Vari, Corriere della Sera 22/11/2009, 22 novembre 2009
MORTE DI BRENDA, VARI ARTICOLI DEL 22/11/2009
RINALDO FRIGNANI SUL CORRIERE DELLA SERA
ROMA – Ossido di carbonio. Una sostanza altamente tossica che dà un significato preciso alla vicenda: Brenda era vivo, respirava mentre il pianterreno del suo monolocale andava a fuoco. A ucciderlo, secondo i primi risultati dell’autopsia, è stato il fumo, denso e acre, sprigionato da un trolley di plastica e dal materasso di un lettino all’ingresso dell’abitazione. Una nube letale, salita in fretta sul soppalco dove il trans stava dormendo, forse sotto l’effetto di una forte dose di tranquillanti che ne hanno rallentato i movimenti e impedito la fuga.
Il responso degli esami medico-legali, svolti ieri dall’équipe del professor Vincenzo Pascali del Policlinico Gemelli, apre uno scenario che potrebbe entrare in contraddizione con le indagini in corso per omicidio volontario. Anche perché la Tac eseguita sul corpo del brasiliano (che incontrava a pagamento l’ex presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo), trovato morto giovedì notte in via dei Due Ponti, non ha rilevato alcun tipo di lesione.
L’ipotesi dell’incendio accidentale riprende quota, in attesa dei risultati delle analisi tossicologiche e istologiche, per le quali ci vorrà più tempo. Ma la pista del delitto resta l’unica ufficialmente seguita. Ieri mattina la polizia ha svolto un altro sopralluogo nel monolocale di Brenda: dal bagno sono state prelevate boccette di medicinali (alcune vuote). Fra queste, una confezione di «Minias», un forte sonnifero. Ma ce n’erano anche altre, ancora da aprire. China, il fidanzato del brasiliano, ha deposto in lacrime un mazzo di fiori sulla porta di casa della compagna e ha confermato che «prendeva sia il Minias per dormire sia degli psicofarmaci. Non si è suicidato, ma potrebbe essere stato un incidente, forse si è addormentato con la sigaretta accesa » .
Controllando l’appartamento, gli investigatori hanno scoperto un secondo accesso, sul soppalco: conduce a un terrazzino e potrebbe essere stato utilizzato da un eventuale assassino per fuggire. La porta principale, comunque, era chiusa con una mandata, le chiavi attaccate a un gancio. L’incendio ha interessato soltanto una piccola parte dell’ingresso: i poliziotti hanno notato che sotto al letto bruciato, accanto a tre sacchi pieni di spazzatura, c’era una prolunga dalla quale parte un cavo elettrico fuso dal fuoco. C’era qualcosa sul materasso collegato a quella presa? Per adesso non si riesce a capirlo. Oppure è stato un oggetto sul trolley a incendiarsi? Anche in questo caso, il dubbio non è ancora stato chiarito.
Accertamenti sono in corso pure sul computer portatile che Brenda, secondo l’altra trans Veronica, avrebbe voluto venderle prima di lasciare quell’appartamento: un computer pieno d’acqua, trovato sul lavello dell’angolo cottura, dal quale comunque i tecnici della Scientifica sono in grado di recuperare la memoria e buona parte dei file.
I viados di via dei Due Ponti hanno dato vita a un’assemblea pubblica organizzata da Imma Battaglia, presidente di Gayproject: hanno chiesto sicurezza e la protezione della polizia. E intanto sempre China ha raccontato di essere stato minacciato «da un uomo che mi ha fatto il gesto della pistola».
Rinaldo Frignani
FIORENZA SARZANINI SUL CORRIERE DELLA SERA
ROMA – Quando i poliziotti sono entrati nel monolocale c’erano almeno cinque sacchetti pieni di spazzatura, numerose boccette di medicinali, tre bottiglie di whisky vuote. E poi alcuni dvd musicali, una valigia piena di vestiti, un fallo di plastica e diffusori per l’incenso. Brenda era steso sul pavimento, accanto aveva un telefonino Nokia. Secondo i primi accertamenti la memoria è quasi vuota. Non contiene foto né video. Pochissime le chiamate in entrata e in uscita. Ma non è questo ad aver insospettito chi indaga. Il mistero riguarda il numero. Ai carabinieri che l’avevano interrogato il 30 ottobre Brenda aveva infatti fornito un’utenza diversa e dopo l’aggressione subita dalla banda di romeni aveva fatto sapere di avere anche un altro apparecchio. Un palmare che aveva mostrato ad alcuni amici. Che fine hanno fatto quei cellulari?
La sosta in farmacia
Se l’autopsia sembra far cadere definitivamente l’ipotesi del suicidio, aumentano i misteri sulla morte del transessuale finito nell’inchiesta che ha travolto Piero Marrazzo. Perché proprio con un telefono portatile Brenda aveva ripreso il festino al quale aveva partecipato insieme a un altro viado e al governatore del Lazio. Un gioco, questo è emerso dalle indagini sul ricatto al presidente della Regione, che avrebbe fatto altre volte e con altri clienti. Ed è questa circostanza ad alimentare il sospetto che qualcuno li abbia fatti sparire. Ma quando? Per cercare la verità sulla morte, bisogna ripercorrere le sue ultime ore da viva, esplorare anche i dettagli apparentemente insignificanti. E dunque tornare all’Acqua Acetosa dove Brenda prende un taxi alle 2.30 di giovedì.
