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 2009  novembre 22 Domenica calendario

STORIA DELLA GERMANIA

segue dalla scheda 191331

Quanto agli Stati tedeschi, ch’erano stati alleati dell’Austria, la Prussia tolse loro i territori che più le accomodarono; ed anche qui l’annessione avvenne per solo diritto di conquista, senza domandare il parere delle popolazioni. Il re di Annover e l’Elettore di Assia Cassel, privati di tutti i loro dominii, pubblicarono delle proteste violente, che parvero un vero grido di guerra. Allora Bismarck stigmatizzò i Coriolani che volevano lacerare il seno della madre aggiungendo che «tutte le donne di Cassel e della Germania non sarebbero in grado di riconciliarli con la patria, come fecero le donne di Roma »; fece deliberare il sequestro del patrimonio del re di Annover e dei beni dell’Elettore di Assia e autorizzare il Governo a disporre degli interessi di tali capitali per sorvegliare gli agenti di questi principi, per perseguitare (com’egli disse) questi rettili maligni persino nelle loro tane. Così si costituì un grosso fondo per le spese segrete che servì poi al governo prussiano per comperare la stampa, donde il nome di rettili passò ai giornalisti ministeriali.

Coll’occupazione di questi e di altri territori la Prussia diventò uno Stato più compatto, padrone delle coste del mare del Nord, e la sua popolazione salì da 19 milioni di abitanti a 24 milioni: si trovò quindi in grado di esercitare sul resto della Germania un’attrazione irresistibile.
Nel trattato di pace l’Austria aveva dichiarato di non opporsi alla formazione di un’unione federale più stretta fra gli Stati al nord del Meno: si trattava di 21 Stati, che fra tutti contavano appena sei milioni di abitanti e che dovevano raccogliersi attorno al Regno di Prussia. Essi quindi non poterono far altro che inchinarsi al predominio prussiano. Questa Confederazione del Nord fu molto diversa dall’antica: i singoli Stati conservarono bensìi loro governi, ma riconobbero nello stesso tempo l’autorità suprema del governo federale. Bismarck aveva raccomandato a chi preparava la costituzione di mantenere nelle apparenze una confederazione di Stati, ma di adoperare dei termini elastici che dessero modo di poter poi nella pratica accostarsi allo Stato Federale: questa frase caratterizza appunto l’organizzazione della Germania. Infatti furono lasciate ai singoli Stati attribuzioni assai larghe, ma essi le possiedono soltanto fino a che il governo federale non giudichi necessario attribuirsele. Questo governo federale é presieduto dal re di Prussia con carattere ereditario, ed egli esercita i suoi poteri per mezzo del Cancelliere. Oltre al Presidente il Governo Federale comprende un Consiglio Federale (Bundesrat) ed un’assemblea elettiva (Reichstag). Il Bundesrat, composto dei delegati dei singoli Stati, funzionari dei governi, si può considerare come la continuazione della Dieta di Francoforte.

Di fronte a questo Consiglio Federale, che rappresenta gli interessi dei principi, Bismark creò un’assemblea (Reichstag) eletta a suffragio universale, non certo per simpatie per le idee liberali, ma perché giudicò il popolo tedesco di tendenze più nazionali che i principi; egli dubitava che questi conservassero aspirazioni regionali: volle quindi servirsi del popolo per vincere le resistenze feudali e particolariste dei principi. La creazione di quest’assemblea costituiva una soddisfazione data alla democrazia, ma nel pensiero di Bismarck essa era essenzialmente il modo infallibile per rompere il regionalismo, per provocare un’irresistibile corrente nazionale e vincere le resistenze, che l’egoismo locale avrebbe potuto tentare contro il progresso dell’unificazione.
Pur ammettendo una Camera a suffragio universale Bismarck non intese affatto di dotare la Germania d’un regime parlamentare. II Reichstag esercita semplicemente un’azione moderatrice nel governo, esprime dei voti, ma non ha alcuna azione precisa ed effettiva; non ha davanti a sé un ministero responsabile, ma soltanto il Cancelliere, un’autorità troppo alta perché un voto del Reichstag possa farlo cadere. D’altra parte le due Assemblee, essendo di origine così diverse, non possono trovarsi unite contro il governo; Bismarck pensava appunto che il Bundesrat, naturalmente aristocratico e monarchico, avrebbe servito per frenare le mire democratiche e parlamentari dei deputati e che il Reichstag, organo dell’opinione pubblica, avrebbe
giovato a vincere le resistenze particolariste dei governi. Così tra queste due Assemblee di tendenze necessariamente opposte l’autorità effettiva sarebbe appartenuta al Presidente, cioé al re di Prussia.

Rimanevano fuori di questa Confederazione del Nord i quattro Stati del Sud, cioè Baviera, Wúrtemberg, Baden e Assia-Darmstadt; essi erano stati alleati dell’Austria nella guerra e dovettero alla conclusione della pace cercare d’accordarsi col vincitore, il quale però si dimostrò abbastanza generoso accontentandosi del pagamento di un ’indennità e di una rettifica di frontiera. Nei preliminari di Nikolsburg si era detto che questi quattro Stati avrebbero avuto il diritto di formare una Confederazione germanica del Sud con una posizione internazionale indipendente. Era questa l’idea fissa di Napoleone III il quale credeva che la divisione della Germania in tre parti: confederazione del Nord, confederazione del Sud ed Austria avrebbe assicurato la Francia. Ma nell’accarezzare questa soluzione del problema germanico si ingannò, come si era ingannato a Villafranca nel credere possibile in Italia una confederazione: si ingannò perché non conosceva bene il cammino fatto dal sentimento nazionale negli ultimi anni, e perché trovò anche in Germania lo statista che seppe sventare i suoi disegni approfittando subito di una sua mossa sbagliata.

