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 2009  novembre 21 Sabato calendario

VARI ARTICOLI SU BRENDA (ULTIMA SCHEDA)


QUEL PC IMMERSO NELL’ACQUA E LE TRACCE DI VITA DISPERATA di LUCA LIPPERA, Il Messaggero, 21/11/2009
ROMA Una possibile lista di clienti d’’alto bordo”, i rapporti con Piero Marrazzo, le voci sull’esistenza di altri video, la trasgressione sessuale, la droga, l’alcol, le notti oltre l’estremo. Se per ”vivere” e ”prosperare” un giallo ha bisogno di elementi, il turbine che ha portato alla fine di Brenda, la trans da cui nacque il ricatto all’ex presidente della Regione Lazio, ne fornisce tali e tanti da sfiorare la perfezione. Nessuno al momento sa dire se ”Brendona” così la chiamavano gli intimi sia morta per un incidente nato dall’ubriachezza e dalla depressione o se qualcuno stia tentando di spacciare per un incidente un omicidio calcolato nei minimi dettagli. Ma una certezza c’è: una storia così pare quasi il parto di un professionista Agatha Christie o Fred Vargas, dipende dai gusti con fatti che portano da una parte, ipotesi che spingono altrove, misteri, più persone con un movente, ombre eccellenti che aleggiano sullo sfondo. Non resta dunque che affidarsi ai pochi punti fermi emersi finora, tutti comunque con una potenziale duplice lettura. Anche se, almeno per ora, il reato formalmente ipotizzato dalla Procura è omicidio volontario.
Il luogo. La transessuale Brenda è stata trovata morta nel letto di un monolocale seminterrato in via Due Ponti 180. La strada è tra la Cassia e la Flaminia nella semi-periferia nord. L’abitazione, un tugurio, è grande una ventina di metri quadrati. Dall’ingresso si accede direttamente a uno stanzone e subito sopra l’ingresso, quasi perpendicolarmente, c’è un piccolo soppalco con il letto della vittima. La porta era chiusa dall’interno. I vigili del fuoco per entrare hanno dovuto forzarla. Ma non è chiaro se la serratura avesse più mandate.
Il fuoco. L’incendio sarebbe partito da un borsone di plastica all’ingresso del monolocale. All’inizio, nelle prime ore di ieri mattina, si è parlato di una sostanza infiammabile sulla sacca o nei pressi della sacca. Successivamente gli investigatori hanno chiarito che la ”valigia” (un trolley con i bagagli di Brenda, evidentemente pronta a partire) era di materiale infiammabile. Ma comunque la si metta, un borsone, è chiaro, non prende fuoco da sé. I vigili del fuoco, dopo il primo intervento, hanno fatto diverse ipotesi. La prima: la transessuale, prima di buttarsi sul letto, potrebbe aver gettato distrattamente una cicca di sigaretta e da lì potrebbe essere partito tutto. La seconda: la sacca forse era poggiata su una presa di corrente e il calore potrebbe aver fatto il resto. La terza: la brasiliana, già a letto, stordita dall’alcol, potrebbe aver lasciato cadere una sigaretta accesa dall’alto, innescando le fiamme. Tutte ipotesi, però, suonano un po’ traballanti. Nessuno ieri sera se la sentiva di escludere che il borsone, la sigaretta, e il resto, altro non siano che gli elementi di una studiatissima messinscena.
Il fumo fatale. Brenda, stando al primo esame del medico legale, è morta per intossicazione da fumo. Sul corpo non è stato trovato alcun segno di violenza. Ma l’autopsia verrà eseguita al Policlinico ”Gemelli” lunedì e soltanto dopo l’esame l’inchiesta acquisirà qualche certezza in più. Il fumo e le esalazioni: un binomio fatale in moltissimi altri incendi domestici: incidenti, nulla di più. Un assassino, ragionano gli investigatori, non si affiderebbe certo al fumo per uccidere: troppo lento, troppo incerto. A meno che, ovviamente, non ci fosse dell’altro: un piano. La transessuale brasiliana potrebbe essere stata stordita, con l’alcol, con la droga, con tutti e due, e solo dopo qualcuno avrebbe appiccato il fuoco. Un assassino che avrebbe atteso, in questo caso, la saturazione dell’ambiente e solo dopo lo avrebbe lasciato, certo che il destino della vittima si sarebbe compiuto.
Il computer. un giallo nel giallo. Forse la chiave di tutto. La memoria potrebbe contenere, o aver contenuto, uno o più video sugli incontri di Brenda con i clienti, i loro nomi, magari le loro foto. Ormai non ci si meraviglia più di nulla. Il portatile è stato trovato nel lavandino del bagno: bagnato d’acqua, ma non immerso nell’acqua. Una delle ipotesi è che il pc sia stato investito da un getto durante l’intervento dei vigili del fuoco. Ma i pompieri non hanno memoria della circostanza e comunque il gabinetto è in un ambiente separato rispetto al monolocale. E allora? Il dettaglio dà fiato al mistero. Qualcuno, per confondere le cose, potrebbe di nuovo aver simulato un tentativo di danneggiamento dopo aver preso in realtà ciò che interessava. Per sé o per altri, i potenziali mandanti di un omicidio.
Il whisky. Ne è stata trovata una bottiglia, non lontana dalla valigia-trolley. La transessuale, secondo una delle ultime persone che lo hanno visto in vita, giovedì sera aveva già bevuto di brutto. Ma perché lasciarla all’ingresso accanto alla valigia? Una bottiglia di whisky misteri che ricorrono, pure coincidenze spiccava anche accanto al corpo di Sergio Castellari, il dirigente dello Stato che seguì la vicenda Enimont e fu poi trovato morto in un campo, scarnificato dagli animali, a Sacrofano. Omicidio o suicidio, non si è mai capito del tutto.
L’allarme. I vicini di Brenda hanno dato l’allarme non solo perché hanno visto il fumo ma anche perché un po’ prima avevano sentito «un gran trambusto» nel seminterrato. I dettagli sono piuttosto confusi. Trambusto: forse l’incedere confuso di una persona sotto l’effetto dell’alcol e della droga, forse l’estremo tentativo di una vittima che ha trovato in casa qualcuno, lo ha guardato in faccia e ha letto la fine sul suo volto.