Al conducente appare allegro. La corsa costa 20 euro, ma lui sembra cercare uno sconto. «Non mi riconosci? Sono Brenda, quella di Marrazzo» gli confida ridendo. Poi gli fornisce un indirizzo diverso da quello dove abita. Ed ecco la prima stranezza. Brenda chiede di essere portato a casa di Veronica, un altro trans che abita a circa 200 metri da lui. Si fa consegnare una ricetta per acquistare il Minias, un medicinale per dormire. Chi ha effettuato la prescrizione? Subito dopo va in cerca di una farmacia notturna. Gli investigatori della squadra mobile hanno rintracciato il medico di turno che ha confermato di averle venduto le gocce. Soltanto quando ha con sé il tranquillante Brenda si dirige verso via dei Due Ponti 180. Secondo i calcoli effettuati incrociando il racconto dei testimoni, le 3 potrebbero essere passate da poco.
Il pavimento pulito
Entra nel monolocale. Su quello che accade fino alle 4.14 – quando la telefonata di una vicina che vede uscire il fumo allerta i pompieri – nessuno è in grado di fornire elementi utili. Sul pavimento o in altre parti della casa non sono state trovate tracce di liquido infiammabile. I resti del trolley bruciato sono una poltiglia informe. Soltanto le analisi chimiche diranno se contengono materiale servito per appiccare l’incendio. Gli esami tossicologici dovranno invece stabilire se Brenda abbia mescolato il Minias al whisky fino a stordirsi. Le tre bottiglie vuote trovate sul letto al pianterreno accreditano questa possibilità, ma nell’appartamento tutti gli oggetti sono stati trovati alla rinfusa e dunque non si può ancora escludere che almeno una parte se la fosse scolata nei giorni precedenti. Il computer è in bilico sul piano della cucina. Il rubinetto è aperto, l’acqua scorre sopra. La chiave del mistero è proprio questa. Chi l’ha messo lì? E perché? La tesi che sia stato Brenda, ormai stordito, ad averlo dimenticato su quel lavandino non sembra convincere gli investigatori, però non è stata affatto scartata. Anche perché nessuna delle altre piste esplorate sembra fornire alcuna certezza. Se davvero si voleva cancellarne il contenuto, averlo bagnato non serve ad annullare la memoria. Del resto sarebbe stato molto più facile portarselo via oppure distruggerlo. dunque possibile che si tratti di un avvertimento. Il monito a un transessuale che certamente era custode di moltissimi segreti e conosceva bene i retroscena dei traffici che si muovono dietro i viados, primo fra tutti lo spaccio di cocaina. E a tutti gli altri che come lui sono diventati protagonisti di questa brutta storia.
L’intimidazione che si trasforma in tragedia rimane una delle ipotesi. Del resto il ruolo di Brenda nell’inchiesta sul ricatto a Marrazzo non è stato affatto chiarito e rimane il dubbio che ci fosse proprio lui all’origine della «soffiata » per incastrare il governatore. Certamente conosceva i carabinieri finiti in carcere: ai magistrati ha rivelato che «Joice, una mia amica, aveva avuto una storia con Nicola (Testini, ndr ) ». Ma soprattutto aveva frequenti contatti con Gianguarino Cafasso, il «pappone» e pusher dei viados, trovato morto nella camera di un motel nel settembre scorso. Era stato «Rino» l’esca dei militari per sorprendere Marrazzo nell’appartamento con il trans Natalie. E subito dopo aveva offerte il video a due giornaliste del quotidiano Libero . Seguendo questo filo si può dunque immaginare che qualcuno possa aver dato fuoco al trolley per spaventare Brenda. Forse non sapeva che dopo il rientro a casa il viado avesse mescolato alcol e farmaci e non era in grado di fuggire. Il fatto che non fosse pienamente cosciente sembra dimostrato da un altro elemento oggettivo: la mancanza di fuliggine sotto il corpo. Il pavimento è stato trovato pulito, quindi Brenda si è steso per terra prima che il fumo invadesse il soppalco del monolocale. E così lo hanno trovato i vigili del fuoco. Erano le 4.33 di giovedì. Le lancette di questo nuovo giallo sono ancora ferme a quell’ora.
Fiorenza Sarzanini
«Lui o lei? Come decidere il pronome giusto»
ROMA – Lui, lei. Non è semplice scegliere il pronome corretto quando si parla di transessuali. «Dipende se guardiamo il sesso di origine o quello di acquisto» spiega la professoressa Alessandra Graziottin, direttrice del centro ginecologico del San Raffaele Resnati a Milano.
«Nel caso di un uomo che ora è donna, il più frequente, noi medici scriviamo male to female, maschio diventato femmina. Nel linguaggio comune invece si tende ad indicare quello che uno è adesso». Dunque una trans come Natalì, come era Brenda, è una lei. «Sì ed è giusto rispettare l’identità che la stessa persona pensa sia più congrua con il suo sentire interiore».