Dopo i preliminari di Nikolsburg Napoleone III, che sentiva il malcontento dell’opinione pubblica francese per l’ingrandimento della Prussia, desiderava ottenere qualche compenso sul Reno; credendo che il re di Prussia non avrebbe avuto difficoltà a cedergli qualche territorio dei principi, che avevano fatto causa comune coll’Austria, domandò le province renane della Baviera e dell’Assia. Bismarck, che ormai finita la guerra si sentiva sicuro, non solo rifiutò con alterigia di cedere qualsiasi parte di territorio tedesco, ma si servì di queste velleità annessioniste della Francia per spaventare gli Stati del sud; dichiarò che soltanto la Prussia poteva proteggerli purché si attaccassero alla sua politica, ed essi si indussero a concludere separatamente col governo prussiano dei segreti trattati di alleanza. Così gli Stati del sud legarono le loro armi e la loro politica alle armi ed alla politica della Prussia. Bismarck poi con la riorganizzazione dello Zollverein strinse gli Stati del sud al nord anche per gli interessi commerciali.

* * *
Ma a questo punto il movimento d’unione parve fermarsi. In fondo le popolazioni del sud con i trattati conclusi avevano ormai la sicurezza politica ed i vantaggi economici dell’unione; non sentivano quindi il bisogno di legarsi in modo più stretto: i governi per il desiderio di difendere la loro sovranità, i popoli per un po’ di antipatia per il predominio prussiano. Nel 1869 l’illustre storico Ferdinando Gregorovius trovandosi a Monaco scriveva nei suoi Diari: « Mi sembra che il prussianesimo berlinese incuta spavento nel sud, e ciò durerà certo ancora molto ». A precipitare le cose, ad abbattere la barriera che divideva ancora il sud dal nord, Bismarck pensò che occorreva suscitare una questione che risvegliasse le passioni e trascinasse con sé principi e popoli, che bisognava far sorgere una grande guerra d’interesse nazionale, dinanzi alla quale le piccole rivalità locali svanissero; perciò volle e preparò la guerra contro la Francia, contro quello ch’era detto il nemico ereditario. E qui dobbiamo fermarci un momento sopra la notissima accusa di falso, che venne fatta a Bismarck a proposito del così detto dispaccio di Ems.

Come é noto, la candidatura di un Hohenzollern (Leopoldo) cugino del re di Prussia al trono di Spagna aveva suscitato un grande sdegno in Francia; il governo francese protestò; ed il re di Prussia, dopo aver dichiarato che si trattava d’un semplice affare di famiglia che non riguardava affatto il governo di Prussia, promise come capo della famiglia Hohenzollern che se suo cugino ritirava la sua candidatura egli lo avrebbe approvato; e poiché il principe Leopoldo rinunziò, parve scongiurato ogni pericolo di guerra. Ma il governo francese pretese ancora che il re Guglielmo assicurasse che quella candidatura non verrebbe più ripresentata. Guglielmo I si trovava allora ai bagni di Ems (presso Coblenza); rimase indispettito di questa insistenza; perciò quando l’ambasciatore francese Benedetti domandò una nuova udienza per apprendere la decisione del re su quest’ultima richiesta del suo governo, gli fece dire dal suo aiutante di campo che colla rinunzia del principe Leopoldo egli considerava l’affare finito e che non aveva più nulla da aggiungere; poi telegrafò a Bismarck le circostanze di quest’ultimo episodio.

Bismarck era a Berlino ed aveva passato quella giornata (13 luglio 1870) in una grande ansietà, perché vedeva sfuggirgli di mano l’occasione di questa guerra da lui giudicata indispensabile per compiere l’unità germanica. Aveva invitato a pranzo Moltke e Roon e parlava con essi della situazione quando arrivò il dispaccio reale di Ems. Alla prima lettura i tre commensali provarono un senso di costernazione, poiché sembrò ad essi che l’affare fosse finito; ma Bismarck rileggendo il dispaccio fermò la sua attenzione sulle ultime linee, nelle quali il re dichiarava di rimettersi in lui per decidere se le nuove esigenze del governo francese ed il rifiuto opposto dovevano essere comunicate ai rappresentanti della Prussia all’estero ed alla stampa; il re così gli forniva il mezzo di riaprire la questione. Bismarck domandò a Moltke se l’esercito era pronto, e Moltke rispose energicamente di sì soggiungendo che bisognava aprir subito le ostilità per essere superiori al nemico. Allora Bismarck facendo delle cancellazioni nel dispaccio ridusse le 232 parole di esso a solo cento parole, e così diede al rifiuto del re di continuare le trattative una forma più asciutta e più altera sopprimendo le spiegazioni che gli toglievano ogni carattere ingiurioso. In realtà questo riassunto non é falso e neppure inesatto, soltanto fa un’impressione diversa. Del resto il dispaccio di Ems non creò la guerra tra la Francia e la Germania; essa era ormai inevitabile; questo dispaccio servì soltanto a farla scoppiare nel momento propizio per la Germania.

