Laura Anello, Panorama, 26 novembre 2009, pag. 94, 26 novembre 2009
GUERRA PER L’ORO DEL TITANIC ITALIANO DI LAURA ANELLO PER PANORAMA 26 NOVEMBRE 2009
Una nave affondata, una tonnellata d’oro, 94 anni d’oblio. E oggi una battaglia tra una società di recuperi americana e lo Stato italiano.
La storia comincia il 7 novembre 1915, quando il transatlantico Ancona esplose tra Sicilia e Sardegna con 446 passeggeri a bordo. Il Titanic italiano era carico di emigranti che andavano a New York. A colpirlo fu un sottomarino tedesco nascosto sotto bandiera austroungarica, protagonista di un giallo storico che solo adesso comincia a svelare tutti i suoi misteri.
Perché l’Ancona, proprio come il transatlantico americano, nelle stive nascondeva un tesoro: 12 bauli d’oro, ciascuno pesante 90 chilogrammi, 4 milioni di lire trasportati in gran segreto per comprare cavalli e attrezzature militari per l’Italia in guerra sul fronte austriaco. Oggi quell’oro vale quasi 40 milioni di euro: cifra che ha svegliato appetiti sul relitto (adagiato a 500 metri di profondità) e che ha acceso una guerra tra la Odyssey marine exploration di Tampa, in Florida, società specializzata nel recupero di tesori sommersi, e il ministero degli Esteri, che è deciso a difendere quello che considera un «cimitero di guerra subacqueo».
Così la Farnesina ha appena inoltrato alla corte di Tampa un ricorso con cui manifesta interesse sul relitto e si oppone alla società, che rivendica la (futura) proprietà dell’Ancona in quanto «cosa di nessuno», quindi di chi la ritroverà. Ad assistere il governo italiano è Tullio Scovazzi, docente di diritto internazionale a Milano Bicocca e autorità nel campo della legislazione del mare. Ma in campo ci sono anche l’Avvocatura dello Stato e il ministero dei Beni culturali che, con la Regione Siciliana, ha appena fatto una declaratoria in cui sostiene che l’Ancona è «un pezzo di storia italiana».
La battaglia legale ha riaperto la caccia alle carte, ai documenti d’archivio, agli articoli d’epoca che possano fare luce sulla tragedia dimenticata. Che inizia il 6 novembre 1915 alle 11 e tre quarti, quando l’Ancona parte da Napoli con 316 passeggeri a bordo, diretto a Messina, dove ne imbarca altri 130. Approdo difficile, perché la città dello Stretto è ancora devastata dal terremoto del 1908. Lì si scappa dalla fame, dalle macerie, dalle malattie, dalle voragini che hanno inghiottito famiglie intere. Nessuno sa che il giorno dopo, a mezzogiorno, mentre il transatlantico naviga a 16 nodi con il mare calmo e una foschia bassa, il primo colpo di cannone di un sommergibile farà vibrare il gigante.
A bordo c’era un rappresentante del ministero dell’Agricoltura italiano, il cavaliere Spiaccacchi, il cui nome non è citato nell’elenco dei dispersi. Con lui viaggiavano i bauli di oro, che doveva servire per comprare muli, cavalli, biada, cuoio, stivali, lana, necessari per affrontare una guerra di trincea sulle Alpi. Ma anche, in segreto, armi e munizioni. Il tesoro non arrivò mai a destinazione e adesso è sepolto sotto l’acqua. Sempre che non siano vere le voci (ripetutamente smentite) che si rincorrono tra i cacciatori di tesori: cioè che il bottino se lo sia già preso il francese Henri Delauze, pioniere dell’alta profondità e già braccio destro di Jacques Cousteau. Sarebbe l’ultimo colpo di scena.