Al cambio di identità sessuale anagrafica può seguire una modifica chirurgica del proprio aspetto. «Il soggetto cerca di assumere quelle caratteristiche stereotipiche esasperate di una donna: seno prorompente, labbra pronunciate, zigomi evidenti. Con l’abbigliamento tende a sovraccaricare i segnali femminili considerati visivamente molto attraenti: minigonne, stivaloni». Spesso ci si sottopone anche a 10, 15 operazioni chirurgiche: «Servono a cancellare gli aspetti dissonanti dell’identità maschile precedente e spesso i risultati non sono soddisfacenti».
C’è chi arriva fino all’intervento vero e proprio con cui si cambia sesso. «Chi si opera ai genitali di solito non si prostituisce, anzi cerca una vera relazione di coppia». Una scelta, avverte la sessuologa, che comunque costa dolori psicologici e fisici. «Non avere certezze sulla propria identità di genere è una delle sofferenze peggiori per un individuo».
G.Ca.
DAL NOSTRO INVIATO
CICERALE (Salerno) – «Prego, entrate», dice aprendo la porta alle nove di sera il signor Pasquale Cafasso, 72 anni, mentre una cappa di nebbia avvolge questo minuscolo paesino del Cilento vicino ad Agropoli.
Il paesino dei ceci, per questo si chiama così. Ma c’è la nebbia adesso, una nebbia fittissima, anche intorno alla morte di suo figlio Gianguerino, secondo lui: «L’hanno chiamato pusher e pappone, anzi il pappone dei trans di Roma nord, l’hanno dipinto come il grande ricattatore di Marrazzo, invece il mio Gianguerino è morto come un cane a 36 anni il 12 settembre in una squallida camera d’albergo, ma pochi giorni prima m’aveva detto di avere paura...
Altro che overdose, l’hanno ammazzato. Eppure nessuno in tutti questi mesi è venuto mai a parlare con noi». Il signor Cafasso si commuove, accanto a lui c’è la moglie Laura, sono sposati da 38 anni, hanno altri tre figli e tre nipotini. «Ecco – aggiunge la mamma di Gianguerino ”, avete tanto parlato del video di Marrazzo con i trans. Beh, la volete sapere una cosa? Gianguerino, il mio primogenito, non aveva un videotelefonino, perché io gli dicevo sempre: ti posso mandare a Roma le foto dei nipotini? Ma lui diceva di no, perché il videofonino non ce l’aveva...».
«Hanno pure detto che era un confidente dei carabinieri arrestati », s’indigna papà Pasquale. «Macché confidente. Poco tempo prima che lo trovassero morto, mi raccontò che voleva lasciare il suo appartamento in affitto a Roma perché lì dentro accadevano strane cose, lui faceva il guardiano in una fabbrica con la sua compagna che faceva le pulizie, noi sapevamo che si chiamava Jennifer ma ignoravamo che fosse un trans. Dunque, mio figlio diceva che quando tornava la sera trovava le cose spostate, una volta le camicie nell’armadio, un’altra gli oggetti personali, anche il mobilio. Diceva: papà, io devo andarmene non mi sento più sicuro... ».
«Fino ai 18 anni – dice la signora Laura – Gianguerino non aveva avuto problemi. Era un bravissimo pasticciere. Poi però è partito per il militare, è andato a Roma a fare l’aeronautica. Tutto normale fino a otto mesi fa quando per una delusione d’amore si è trasferito a Roma dove ha incontrato Jennifer, che però poi non è manco venuta ai funerali. sparita. Quel giorno, il 17 settembre, nella chiesa di San Giorgio c’erano tantissimi fiori e tantissimi amici per salutare il Gigante Buono, come lo chiamavamo. Era un ragazzone di 120 chili che viveva per gli altri, altro che pusher e pappone. Chiedetelo a Giorgio, un ragazzino down che vive in paese. Un giorno gli dovevano portare a casa un pianoforte, ma non riuscivano a farlo salire per le scale. Giorgio chiese aiuto a Gianguerino che in dieci minuti radunò 8 amici e il pianoforte entrò a casa. Questo era mio figlio».
Fabrizio Caccia
ROMA – L’obiettivo vaga, indeciso, fra quattro pareti, esplora una porta rosso scarlatto e rallenta su muri anneriti e segnati. Poi scende e insiste su una pavimentazione bicolore, bianco e nero, fino a zoomare su un gruppo di chiazze per terra: cenere, unto o sangue rappreso, non si capisce. Forse ingrandendo. Accanto, sempre sul pavimento, larga quanto il cerchio di un bicchiere, una macchia rossa. Può essere tutto: smalto, rossetto, vernice. Loro però – trans di via dei Due Ponti 180, dove viveva Brenda, – giurano: « il suo sangue».