Napoleone III, sempre più malandato in salute e fatalista all’eccesso, si lasciò trascinare alla dichiarazione di guerra dai consigli dei suoi ministri, che credevano alla possibilità di stringere alleanza con l’Austria e con l’Italia e gli dichiaravano risolutamente che l’esercito era pronto e fornito di tutto, e dai suggerimenti dell’imperatrice, che pensava soprattutto a suo figlio e desiderava che il nuovo regno si inaugurasse sotto il prestigio di grandi vittorie. Invece le alleanze coll’Austria e con l’Italia fallirono, sia perché Napoleone III per non disgustare il partito clericale non volle ritirare le sue truppe da Roma, sia per il contegno della Russia, poiché lo zar per le promesse fattegli da Bismarck di lasciargli carta bianca in Oriente minacciò d’attaccare l’Austria se ci fosse mossa contro la Prussia.

Anche questa volta, come nelle due guerre precedenti, Bismarck riuscì ad isolare completamente il nemico. L’ Inghilterra si limitò a dichiarare che considererebbe come causa di guerra qualunque violazione della neutralità e dell’indipendenza del Belgio; e poiché questa violazione non avvenne, si mantenne neutrale.
Il governo francese sperava che gli Stati della Germania del sud e specialmente la Baviera, gelosi del predominio prussiano, si sarebbero o alleati con la Francia (come ai tempi napoleonici) o almeno mantenuti neutrali; ma la vecchia Germania, sulla quale Napoleone III faceva assegnamento, non esisteva più; i pochi, ch’erano malcontenti della nuova organizzazione, restarono paralizzati dalla corrente generale dell’ opinione pubblica. Tutta la Germania marciò concorde contro la Francia, e con la grande superiorità della sua organizzazione militare schiacciò completamente l’antico rivale, catturando perfino l’Imperatore francese.

Bismarck, persuaso (per dirla con una sua frase. che farà poi fortuna delle guerre di fine e inizio anno 2000) che "quest’operazione chirurgica" fosse necessaria per risanare le vecchie malattie ereditarie tedesche, non permise che la guerra venisse evitata, la volle subito, rapida, senza misericordia. Verso l’Austria egli pensando all’avvenire aveva insistito perché lo Prussia vincitrice fosse indulgente, ma verso la Francia ogni indulgenza é per lui un errore, il germe di future rivincite. Nello guerra dei 1870 Bismarck si dimostrò veramente brutale. Un giorno il ministro francese Giulio Favre si lagnava con lui che le artiglierie tedesche dinanzi a Parigi facessero fuoco sugli ammalati ricoverati nell’Istituto dei Ciechi; e Bismarck sorridendo rispose: « Non so che cosa Ella ci trovi di tanto crudele; da parte vostra fate ben peggio; sparate sui nostri soldati che sono.... tutti giovani..... sani..... ed utili uomini".
Sui campi di battaglia francesi, in mezzo all’entusiasmo della vittoria, le piccole rivalità fra il Nord ed il Sud scomparvero e si suggellò l’unità germanica. Si incominciò a parlare della nuova unione da sostituirsi ai particolari trattati di alleanza e si prese per base lo confederazione del Nord ; in sostanza gli Stati del Sud entrarono nella confederazione. Era naturale che il compimento dell’unità venisse consacrato con la restaurazione di quell’impero germanico, il cui ricordo era tanto radicato nel cuore della nazione.

Veramente il re Guglielmo I non aveva alcun desiderio di cambiar titolo: era vecchio (contava già 73 anni), ascoltava volentieri le lamentele dei conservatori contro le novità e provava un po’ di malinconia a mettere in seconda linea il titolo di re di Prussia; Bismarck più giovane e più capace di rinnovellarsi aveva accolto facilmente l’idea imperiale; ma chi ne era addirittura entusiasta era il principe ereditario Federico.
Si stabilì la cerimonia per il 18 gennaio 1871, anniversario del giorno in cui 170 anni prima Federico I degli Hohenzollern aveva cinto per la prima volta lo corona regia di Prussia; ed anche in questa occasione si volle riaffermare il trionfo della forza. La proclamazione dell’impero germanico non ebbe luogo né a Berlino, la vecchia capitole degli Hohenzollern, né ad Aquisgrana presso la tomba di Carlomagno, né in alcun’altra delle città tedesche che potevano richiamare cari ricordi nozionali; la si fece invece a Versailles nella grande galleria degli specchi di quel palazzo reale, dal quale Luigi XIV aveva dettato legge all’ Europa, per unire per sempre al nome stesso dell’impero tedesco il ricordo dell’umiliazione inflitta alla Francia.

Bismarck anzi credette che per completare l’unità tedesca fosse necessario strappare alla Francia le province dell’Alsazia e della Lorena; ma con questa forzata annessione egli fece sorgere una nuova questione internazionale. Nella protesta, redatta in quei giorni da Leone Gambetta e sottoscritta da 107 deputati (fra i quali figura Clemenceau), si affermano in modo evidente le dolorose conseguenze di questo atto di violenza: - « L’Europa non può permettere né ratificare l’abbandono dell’Alsazia e della Lorena. Custodi delle regole della giustizia e del diritto delle genti le Nazioni civilizzate non saprebbero restare più o lungo insensibili alla sorte della loro vicina sotto pena di essere a loro volta vittime degli attentati che esse avrebbero tollerato... L’Europa moderna deve per la sua propria conservazione interdire simili abusi di forza. Essa sa d’ altra parte che l’unità dello Francia é, oggi come per il passato, una garanzia dell’ordine generale del mondo, una barriera contro lo spirito di conquista e d’invasione. La pace fatta al prezzo di una cessione del nostro territorio non sarebbe che una tregua rovinosa e non una pace definitiva. Essa sarebbe per tutti una causa d’agitazioni intestine una provocazione legittima e permanente alla, guerra.

