopo la polemica su Stanca e l’Expo ROMA – «Politici, giù le mani dall’Expo »

Un «doppio incarico» per 100 parlamentari E l’incompatibilità svanisce- Tutti i casi alle Camere dopo la polemica su Stanca e l’Expo ROMA – «Politici, giù le mani dall’Expo ». Se questa frase non fosse stata pubblicata a pagina intera il 26 otto­bre sul Giornale con tanto di giganto­grafia dell’autore, si stenterebbe a cre­dere che a pronunciare il minaccioso avvertimento sia stato proprio lui: un politico in servizio permanente effetti­vo da otto anni. Nel 2001 Lucio Stan­ca entrò nel governo di Silvio Berlu­sconi come ministro dell’Innovazio­ne. Poi senatore e nel 2008 deputato. Quando l’hanno designato ammini­­stratore delegato dell’Expo 2015 il pre­sidente del comitato parlamentare per le incompatibilità Pino Pisicchio ha diligentemente sollevato il proble­ma del doppio incarico, chiedendo le dimissioni. Ma la sua tesi non è passa­ta. La maggioranza compatta gli ha fatto marameo, accogliendo l’argo­mentazione difensiva di Stanca. Qua­le? Che la legge del 1953, nello stabili­re l’incompatibilità fra mandato parla­mentare e incarichi in società pubbli­che e private, ha concesso la deroga per gli enti fiera. E siccome l’Expo 2015 è una fiera... Il Parlamento è so­vrano e va bene così. Del resto, il suo collega di Camera e di partito Mauri­zio Lupi non è forse amministratore delegato di Fiera Milano congressi? Anche se gli incarichi non sono certo paragonabili: l’Expo 2015 gestirà 15 miliardi di euro. Ed è lecito interrogar­si su come Stanca riuscirà a far fronte a due impegni così gravosi. Ma volete mettere la comodità di gestire un’azienda con uno schermo parla­mentare? C’è da dire che lui non si mostra af­fatto preoccupato, seguendo l’esem­pio di altri suoi impavidi colleghi. Ba­sta ricordare il senatore Vincenzo Ga­lioto già amministratore dell’Amia, di­sastrata azienda municipalizzata per i rifiuti di Palermo. O Dario Fruscio, per due anni senatore e consigliere d’amministrazione dell’Eni (130 mila euro di appannaggio). O ancora Pie­tro Fuda, che durante il suo biennio a Palazzo Madama era amministratore unico della società che gestisce l’aero­porto di Reggio Calabria. C’è stato chi, fra deduzioni e con­trodeduzioni, in barba alle regole è riuscito a tirare avanti pure per cin­que anni. E con questi precedenti l’in­compatibilità è ormai una faccenda al­l’acqua di rose. Tanto che qualcuno in­cassa il doppio incarico addirittura do­po essere entrato in Parlamento. Clau­dio Fazzone, per esempio. Ex capo del­la scorta di Nicola Mancino, è senato­re del Pdl nonché punto di riferimen­to politico per il centrodestra a Fondi, dove il ministro dell’Interno Roberto Maroni aveva chiesto lo scioglimento del consiglio comunale per presunte infiltrazioni criminali. Fazzone è pre­sidente di Acqualatina, società che ge­stisce il servizio idrico, controllata da­gli enti locali dell’area pontina: nomi­nato dopo il suo ingresso a Palazzo Madama, nel 2006, è stato riconferma­to il 10 luglio 2009, oltre un anno do­po le successive elezioni politiche. In entrambi i casi senza battere ciglio. Si dirà che molti dei 22 doppi inca­richi in società pubbliche che il comi­tato di Pisicchio ha dovuto affrontare dall’inizio della legislatura (da Vivia­na Beccalossi, già presidente del con­siglio regionale della Lombardia e consigliera dell’Agea, ad Antonino Fo­ti, vicepresidente della Borsa elettri­ca) non portano via che poche ore l’anno. Sicuramente meno impegnati­vi del secondo incarico della parla­mentare Rosy Mauro, vicepresidente del Senato e presidente del sindacato leghista Sinpa. A parte s’intende, ogni considerazione circa l’opportunità. Come la mettiamo invece con i doppi incarichi istituzionali? Perché un conto è partecipare una volta al mese a un consiglio di ammi­nistrazione, altro conto è fare insieme il parlamentare e il vicesindaco di Ro­ma (Mauro Cutrufo) o di Milano (Ric­cardo De Corato), il sindaco di Cata­nia (Raffaele Stancanelli), Brescia (Adriano Paroli) e Afragola (Vincenzo Nespoli), il presidente della Provincia di Asti (Maria Teresa Armosino), Fog­gia (Antonio Pepe) e Napoli (Luigi Ce­saro). Se poi il sindaco, come il mini­stro Altero Matteoli (Orbetello), o il presidente di Provincia, come il sotto­segretario Daniele Molgora (Brescia), o l’assessore, come il viceministro Pa­olo Romani (Monza) è pure al gover­no, la faccenda si complica ancora. Nonostante ciò i doppi incarichi istituzionali in Parlamento sono proli­ferati fino a circa un centinaio perché la norma che vieta la sovrapposizione fra il Parlamento e i Comuni oltre 20 mila abitanti e le Province non viene più rispettata. Ma come fanno, non avendo il dono dell’ubiquità? Il sinda­co di Viterbo Giulio Marini, pur di non mancare alle sedute del Senato si è trasformato in Speedy Gonzalez: «In due anni con la mia Cinquecento ho fatto ottantamila chilometri avanti e indietro per la Cassia». Ma Viterbo è a 93 chilometri da Roma. Bergamo, in­vece, è a 612. Infatti la scorsa estate un deputato della Lega, Nunziante Consiglio, è stato pizzicato a votare anche per Ettore Pirovano, fresco pre­sidente della Provincia di Bergamo. Si è giustificato dicendo che il collega stava per arrivare. Ma quando gli è stato fatto notare che quel lunedì a Bergamo c’era la giunta provinciale e Pirovano stava lì, ha sgranato gli oc­chi: «Lunedì? Non è martedì?»