Chi non crede al suicidio (o all’incidente) venerdì notte si è dato appuntamento in via dell’Acqua Acetosa: «Vogliamo mettere il video su YouTube » dice M.L. ex trans, operata, tra le amiche di Brenda, con indosso il suo ultimo regalo. Una guêpière bianca di raso che strizza i seni fino a farli esplodere, tatuati, sotto le luci della vecchia ferrovia. «Conoscevo Brenda – racconta – e non credo a quello che ho sentito. Il suicidio? Neanche a parlarne: veniva da una famiglia religiosissima e sarebbe peccato mortale. Anche se non viveva secondo la sua religione queste cose non si dimenticano».
Il video, spiegano, è frutto di un’incursione nelle case «alveare» dove Brenda è morta all’alba di venerdì. Eludendo il presidio delle forze dell’ordine. C’è un momento nella serata di venerdì, quando il miniappartamento di Brenda è off limits per il mondo, circondato dalla polizia e schivato dai condomini, in cui i due trans sono riusciti a entrare. Pare incredibile ma è andata così. Dopo il viavai blindatissimo di corpi speciali, procura, medici e periti e ai bordi la folla di giornalisti, residenti e curiosi, in serata l’appartamento di Brenda è stato vulnerabile per almeno qualche minuto. Dopo che tutto era stato ispezionato, analizzato, numerato e catalogato, nell’appartamento, dicono, «c’era ancora puzza di fumo da soffocare... » .
Ieri sera, invece, dopo la conferenza stampa della presidente di Gayproject, Imma Battaglia, un corteo di movimenti e associazioni femministe e lesbiche di Roma dall’Esquilino ha raggiunto San Lorenzo. Tra loro anche Gayproject e Libellula «Reclaim the night» (riprendiamoci la notte), sigla sotto la quale da mesi si sono raccolte diverse associazioni fra cui Ribellule, Facinorosse, La mela di Eva, Action A e Malefìche.
Al corteo c’erano anche rappresentanti delle transgender romane: «Brenda, omicidio di stato» tra gli slogan scanditi e poi: «Verità per Brenda». Tutto in attesa che qualcuno raccolga il messaggio sul Web.
Ilaria Sacchettoni
ELSA VINCI E MASSIMO LUGLI SU REPUBBLICA
ROMA - caccia al telefonino di Brenda. Foto, video, appunti potrebbero essere custoditi in quel palmare Samsung. caccia ai suoi segreti, che in queste ore i periti della procura stanno cercando nella memoria del computer trovato sotto l´acqua nel lavandino del bagno. I file sono salvi, leggibili. La misteriosa morte della trans che parlò ai magistrati del secondo video hot su Piero Marrazzo non viene chiarita dai primi risultati dell´autopsia. I polmoni pieni di fumo, il corpo intatto, una buona dose di barbiturici. La transessuale è morta per asfissia, soffocata dalle esalazioni di ossido di carbonio. Non sembra sia stata aggredita e uccisa da qualcuno che, successivamente, ha organizzato la messa in scena dell´incendio. Gli esami istologici e tossicologici sono già iniziati e i risultati potrebbero arrivare da domani. Nel sangue di Brenda sono state rilevate altissime quantità di alcol e di quel Minias di cui la trans faceva un uso smodato. Almeno 50 gocce al giorno (quasi il doppio della dose consigliata) per dormire. Alcune confezioni sono state ritrovate nell´appartamento.
All´appello, invece, manca un palmare di cui ha parlato "China", il compagno della transex. In casa della vittima gli agenti di Vittorio Rizzi hanno ritrovato il Nokia M73 che Brenda aveva comprato dopo la rapina dell´8 novembre scorso. Il numero che la trans aveva dato alla mobile, però, era quello del Samsung. Perché portare via il palmare e lasciare il telefonino? Mistero.
L´ipotesi principale, secondo il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo resta quella dell´omicidio anche perché non si capisce ancora come sia divampato l´incendio. Sul trolley accanto all´ingresso, nessuna traccia di cera anche se alcune amiche hanno parlato di una candela, scomparsa nel nulla. Nessun mozzicone o residui di liquido infiammabile, a parte il whisky.
Resta il mistero del computer sott´acqua. Il rubinetto del lavandino del bagno perdeva già nei giorni dello scandalo Marrazzo. « rotto da tempo, dovrei farlo riparare ma tanto me ne vado», diceva Brenda. La mobile ha intenzione di interrogare i vigili del fuoco intervenuti sul posto per accertare meglio questo dettaglio. Per fortuna l´hard disk trovato in ammollo è salvo. Il perito nominato dalla procura ha già iniziato a recuperare i file. Anche se non si sa ancora se ci sono video.
La polizia, ieri mattina, è tornata in via Due Ponti e ha esaminato anche un secondo ingresso, una porta-finestra chiusa a chiave. Ma davanti a questo accesso c´erano alcuni mobili ed è molto improbabile che l´assassino (se di un delitto si è trattato) possa essere passato proprio da lì. Gli inquirenti hanno inoltre ricostruito con maggiore precisione le ultime ore di vita di Brenda ed è emerso un particolare inedito. La trans ha detto a "China" di essere stata con lo stesso cliente per ben due volte nel giro di poche ore: una verso mezzanotte e l´ultima alle 2 circa, prima di salire sul taxi che l´ha portata a casa. Si trattava di un uomo alla guida di un furgone bianco che le avrebbe dato ben 400 euro: una somma spropositata per una prestazione "on the road". Uno stratagemma per farla andare a via Due Ponti, dove qualcuno era in agguato?