Queste province strappate alla Francia non furono da Bismarck annesse alla Prussia, ma dichiarate paese dall’impero (Reichsland) e messe sotto il diretto potere del governo imperiale, per non mescolare alle questioni politiche delle questioni dinastiche, ed anche perché egli giudicava più facile che gli Alsaziani si famigliarizzassero col nome di Tedeschi che con quello di Prussiani. Mentre nelle altre regioni si doveva cercare di cancellare il regionalismo, in Alsazia bisognava anzitutto rinforzarlo: -"quanto più --- diceva Bismarck --- gli abitanti dell’Alsazia si sentiranno Alsaziani, tanto più smetteranno il francesismo". Col proposito di procurare la rigermanizzazione del paese si fondò in Strasburgo una grandiosa Università tedesca; ma tutti questi tentativi riuscirono vani, ed oggi la questione dell’Alsazia-Lorena (1919 ndr.) é più viva che mai.

* * * Dopo aver fondato l’impero Bismarck attese a radicarlo saldamente nelle leggi, nei costumi, nelle abitudini tedesche. Questa seconda parte dell’opera sua non è meno interessante, ma in generale vi ci si ferma poco l’attenzione, perché la prima, l’opera di ferro e di sangue, è più clamorosa.
Anche nelle riforme interne Bismarck fece conoscere di non avere preoccupazioni teoriche; dichiarava apertamente il suo disdegno per le teorie e canzonava Gladstone, il grande campione del liberalismo, dicendolo il professore Gladstone. Egli aveva un’ antipatia cordiale per i professori, sempre troppo teorici a suo giudizio; eppure erano stati quei professori tedeschi pieni di teorie, che avevano creato l’ambiente necessario per l’attuazione della sua politica.
Indifferente per le teorie egli variò la sua azione a seconda delle circostanze. Fino al 1866 era stato con i conservatori, anzi con i reazionari più accaniti; ma nella grande trasformazione, che la guerra del ’66 portò in Germania, i conservatori si trovarono presto a disagio, videro intaccati gli ultimi avanzi del loro potere e delle loro abitudini; e allora Bismarck ricercò la collaborazione dei liberali per attuare la nuova organizzazione dei paese. In pochi anni, specialmente dopo il 1870, tutto fu riformato: amministrazione, giustizia, finanza, mentre i cinque miliardi pagati dalla Francia procuravano uno sviluppo rapidissimo di tutte le iniziative.

I conservatori, urtati da tante riforme, non nascondevano il loro malumore e cercavano di fermare il movimento servendosi della loro influenza personale a Corte. Ma un’opposizione più forte e più decisa fu quella dei cattolici. In Prussia i cattolici erano una minoranza trascurabile, ma nell’impero sopra i 40 milioni di abitanti d’allora si contavano 14 milioni di cattolici, gran parte dei quali rappresentavano anche sentimenti particolaristi di alcune regioni. In generale poi il clero cattolico era dispiacente che la corona imperiale fosse toccata ad una dinastia protestante, tanto più che questa non solo non aveva voluto saperne d’accogliere l’invito di intervenire in Italia per ristabilire il potere temporale, ma difendeva anche con energia i diritti dello Stato di fronte alla Chiesa. Questo partito cattolico assunse un none senza significato politico (frazione del Centro), ma fece capire chiaramente i suoi intendimenti scegliendo a suo capo il deputato Windthorst, che e era già fatto conoscere per il più formidabile avversario parlamentare di Bismarck.
Così si iniziò quella lotta, che il grande scienziato Virchow appellò Kulturkampf (lotta per la civiltà). Nelle discussioni sopra quest’argomento Bismarck pronunziò i suoi migliori discorsi. Bismarck non fu un grande oratore, anche perché non sentiva il bisogno di persuadere ; sapeva d’avere la forza ed il potere e ciò gli bastava. I suoi discorsi sono in generale troppo lunghi, non bene ordinati, un po’ confusi, ma qualche volta il suo pensiero finisce per districare; così in un discorso del 1873 a propoeto delle nuove leggi ecclesiastiche da lui proposte chiarì molto bene la situazione : "Non si tratta già, come si vuole dare ad intendere ai nostri concittadini cattolici, della lotta di una Dinastia evangelica contro la Chiesa cattolica, non si tratta della lotta per la fede o la irreligiosità; si tratta dell’ antichissima lotta per il potere, antica come il mondo, della lotta fra monarchia e sacerdozio, lotta assai più antica della comparsa sulla scena del nostro Redentore, lotta in cui si trovava Agamennone in Aulide con i suoi auguri e che costò a lui la figlia e impedì ai Greci di salpare, lotta che ha riempito la storia germanica dei medio evo sotto il nome di lotta dei Papi cogli Imperatori... Lo scopo che balenò sempre senza interruzione dinanzi agli occhi del Papato è l’asservimento dei potere laico allo spirituale, uno scopo eminentemente politico... uno spostamento della questione, calcolato per fare effetto sulla gente senza giudizio, il raffigurarla come se e trattasse di opprimere la Chiesa. Si tratta di difendere lo Stato, si tratta di delimitare fin dove deve arrivare la signoria sacerdotale e fin dove quella del re"
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Coi temperamento di Bismarck e arrivò presto agli estremi: quasi tutti i vescovati si trovarono vacanti, perché i loro titolari erano o in prigione o in esilio. Alle persecuzioni del governo rispose il linguaggio sempre più violento della stampa cattolica, e a questo tenne dietro un attentato: il 13 luglio 1874 un fanatico tentò d’uccidere con un colpo di pistola Bismarck, che restò soltanto leggermente ferito. Nonostante le minacce e i pericoli Bismarck continuò la lotta. Nel 1875 i giornali tedeschi interpreti del suo pensiero dichiararono di rimpiangere che il papa non fosse più un sovrano temporale, perché in tal caso alle sue scomuniche si sarebbe potuto rispondere come aveva fatto Napoleone I, facendo cioè sbarcare a Civitavecchia un corpo di soldati, che si sarebbero impadroniti di Pio IX e lo avrebbero condotto prigioniero in qualche fortezza della Germania, dove egli avrebbe avuto modo di riflettere sulla validità delle leggi tedesche. Non potendo far ciò Bismarck insistette presso il governo italiano affinché impedisse che il papa potesse lanciare da Roma delle bolle oltraggiose per la Corte di Berlino; ma il governo italiano sostenne la completa indipendenza del pontefice nell’esercizio del suo ministero ecclesiastico.

