Antonio Salvati, La stampa 25/11/2009, 25 novembre 2009
VIDEO-CHOC, UCCISI DUE PARENTI DEI KILLER
Il boss Gennaro Sacco e il figlio Carmine, uccisi ieri a Napoli in un agguato, rappresentano le vittime numero 66 e numero 67 nella tragica contabilità dei morti ammazzati che gli inquirenti partenopei stilano ad ogni fine anno.
Eppure questo duplice omicidio potrebbe nascondere qualcosa di più del semplice - per modo di dire - inizio di una faida di camorra per accaparrarsi gli affare illeciti tra i palazzoni a nord del capoluogo partenopeo. Perché il capoclan, di 57 anni e suo figlio, di appena 29, sono rispettivamente zio e cugino di Costanzo Apice, il killer dal berretto scuro immortalato dalle telecamere mentre ammazzava Mariano Bacioterracino, un uomo fermo davanti ad un bar del rione Sanità a Napoli. Per quel delitto la pista maggiormente accreditata parla di un coinvolgimento della vittima nell’assassinio di Gennaro Moccia avvenuto nel 1976 e indicato all’epoca come il capo di un potente clan di Afragola. Sul rapporto di parentela tra le due vittime e l’assassino del video che si sta fermando l’interesse degli investigatori chiamati a spiegare il perché di questo efferato delitto.
Gennaro Sacco è considerato il capo di una fazione camorristica molto potente, di quelle che fanno soldi a palate con lo spaccio della droga e con l’imposizione della «tassa della tranquillità». Sfrecciava nel suo feudo, il quartiere San Pietro a Patierno lo stesso di Apice, in sella ad una potente moto guidata dal figlio. Non si aspettavano di essere affiancati da due sicari, con ogni probabilità in sella ad altrettante moto. Le detonazioni delle pistole sono risuonate tra quelle strade abituate a rumori di questo genere. Gennaro Sacco è stato colpito alla testa ed è morto subito mentre suo figlio ha tentato di allontanarsi. Nonostante fosse sanguinante ha accelerato, ma la sua corsa è finita contro un muro. Il ragazzo, però, si è alzato e ha tentato di fuggire a piedi. Uno dei killer lo ha raggiunto e lo gli ha esploso contro alcuni proiettili ferendolo in modo grave. Qualcuno ha avvertito i soccorsi: il ferito è stato trasportato in ospedale dove è deceduto poco dopo il suo arrivo al pronto soccorso.
Fino a qui i fatti, il resto rimangono supposizioni legate da una circostanza temporale non di poco conto visto che meno di una settimana fa veniva arrestato Costanzo Apice. Già il giorno dopo la messa in onda di quelle immagini raccapriccianti, fonti confidenziali della polizia avevano indicato in Apice il «protagonista» di quel cortometraggio dell’orrore. E lo avevano anche inquadrato quale «soldato» proprio del clan capeggiato da Gennaro Sacco. Anche nei colloqui dei familiari dell’uomo, intercettati dalle forze dell’ordine, è ricorrente l’idea di parlare con un non meglio definito «zio» e la volontà di spingere il proprio congiunto a costituirsi per evitare guai peggiori. Consegnarsi a polizia e carabinieri che lo cercavano e probabilmente ammettere i propri addebiti. Cosa che non ha fatto, visto che Apice si è difeso a spada tratta davanti al giudice chiamato a convalidare il fermo. Eppure qualcuno può aver temuto e ordinato la duplice esecuzione di ieri proprio per dare un segnale forte e inequivocabile.