All´inchiesta sulla morte della transessuale se n´è affiancata una seconda, condotta dal Ros, sulle minacce arrivate a Brenda negli ultimi tempi. Tre amiche della vittima sono già state interrogate dai carabinieri. E da un villaggio vicino Belem, in Brasile, arriverà a Roma, nei prossimi giorni, Azenete, la madre di Brenda. Due avvocati di Perugia, Walter Biscotti e Nicodemo Gentile (che hanno difeso Rudy Guede, l´ivoriano condannato per il delitto di Meredith), hanno accettato di rappresentare i parenti della trans. Il caso rimane intricato: ogni certezza ha il suo contrario. Incidente o omicidio? Il dubbio resta.
(ha collaborato Maria Elena Vincenzi)
ANNA MARIA LIGUORI
ROMA - «Vi chiedo scusa. Per tutto quello che di male è dipeso da me. Non avrei voluto che finisse così». Dopo tre giorni di silenzio Piero Marrazzo, dal monastero di Montecassino dov´è in ritiro spirituale, ha inviato uno stringato sms ai suoi più stretti collaboratori, quelli che gli sono costantemente vicini, quelli che lo esortano ad andare avanti. Lo ha fatto - dicono - dopo «una notte terribile con l´incubo di quella tragica morte appena avvenuta», una notte passata insonne nella sua cella all´abbazia, prima di decidere di fare ieri una piccola fuga a Roma, qualche ora con la famiglia e tornare indietro in serata. Era stata proprio la moglie il giorno prima a dirgli della fine di Brenda, una delle trans che ha avuto degli incontri con lui, ed è sta sempre lei a chiedergli di stare tranquillo. «Con la moglie si è sentito molte volte - dice uno dei collaboratori nello staff alla Regione - è con Roberta che parla di più». Le ore successive sono trascorse in un´altalena di sentimenti. Chi era con lui ammette che l´ex governatore del Lazio «è preoccupato per le conseguenze che quest´ultima vicenda potrebbe avere sui suoi, ma allo stesso tempo, e nonostante il turbamento, è ormai psicologicamente lontano da tutta la vicenda, è come se avesse profondamente girato pagina». Ma nella Capitale restano le tre figlie. «Qualcuno in famiglia ha proposto di mandarle via per un po´, di tenerle lontane da questo putiferio, di far calmare le acque e poi farle tornare - spiega un´amica di vecchia data - una decisione del genere potrebbe anche essere presa». Ci si penserà: intanto ieri sera Marrazzo è rientrato nel monastero da dove non esce mai durante il giorno. Il personale dell´abbazia non l´ha mai visto, non lo conosce Antonello che da vent´anni lavora nel piazzale antistante, né lo hanno mai visto passare il guardiano e il portiere. «Solo una piccola auto entra o esce la mattina presto o la sera tardi, forse dentro c´è lui», dicono. Ma una sorpresa oggi gliela farà il presidente del consiglio regionale Bruno Astorre che nei giorni scorsi ha dato mandato di pagare ugualmente lo stipendio all´ex presidente della regione, stipendio che Marrazzo stesso aveva congelato dopo le dimissioni.
LA STAMPA
3 luglio
Il blitz
Blitz di quattro carabinieri in un appartamento di Via Gradoli, 96. Piero Marrazzo viene filmato in compagnia di un trans, Natalie (foto).ROMA
Brenda è morta per asfissia. Aveva i polmoni saturi di ossido di carbonio. Insomma, del fumo che si è sprigionato dall’incendio del trolley. La tac, invece, ha escluso lesioni interne. Nessuna traccia di colluttazione, di tentativo di resistere a un’aggressione. Sono questi i primi risultati dell’autopsia sul corpo di Wendell Mendes Paes, alias Brenda, effettuata ieri pomeriggio all’Istituto di medicina legale del Policlinico Gemelli dall’équipe del professore Vincenzo Pascali.
Il giorno dopo il ritrovamento del corpo senza vita del trans Brenda, coinvolto anche lui nell’affaire Marrazzo, i primi risultati dell’autopsia cominciano a consegnarci i primi punti fermi del giallo della morte del viado.
Va detto subito che la tesi prevalente che la Procura di Roma sta coltivando è quella dell’«omicidio volontario». Ieri mattina, ancora una volta, gli uomini della Scientifica e della Mobile sono tornati nell’appartamento di via Due Ponti 180. Un nuovo sopralluogo sulla scena del crimine, altri prelievi di reperti da analizzare. Sono state rinvenute delle confezioni di un sonnifero, il «Minias», alcune aperte altre chiuse.
Le indagini si muovono su diversi piani. Quello della scena del crimine, e qui si dovranno aspettare i risultati delle analisi della Scientifica sui reperti raccolti nell’appartamento. Dopo l’autopsia, dovranno essere effettuati gli esami tossicologici, istologici e del test per l’alcol.