In quei giorni Bismarck lamentò anche che dal Belgio partissero incoraggiamenti agli ecclesiastici tedeschi che si ribellavano alle leggi dell’impero e domandò al governo belga di modificare la sua legislazione per poter impedire ai suoi sudditi di turbare la pace interna dello Stato vicino. La Gazzetta di Colonia sottolineò il reclamo con queste parole: « Se i Belgi continuano a disconoscere i loro interessi naturali, non è affatto improbabile che lo stesso secolo veda il principio e la fine dello Stato belga ». Ma l’Inghilterra si allarmò di questa minaccia, e Bismarck finì per lasciar cadere la questione.
Intanto il rapido sviluppo delle industrie verificatosi in Germania dopo il 1870 aveva determinato un aumento enorme d’ operai, ed in seno ad essi il socialismo incominciò a fare grandi progressi. Bismarck impressionato si staccò dai liberali per accostarsi di nuovo ai conservatori, ed approfittando della politica più calma e più abile del nuovo papa Leone XIII si riconciliò con lui per avere l’appoggio del Centro; prese poi a perseguitare i socialisti con uno di quegli odii tenaci ed implacabili che costituivano il fondo del suo carattere. Ma anche combattendo i socialisti Bismarck sentiva che nel loro programma vi era qualche cosa di giusto e di realizzabile; perciò attese con grande energia alla preparazione di leggi sociali e nel 1881
presentò i primi progetti sull’assicurazione degli operai contro gli infortuni e contro le malattie.

In tutto egli dimostrò uno straordinario senso pratico; anche nella politica coloniale subordinò sempre gli acquisti lontani ai suoi interessi vicini. Giudicava le colonie un utile complemento d’influenza, ma non voleva che esse assorbissero troppo il pensiero e l’attività della nazione; non ci teneva ad avere le mani nette, ma voleva averle sempre libere; perciò si contentò di far occupare piccoli territori allo scopo d’aprire la via alle future ambizioni germaniche. Nello stesso tempo cercò subito di influire sopra le altre Potenze raccogliendo nel 1884 la conferenza di Berlino per un accordo internazionale riguardo all’Africa.* * *
L’attenzione principale di Bismarck fu sempre rivolta alla politica estera.
I meravigliosi successi delle armi tedesche nel "70 avevano portato al colmo la potenza ed il prestigio della Germania, così che il nuovo impero diventò il perno della vita politica d’Europa. Lo stesso imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, che allo scoppio delle ostilità franco-germaniche aveva sperato di poter prendersi una rivincita sopra la Prussia, si affrettò a riconoscere che il lungo contrasto in Germania tra gli Absburgo e gli Hohenzollern era definitivamente risolto in favore di questi ultimi e si riconciliò sinceramente con essi. L’ imperatore di Russia non volle restar fuori di quest’amicizia austro-germanica, e così nel 1872 con la venuta a Berlino di questi due sovrani si ebbe la manifestazione solenne dell’accordo dei tre imperatori.
Ma più ancora che coll’azione diplomatica la nuova Germania si propose d’assicurare il suo avvenire mantenendo una formidabile organizzazione militare sempre pronta per la guerra; perciò seguendo l’esempio della Prussia pensò a costituire subito un tesoro di guerra, e sull’indennità imposta alla Francia destinò a tale scopo 150 milioni da tenere in deposito in monete d’oro e d’argento, che furono rinchiuse nel castello di Spandau presso Berlino. Il lasciare infruttifero un capitale così ingente poteva sembrare un grave errore economico; ma il deputato Miquel ne espose chiaramente i vantaggi: « Il primo effetto di un subitaneo pericolo di guerra é notoriamente uno scomparire di ogni fiducia nei valori cartacei, nei titoli di credito che servono in tempo di pace; tutti domandano e vogliono denaro sonante; governo, banche, uomini d’affari e persino i privati vogliono avere nei loro scrigni del denaro contante onde garantirsi per tutti i casi nei quali non corra la carta moneta. Il denaro coniato sparisce dalla circolazione aumentando le preoccupazioni generali, il credito cade, il panico scoppia. Se in mezzo ad una situazione simile rifluisce nella circolazione improvvisamente una somma, non ancora statavi, di molti milioni in monete coniate e il contante che tutti domandano, in luogo di sparire, cade come una pioggia benefica sui campi arsi, la fiducia persiste, il credito ritorna e si evita il panico. Ecco quanto fu osservato in Germania nel luglio 1870 a motivo dei tesoro di guerra prussiano, che venne a rimpiazzare il denaro che si nascondeva".

