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 2009  novembre 25 Mercoledì calendario

La sorella: «L’aspetto ancora, non credo che sia morta»- ROMA - «Ci aspettiamo ancora di trovarcela davanti così come la ricordiamo

La sorella: «L’aspetto ancora, non credo che sia morta»- ROMA - «Ci aspettiamo ancora di trovarcela davanti così come la ricordiamo. Con la faccia che aveva a quindici anni. Per noi è come se il tempo si fosse fermato». Natalina Orlandi non ha mai smesso di aspettare. Come tutta la sua famiglia è in attesa di una risposta. Dal giugno del 1983. E adesso che la possibilità di conoscere la verità si è fatta più concreta, ancora una volta Natalina è andata in procura. Ha presentato ai pm un’istanza per chiedere di essere informata su ogni sviluppo dell’inchiesta. Poi è tornata a casa ad aspettare notizie. Prima di lei lo faceva suo padre. Ma Ercole Orlandi quella risposta non l’ha avuta. E’ morto nel 2005. Natalina spera e aspetta e neppure le parole di Sabrina Minardi scalfiscono i suoi sentimenti. Sabrina Minardi sostiene che Emanuela sia stata uccisa «E’ chiaro che la testimonianza della Minardi non è sempre attendibile. Nella prima deposizione c’erano delle evidenti incongruenze. Così noi preferiamo prendere per buone solo quelle che spiegano cosa possa essere accaduto a mia sorella. Non è detto che quelle riferite alla sua morte trovino riscontro». Crede che in questi anni sia stato fatto di tutto per trovare Emanuela? «Io spero che chi ha lavorato e continua a lavorare su questa storia non abbia nulla da rimproverarsi. Certo sono passati ventisei anni. E ancora non sappiamo nulla. Non sappiamo che fine abbia fatto mia sorella. Nessuno prima che arrivasse questa donna ci aveva mai parlato della Banda della Magliana. Non potevamo immaginare che avesse a che fare con la scomparsa di Emanuela». Voi siete cittadini vaticani, ma per la procura il Vaticano non avrebbe mai collaborato. In questi anni avete mai chiesto perché? «Ci è stato spiegato che il Vaticano, come Stato estero, sarebbe stato disponibile a replicare per iscritto alle rogatorie. Ma che la procura voleva invece svolgere accertamenti guardando in faccia le persone. Così non è stato trovato un accordo. Ciascuno attribuiva la responsabilità all’altro». Ieri è tornata in procura, perché? «Sono stati i nostri legali a suggerirmelo. Voglio essere informata su ogni sviluppo dell’inchiesta. Poi i magistrati mi hanno ricevuto sono sempre molto gentili». E’ tornata spesso in questi anni a chiedere notizie? «Prima lo faceva mio padre. Tentava di proteggere me e i miei fratelli. Era lui a occuparsi di questo aspetto della nostra dolorosa storia. Da quando è morto, io e mio fratello abbiamo raccolto questa eredità. Avevo già incontrato i titolari della nuova inchiesta. Mi avevano voluto conoscere prima dell’estate. Sapevo che stavano lavorando».