Dando ormai per certo che Brenda non è stato aggredita, bisogna capire se era ubriaco, se aveva ingerito dei tranquillanti-sonniferi. Naturalmente, gli investigatori stanno anche lavorando sul possibile movente dell’omicidio, e sui piccoli gialli da risolvere. Per esempio, quello dei cellulari che erano nella disponibilità del viado. Il suo storico gli fu rubato la notte dell’8 novembre da una banda di romeni, mentre batteva in via Biroli. Ma ne aveva almeno altri due. Quello che hanno trovato gli investigatori nella sua casa non aveva in memoria né foto né video. Ma ai carabinieri che lo interrogarono per la vicenda Marrazzo lasciò un altro numero di cellulare, diverso ancora da un altro dato ai carabinieri la notte che denunciò il furto del suo cellulare, l’8 novembre.
Gli esperti informatici devono poi «aprire» il computer trovato nell’abitazione. Una vera stranezza: l’acqua del rubinetto della cucina scorreva sul computer. Brenda ha sempre detto di aver cancellato quel video che riprese con il suo cellulare durante un incontro con Piero Marrazzo e un altro trans, Michelly. Immagini non rubate e mai messe in vendita sul mercato dei media. Ma aveva anche detto che quel video l’aveva fatto vedere in giro, ai clienti o agli amici trans. Nel computer potrebbe essere recuperata una copia di quel video?
Nella comunità dei trans si è parlato molto, in queste settimane, dei clienti «eccellenti». E il gossip che ha travolto i salotti della Capitale non ha risparmiato nessuno: ministri, ex ministri, uomini delle istituzioni, sportivi, direttori di quotidiani. Rino Cafasso, il pusher-protettore dei trans, morto a settembre (forse) per overdose di cocaina. Adesso Brenda. Due morti diverse con un unico comun denominatore: il caso Marrazzo./
GUGLIELMO BUCCHERI SULLA STAMPA
Quattordici scalini, un corridoio stretto e color polvere e, poi, otto porte di ferro rosso ed una bianca. Il numero è l’1, la lettera la F: è in uno spazio di pochissimi metri quadrati, forse dieci che il transessuale Brenda è morta asfissiata. La casa, o meglio il tugurio, appare come un luogo dell’orrore. Spazzatura, un materasso bruciato, le molle in evidenza e sotto al letto due bottiglie, apparentemente di alcolici. Il soppalco non si vede perché è buio, ma, una volta sul retro del palazzo, è il senso di precarietà che ti assale: il mini-appartamento da dove Brenda sarebbe stata presto sfrattata ha un’uscita secondaria, chiusa da un cancello e nascosta in un altro sottoscala. «Queste sono tombe, sì vere e proprie tombe. Guardate le bombole del gas, ovunque e non in sicurezza. A queste poveracce chiedono 500 euro, ma so che pagano anche di più: è due anni che non facciamo un’assemblea di condominio... E pensare che chi ha costruito queste schifezze è un noto imprenditore», racconta la donna che alle 4 e qualche minuto di venerdì ha dato l’allarme perché il fumo usciva da una fessura laggiù al piano che non c’è.
Brenda è morta. Le amiche, o presunte tali, parlano. Lo fanno con frenesia, a scatti, assalite dalla paura. C’è Thyanna, l’amica più vicina alla sfortunata brasiliana, che sale e scende dalle scale della palazzina G. «No, non nominiamo più il nome Marrazzo. Non capite che porta sfortuna a chi lo pronuncia? A Brenda volevo bene, stavamo spesso insieme ed ora non so cosa pensare. Forse ammazzeranno pure me? E, poi, la mia migliore amica? Fatemi credere che è stato tutto un incidente...», così Thyanna. Le lacrime gli bagnano il volto, capelli corti, tuta da benzinaio addosso: da qualche ora, per lei, il decreto di espulsione dall’Italia. «Non me ne vado, voglio restare vicina a Brenda... Sì, è vero, prendeva delle medicine per dormire, ma non si è suicidata», e la porta si chiude. All’interno, voci, un uomo e, sullo sfondo, la tv accesa su un canale hard. In via Due Ponti, civico 180, vivono decine di famiglie, bambini appena nati e ragazzi che, adesso, appaiono e scompaiono in balconi pieni di vestiti appesi e parabole. Tutto attorno, vicoli, varchi, garage semidistrutti, odore di cucina. «Era sempre ubriaca, alle 3 del mattino la musica ci assordava, urla e rumore non ci facevano dormire. E, poi, tutte quelle grandi macchine qua sotto: io, l’altra notte, ero a Bologna...», racconta Valentin, camionista moldavo che ci apre casa. La moglie è in Ucraina, per terra c’è polvere ovunque perché, spiega, «i vigili del fuoco hanno buttato giù il mio portoncino credendo che il fuoco avesse invaso anche la mia stanza». Sul piano rialzato, abitano tre nuclei familiari e, poi, Camilla, alta, capelli neri e lunghi, maglietta rossa e scarpe con i tacchi. «Chi fa bene il nostro mestiere sa che il massimo riserbo sui clienti è la prima regola: le ragazze che cercano visibilità sono barbone. Io viaggio fra Roma e Milano, non ho sentito niente, non ho visto niente», racconta la vicina della povera Brenda.