Il partito militare prussiano vedendo la Francia rialzarsi rapidamente dai disastri subiti manifestava l’opinione che si dovesse approfittare della superiorità incontestabile delle forze tedesche per rinnovare prontamente la lotta; nel 1875 Bismarck parve aderire a quest’ordine di idee per modo che si ebbe una viva preoccupazione in tutta Europa di uno scoppio prossimo della guerra. Ma la Russia e l’Inghilterra non si dimostrarono disposte a permettere un ulteriore indebolimento della Francia e diedero opera a dissipare le diffidenze tra i due governi; poco per volta il panico di una prossima guerra svanì. II contegno della Russia in quell’occasione indispettì Bismarck; sino al 1870 egli eveva potuto servirsi della Russia per trattenere l’Austria, ma poiché ora la prima non si dimostrava più così docile, Bismarck incominciò a pensare ad un rovesciamento dell’antico accordo.
La questione d’Oriente venne a facilitargli questo passaggio. Veramente Bismarck dichiarava di disinteressarsene perché a suo giudizio la questione d’Oriente non valeva le ossa di un solo granatiere della Pomerania; ma in realtà sorvegliava attentamente quegli avvenimenti perché nella sua tenebrosa politica vi vedeva il modo di accentuare la discordia tra la Russia e I’ Austria, il che lo avrebbe reso arbitro della situazione europea. Tale infatti apparve nel Congresso di Berlino (1878), ed in esso egli favorì le mire ambiziose dell’Austria preparando così la nuova situazione politica: nel 1879 fu stipulata l’alleanza austro-germanica diretta specialmente contro la Russia. Per assicurarsi poi dalla parte della Francia egli spinse questa nazione ad un’ardita espansione coloniale aggravando così i contrasti franco-inglesi e franco-italiani; l’occupazione francese di Tunisi determinò l’Italia a gettarsi nell’alleanza austro-germanica, e così sorse nel 1882 la TRIPLICE ALLEANZA a profitto essenziale dell’impero tedesco.

Ma per Bismarck la garanzia più sicura consisteva sempre nei grandi armamenti " - Non so che farmi - diceva egli in un suo discorso - di ciò che ci si assicura qui in Parlamento col dire: se giunge il pericolo, potete calcolare sull’ultimo tallero, potete calcolare che risponderemo coi beni e col sangue. Queste sono parole e non so che farne; parole non sono soldati e discorsi non sono battaglioni; se abbiamo il nemico in casa e noi gli leggiamo questi discorsi, egli si burla di noi...." ...."Noi Tedeschi - concluse in un altro suo famoso discorso - temiamo Dio, ma null’altro al mondo ».
In quest’ultimo periodo Bismarck aveva avuto la mano completamente libera nel governo, perché l’imperatore Guglielmo, che fin dal 1877 aveva celebrato il suo ottantesimo anno d’età, si affidava interamente a lui. Quando Guglielmo I morì (l’8 marzo del 1888), suo figlio Federico III, che ispirava le più vive simpatie, era moribondo; perciò nei suoi tre mesi di regno Bismarck continuò ad avere piena libertà di azione. Ma il 18 giugno del 1888 salì al trono il 29 enne Guglielmo II.

Nato nel 1859 era cresciuto al suono delle grandi vittorie tedesche GUGLIELMO II si era imbevuto di gloria e di patriottismo; d’ingegno pronto, di carattere deciso, di un’attività febbrile ed ingombrante non tardò a trovar fastidiosa la tutela di Bismarck. II contrasto tra la volontà ferrea del vecchio Cancelliere e la baldanza sconfinata del giovane imperatore durò qualche tempo; finalmente nel marzo del 1890 Guglielmo II obbligò Bismarck a rassegnare le sue dimissioni e a ritirarsi a vita privata.
Aveva 75 anni; aveva lavorato in modo indefesso per tutta la sua vita, eppure non sentiva bisogno di riposo; sentiva invece sempre il bisogno di agire, e restò fieramente disgustato contro Guglielmo II. Quando questi a testimonianza di onore gli assegnò il titolo di duca di Lauemburg (a ricordo della prima guerra preparata da Bismarck), il vecchio ministro colla sua solita mordacità rispose che se ne sarebbe servito quando avesse voluto viaggiare in incognito. Ritiratosi nel suo castello di Friedrichsruhe (presso Amburgo) riprese le sue laboriose abitudini di gentiluomo campagnolo, ma non seppe sempre far tacere il suo malumore per l’offesa patita. Però nei Ricordi e Pensieri da lui scritti nel suo riposo involontario egli arresta la sua narrazione colla morte di Federico III; alcuni credono ch’egli abbia lasciato un terzo volume, ma può anche darsi ch’egli abbia giudicato sola forma di protesta degna di sé il non parlare di Guglielmo II.
Bismarck si spense il 30 luglio 1898 a 83 anni d’ età.
* * *

Naturalmente nei limiti di spazio assegnati a questo profilo non é possibile esporre tutta la vita politica di Bismarck, poiché egli riempì di sé ben trent’anni della storia di Europa: solo mi sono, proposto di fermare l’attenzione del lettore sopra alcuni punti che fanno specialmente risaltare le caratteristiche di questa grande personalità.
Bismarck si vantò sempre di essere eminentemente positivo ed utilitario. Quando, al colmo della potenza e della gloria, egli presiedette il Congresso di Berlino non seppe trovare altra immagine per indicare la sua funzione d’arbitro dell’Europa che quella di un grande sensale; e sotto la sua ispirazione la vita politica delle grandi Potenze finì per ridursi ad una gara di rapine. Egli affermava apertamente che l’utile é il criterio, la regola, la misura di tutto; per lui tutto ciò che non rende é in politica un pregiudizio, del quale bisogna liberarsi; perciò l’immaginazione e il sentimento furono da lui considerati sempre come due grandi nemici, che si devono fieramente combattere.

Egli li conobbe questi nemici, perché erano personificati nella consorte dei suo sovrano, la principessa Augusta di Weimar. Questa nipote del celebre protettore di Goethe aveva passato la giovinezza in un ambiente molto intellettuale, aveva un’anima nobile e generosa ed una mente aperta a tutti i progressi del pensiero moderno. Essa sosteneva apertamente i liberali e desiderava esercitare il suo influsso in loro favore ; diventò quindi presto la grande nemica di Bismarck. Quest’uomo, che marciava sempre diritto al suo scopo ed abbatteva ogni ostacolo che si presentava sul suo cammino, dovette molte volte a malincuore rigirarsi per stornare l’effetto di questa opposizione, la sola contro cui non potesse muovere coi suoi soliti procedimenti brutali. Ed ancora tanti anni dopo, nel silenzio dei suo riposo, scrivendo le sue Memorie, fra tanti nemici ed avversari combattuti ed abbattuti egli si ricorda specialmente di questa grande nemica e scrive lunghe pagine sulla opposizione da lei fattagli. Una sera in un ballo di corte Bismarck, stanco del contrasto, disse all’imperatrice d’aver riguardo alla salute già malandata dell’ imperatore e di non esporlo agli effetti di dissensi politici. A queste parole l’imperatrice si drizzò sulla persona, e il suo sguardo, dice Bismarck, scintillò di un fuoco quale non vidi mai né prima né dopo. "Non ho mai visto l’ imperatrice Augusta così bella come in quel momento". Questa osservazione di Bismarck viene a completare la sua fisionomia morale: per lui anche nel campo estetico vi deve essere una nota d’odio per avere la Bellezza.

Che odiano pure, purché temano; questa fu la divisa di Bismarck,
e purtroppo essa diventò la divisa della nazione tedesca.

Il programma attuato da Bismark, di raccogliere la Germania sotto la direzione degli Hohenzollern, era il programma messo innanzi già da lungo tempo dai più insigni pensatori della Germania, ma la parte sua originale consiste nel mezzo adoperato per attuarlo. Bismarck aveva pensato che per spezzare le resistenze interne bisognava che il problema dell’unità tedesca diventasse un problema di politica estera, perché solo di fronte allo straniero si poteva scuotere tutto il mondo tedesco; di qui le tre guerre colla Danimarca, coll’Austria, colla Francia; esse costituiscono i tre atti di un grande dramma, atti che si legano l’uno all’altro e si chiudono col trionfo della Germania.

La leva dunque adoperata per raggiungere ii grande intento fu la forza materiale. Se noi prendiamo ad esaminare i discorsi di Bismarck troviamo che la parola forza é quella che viene ripetuta più spesso; dopo di essa si trova ripetuta frequentemente la parola Dio, ma sempre in modo da far comprendere che il Dio invocato é completamente al servizio della forza tedesca.
Gli avversari di Bismarck gli attribuirono una frase che viene spesso ripetuta: "La forza supera il diritto". Egli negò di averla pronunziata, ma essa resta come il fondo del suo pensiero, la base della sua politica. E poiché questo pensiero messo in azione compì l’opera sognata più rapidamente di quanto nessuno avesse mai immaginato, esso finì per diventare la norma regolatrice della politica tedesca e quindi anche del pensiero nazionale tedesco.

Nei rapporti fra le nazioni l’immagine che si presenta più spesso al pensiero tedesco é quella dell’incudine e dei martello. Giustamente i Tedeschi non vogliono servire da incudine e perciò desiderano fare da martello e picchiar sodo. Questa esaltazione della forza materiale é una delle conseguenze del modo col quale si effettuò l’unità germanica.
Quest’unificazione poi ebbe il carattere di una conquista della Germania per opera della Prussia. Nella formazione d’Italia il Piemonte, che aveva assunto la direzione dei movimento, si fuse col resto della nazione; era uno Stato di soli 5 milioni di abitanti che in due anni (dalla primavera del 1859 alla primavera del 1861) si trasformò in un regno di 22 milioni di abitanti; non poté quindi mantenere un predominio assoluto nel nuovo Stato.
In Germania invece la Prussia da un secolo contava già fra le grandi Potenze di Europa e al momento dell’unione aveva essa sola una popolazione superiore a quella complessiva di tutti gli altri Stati che entrarono a far parte dell’impero. La Prussia quindi restò la grande dominatrice, ed essa foggiò lo Stato tedesco. La vita intellettuale della Germania era stata specialmente opera dell’ovest e del sud della Germania, ma lo Stato tedesco fu opera della Prussia: essa informò sul suo modello il resto della Germania, ed il suo spirito militare si estese all’intera nazione con le conseguenze dolorose che tutto il mondo oggi conosce.
(l’autore si riferisce alla grande sconfitta nella Grande Guerra 1914-18, non immagina nemmeno lontanamente quale sarà il disastro tedesco subito nella guerra del 1939-45 - Ndr)

Purtroppo le vittorie dei 1870 determinarono anche un’esaltazione della Germania; in tutto il mondo si andò a gara nel celebrare non solo il valore degli eserciti tedeschi, ma le virtù del suo popolo e il grande sapere dei suoi dotti; perfino nella musica, perfino nel socialismo tutti si inchinavano dinanzi ai maestri tedeschi.
(ricordiamo qui, che contariamente ai socialisti di tutta Europa, soprattutto quelli italiani, i socialisti tedeschi furono subito degli "interventisti". Ndr)