Al numero 180 si arriva passando sotto ad un ponte a gomito, una svolta che fa da confine fra la strada dei circoli privati, dei vip, dei residence e il nulla, o quasi. «La polizia le deve proteggere, le transessuali sono solo l’anello debole di una storia che coinvolge politici e forze dell’ordine corrotti. Questa è una storia - così Imma Battaglia, la presidente di Gayproject - indegna dell’Italia, serve verità e se c’è una lista di persone importanti che venga fuori perché qua ci sono esseri umani che hanno paura». Paura come quella che prova Thyanna o Barbara che denuncia «un inseguimento, forse di un carabiniere su un motorino...». Stupore, quello che arriva fin dentro al Brasile dove, assicurano le amiche di Brenda, «da quando è scoppiato tutto questo caos le televisioni parlano di noi». Dalla tv lo ha saputo la mamma di Brenda, Azenete. Nelle prossime ore, accompagnata dal fratello sbarcherà a Roma perché, spiegano i legali della famiglia Wendel Mendes, «chiede verità e giustizia». Gli avvocati scelti per ottenere giustizia sono gli stessi che assistono Rudi Guede nel processo di Perugia per la morte di Meredith, Nicodemo Gentile e Walter Biscotti.
Brenda non c’è più, morta asfissiata dal fumo. «Vedrai che il computer sparirà... Non aveva video, ma solo alcune foto che ha distrutto», così l’amica Thyanna dove per fotografie sembra intendersi quelle dell’ex Governatore Marrazzo. «Era da un po’ di tempo che la vedevo dal balcone usare il computer. Rimanevo colpita perché queste qua non sanno fare niente», sussurra la signora dei piani alti. E, dal balcone, c’è chi agita un bastone contro flash e taccuini mentre per le vie di Roma sfila il corteo «Riprendiamoci la notte» con trans e lesbiche in prima fila.
Le immagini della casa
GUIDO RUOTOLO
Nessun investigatore crede all’ipotesi dell’omicidio perché la scena del crimine non lascia dubbi. «Ma siccome - spiegano sia alla Mobile che al Ros dei carabinieri - la vittima, Brenda, è coinvolta nella vicenda Marrazzo, non si può escludere a priori questa possibilità». E dunque, se non è omicidio (il suicidio è escluso), il trans è rimasto vittima di un incidente domestico o, in via subordinata, di un avvertimento che si è trasformato in tragedia.
Va subito detto che per risolvere il «giallo» di via Due Ponti 180 si devono aspettare i risultati delle analisi della Scientifica sui reperti presi a campione nell’appartamento e, naturalmente, gli esami tossicologici avviati dai consulenti anatomo-patologi della Procura di Roma.
Conviene allora partire dalla scena del crimine per tentare di ricostruire gli ultimi istanti di vita di Wendell Mendes Paes, alias Brenda. Le testimonianze dei trans sono discordanti sull’orario in cui Brenda torna a casa. Tra le due e le tre del mattino. Prima di lasciare la strada, il viado dice di voler andare a dormire e chiede un sonnifero. A casa saranno trovate confezioni di Minias, alcune aperte.
Arriva dunque nel suo appartamentino sottoscala. Poco dopo le quattro il fumo, l’allarme, l’arrivo dei vigili del fuoco e del 113. Al di là degli esami tossicologici, la chiave per svelare il mistero, il giallo, sta nei reperti da analizzare. Perché il primo problema da risolvere è cosa ha determinato l’incendio. I vigili del fuoco escludono che ad appiccare il fuoco al trolley sia stata la benzina. Nell’appartamentino sono state trovate delle candele profumate, e dell’incenso con il suo bracerino.
Proviamo a immaginare l’incidente domestico. Brenda torna a casa. Probabilmente ha bevuto. Va in cucina e ingerisce il sonnifero, lasciando semiaperto il rubinetto. Sale sul soppalco e sprofonda in un sonno profondo. Entrando, il trans ha acceso una candela oppure l’incenso. E’ il fuoco che si è propagato incendiando il trolley. Forse le analisi della Scientifica potranno trovare tracce di questo nel campione di poltiglia del trolley che fu.
Ma chissà se l’incendio è partito da un cortocircuito. Sotto la branda con il materasso bruciacchiato si vede una prolunga di corrente. Il filo che sporge verso la parete è bruciacchiato.
Se fosse andata davvero così? Brenda che si addormenta e che non ha la forza di alzarsi, di scendere dal soppalco, di aprire la finestra o la porta? Il suo corpo senza vita è stato trovato accanto al letto. I primi risultati dell’autopsia dicono che i suoi polmoni erano saturi di fumo. Insomma che ha respirato quel fumo fino alla morte. Se fosse stato avvelenato, per esempio, se la morte l’avesse raggiunto prima, i polmoni non sarebbero stati saturi. Comunque, davvero occorre aspettare i risultati tossicologici.