Si comprende facilmente come mezzo secolo di simile esaltazione abbia condotto il patriottismo tedesco alle più orgogliose esagerazioni. La generazione cresciuta dopo il 1870 finì per imbeversi talmente della propria gloria da giudicare la civiltà tedesca di gran lunga superiore alle altre e da considerare come suo dovere quello d’ imporla a tutto il mondo. E con qual mezzo? col mezzo ch’era stato adottato con tanto successo dalla Prussia: colla forza delle armi.
Il trionfo della forza era dei resto il principio che col diffondersi delle teorie darwiniane si veniva proclamando anche nel campo filosofico: la lotta per l’esistenza veniva messa a base di tutta la storia naturale, si esaltava l’opera sapiente della selezione, si dichiarava l’illegittimità della debolezza. Il tedesco é un logico terribile; quando per una data cosa si é trovata una formula, un sistema, egli con un’ostinazione irremovibile tenta di adattare la realtà a quel sistema e ne trae tutte le conseguenze possibili; e come Nietzsche proclamò il diritto del superuomo a calpestare tutti i diritti degli altri, così il popolo tedesco persuaso ch’esso era il più intelligente, il più istruito, il più forte credette d’essere chiamato da Dio ad imporre la sua civiltà a tutta l’umanità e che di fronte a questa grande missione tutti i diritti degli altri potessero essere sacrificati senza riguardo.

Per buona fortuna la forza materiale non é la sola potenza dominatrice nella vita dell’umanità.
Nell’ebbrezza dei successi del 1870 si credette che i grandi risultati raggiunti fossero dovuti soltanto alle vittorie militari ; non si pensò che la forza materiale aveva potuto trionfare, perché era stata messa a servizio di una causa che rispondeva esattamente allo sviluppo storico della Germania e alla sua preparazione morale; senza i pensatori e i poeti che avevano preparato I’ ambiente, senza le circostanze generali che spingevano al trionfo delle nazionalità, Bismarck non avrebbe potuto attuare la sua politica; essa trionfò perché coincideva col pensiero dell’epoca sua.
Oggi invece si volle applicare la forza per attuare disegni di predominio di una razza sulle altre, disegni che sono in contrasto col pensiero dei nostri tempi, il quale tende piuttosto a stabilire una cooperazione delle varie nazionalità europee arrivate pressappoco allo stesso grado di civiltà, tende, più che all’ impero di una razza, a preparare una federazione di Stati liberi ed eguali. Perciò i sogni ambiziosi della Germania imperiale non hanno probabilità di successo.
(l’autore qui non immagina neppure lontanamente - siamo nel 1919 - che un "caporale" sta fin d’ora preparando (ma non è solo!) a scatenare il più grande conflitto di tutti i tempi. Ndr).

Come un secolo fa l’Europa si coalizzò contro Napoleone, così oggi si ripete il fenomeno per la Germania. da augurarsi che questa guerra determini in essa una guarigione in senso inverso a quella verificatasi un secolo fa; allora a rialzare l’animo depresso della nazione tedesca riuscì salutare lo squillo della vittoria; oggi a svegliarla dall’ebbrezza delle sue mire ambiziose di predominio mondiale riuscirà salutare la sconfitta.

(Gli eventi che seguirono, dimostrarono invece che la prima sconfitta non fu salutare - Ndr.)

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BIBLIOGRAFIA
PIETRO ORSI, l’autore del "Profilo", ed. A.F. Fomiggini, Roma 1919
la BIBLIOGRAFIA usara dall’autore:
BISMARCK. - Parlamentar Reden. Stuttgart, 1890-94 ; 14 vol. Ansprachen. (1848-1897) Stuttgart, 1895-1900; 2 vol.
(trad. anche in francese)
BISMARCK. -Politische Briefe. (1849-1889) Berlin, 1889-93; 4 vol.
BISMARCK -Correspondance diplomatique (1851-59) Paris, 1883 2 vol.
BISMARCK - Lettres politiques confidentielles. (1851-58) Paris, 1885.
BISMARCK - Gedanken and Erinnerungen. Stuttgart, 1898, 2 vol. (trad. anche in italiano Pensieri e ricordi, Torino.
1898).
KOHL. - Bismarck Regesten (1815-1890). Leipzig, 1891.
BUSCH. - Unser Reichs-Kanzler. Leipzig, 1884 (trad. anche in italiano, Milano, 1888-89, 2 vol.)
HAHN. - Bismarck, seine politische Leben, Berlin, 1878-91, 5 vol.
BLUM. - Bismarck and seine Zeit. Munchen 1894-95, 6 vol.
MATTER. - Bismarck et son temps, Paris, 1905-1908, 3 vol.
GAETANO NEGRI. - Bismarck, Milano, 1884.
MARIOTTI. - La sapienza politica del conte di Cavour e del principe di Bismarck, Torino 1886.
ONCKEN. - Allgemeine Geschichte (tradotto anche in italiano). Vedi i due volumi scritti dallo stesso Oncken : L’epoca del
l’imperatore Guglielmo.
SYBEI.. -Die Begrundung des deutschen Reichs each Wilhen I. Munchen, 1889-99 ; 7 vot.
E. DENIS. - La fondation de l’ empire allemand (1852-1871), Paris, 1896.

fatto il profilo di Bismarck, nei riassunti "Storia d’Italia" torniamo al 1888

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