Per sposare la tesi dell’omicidio bisogna intanto risolvere il problema delle chiavi. Quando sono arrivati i vigili del fuoco e il 113, la porta d’ingresso era chiusa con una doppia mandata. E all’esterno non c’erano tracce di fuoco. Dunque, l’assassino aveva nelle sue disponibilità una copia delle chiavi. Non è escluso perché Brenda, secondo i racconti degli amici trans, quelle chiavi le aveva date anche ad amici. E allora l’assassino è sicuramente un amico o comunque è riuscito a entrare in possesso di un mazzo di chiavi.
Lasciamo stare il movente. Allora Brenda arriva a casa, va a letto, si addormenta. L’assassino arriva dopo - la tac dell’autopsia ha escluso lesioni interne, insomma esclude la colluttazione - e per uccidere la sua vittima che fa? Appicca il fuoco al trolley. Poi esce e chiude a chiave la porta. Con il rischio che Brenda si svegli, apra la finestra o la porta. Insomma, si metta in salvo.
E deve avere seguito Brenda. I trans sono degli irregolari, non hanno orari. O l’assassino l’aspettava in via Due Ponti? E se il piromane avesse voluto soltanto mandare un avvertimento? Per quale sgarro, poi? Per la storia Marrazzo? Per i segreti che custodiva nel suo computer trovato sul lavabo della cucina bagnato? E perché allora non se l’è portato via?
MATTIA FELTRI
Dicono e scrivono Brenda al femminile o al maschile, per come gli esce sul momento dalla bocca o dalla penna. Tutto buono: lo spiega anche il dizionario Devoto-Oli, «transessuale», aggettivo e sostantivo, maschile e femminile, da declinare a seconda della massima confusione. Il guazzabuglio lessicale riflette il guazzabuglio quotidiano e infatti, ecco, ci sono questi ragazzi che si rifugiano dietro al nickname e preoccupati chiedono all’esperto, o agli interlocutori telematici, se essere andati con i trans significhi essere omosessuali, e le risposte sono spettacolari: dipende da che cosa ci hai fatto, dipende se eri passivo o attivo, dipende da che cosa precisamente ti attraeva.
Qualche anno fa, ai preamboli di un’intervista, Vladimir Luxuria (genitali da uomo, cervello da donna) disse che preferiva essere interpellata al femminile, ma non si sarebbe offesa per il contrario. «La definizione di sé è il primo diritto», dice oggi. Le persone (i maschi) che rivendicano la loro parte femminile, dice Luxuria, e che la manifestano porgendola all’esterno, nell’abbigliamento e nelle maniere, hanno il diritto di essere riconosciute al femminile sin dall’impiego del linguaggio. Ricorda le battaglie linguistiche del femminismo, quando tutto era e un po’ è rimasto - tranne qualche caso di politicamente corretto che costeggia il ridicolo - al maschile, e specialmente le cariche: sempre il ministro, sempre il presidente eccetera. Ma insomma, a nessuno verrebbe in mente di usare il femminile per indicare il trans del Grande Fratello, quel Gabriele che fu donna e oggi, ogni mattina, si regola il pizzetto.
E’ una babilonia, si va a trans terrorizzati dall’eventualità di essere scoperti, interminabili file notturne di maschi che le teorie accademiche vogliono smarriti, complessi di Edipo all’opposto e cose così, file di maschi ancora più terrorizzati dall’ipotesi della loro omosessualità, potenziale o già espressa. Non sanno che pensare della propria indole. Non sanno se sono andati con un trans o con una trans, non sanno che cosa era, se prevaleva nell’aspetto e nel desiderio la parte sopra o la parte sotto. Negli Stati Uniti si è pensato di risolvere la questione con una trovata semantica, un compromesso storico dell’erotismo: i trans si dicono shemale, o she-male, che tradotto alla lettera sta per «lei-maschio». Oppure, se è una donna diventata uomo, si dice hemale, «lui-femmina», sebbene sia un termine che circola molto meno. L’importante, osservano i trans (transessuali e transgender, ulteriore distinzione che, se approfondita, complicherebbe parecchio la già complicata questione), è non usare il vocabolo «viado», che niente ha a che vedere col luogo d’esercizio - la via - ma deriva dal portoghese «deviado» e cioè deviato.
Per il resto ognuno può pensare quello che vuole di Elisabetta Gardini e di Vladimir Luxuria, su chi delle due abbia le idee meno chiare, se la prima che si inalberò perché la seconda pretendeva di usare a Montecitorio il bagno delle donne, o la seconda che pretendeva di usarlo perché donna si sente e certamente non imbratta il water. Poi le due fecero pace e la Gardini, che vive dalle parti di via Gradoli, quella della commedia e della tragedia, dice che le transessuali sono tanto gentili, tanto per bene, e però dal parrucchiere di sua frequentazione non le fanno entrare: «Ci lascino almeno quest’angolo di gineceo». Perché, ecco, i maschi saranno disorientati, ma le donne si scoprono disarmate.