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JOICY LA "SPIA" ADESSO HA PAURA: «CONOSCO QUEI QUATTRO, MA IN QUESTA STORIA NON C’ENTRO» di GIOVANNI MANFRONI, Il Messaggero, 21/11/2009
ROMA - «Ho paura, ma resto qui. Da Roma non me ne vado». Joicy parla quasi senza prendere fiato. Lei, una trans brasiliana di oltre 30 anni e in Italia da più di dieci, per molti altri trans sarebbe amica dei carabinieri coinvolti nella vicenda Marrazzo e di altri. Per questo tra le vie strette tra largo Sperlonga, via Biroli e via dei Due Ponti, è considerata una spia. «Mi danno dell’infame - si sfoga - ma questo solo perché nel 2005 ho avuto a che fare con quei carabinieri perché ho denunciato un giro di prostituzione e papponi che stavano terrorizzando molti di noi. Non si poteva più vivere. Per questo ora ce l’hanno con me». E per questo, da quando è esploso il caso che ha coinvolto l’ex governatore del Lazio Piero Marrazzo, Joicy è, per molti, la trans che custodirebbe l’altro famoso video che gli investigatori starebbero cercando. «E’ tutto assurdo - dice quasi gridando - da quando è venuta fuori la storia di Marrazzo cercano di tirami dentro dicendo che ho io il video perché sono amica dei carabinieri».
Un’amicizia che sarebbe nata quattro anni fa, quando a Joicy, dopo l’arresto degli sfruttatori, fu offerta anche protezione «viste le minacce che mi arrivavano tuttora. Per questo sono vista come un’infame - prosegue - Certo li conosco - dice riferendosi ai carabinieri coinvolti nel caso Marrazzo - Ho collaborato con loro in quell’occasione ed è normale che quando li vedevo li salutavo. Ma questo non vuol dire che c’entro in tutta questa storia».
Di questa vicenda Joicy non ne vuole sapere nulla. Parla di vecchie invidie, di storie di droga, di alcol, di personaggi finiti male, di Brenda: «Mi dispiace molto per lei. Non avevo nulla contro Brenda come molti vogliono far pensare. Non eravamo amiche ma lavoravamo in strada a poca distanza. Da lontano l’ho vista anche la sera in cui poi è morta. Faceva una vita che non condividevo ma non per questo non la ritenevo una brava persona. Erano spesso in gruppo, bevevano, si drogavano. Io tutto questo non l’ho mai fatto. Da quando sono in Italia non ho mai avuto problemi. Quello che è successo è orribile. Perché mi tirano in ballo? E’ l’invidia a farle parlare. Solo l’invidia, perché io non ho mai avuto problemi con la giustizia».
Un’invidia e un disprezzo cresciuto negli anni. Da quella denuncia fatta nel 2005: «Vivo con la paura ormai da quattro anni - ammette con una calma quasi inquietante - Ma cosa dovrei fare? Faccio la mia vita, sono una persona tranquilla che no ha mai fatto male a nessuno. Non sono quella che descrivono. Molti dei trans brasiliani che ho denunciato ce l’hanno con me. Infatti io ho solo amici italiani e frequento trans colombiani o argentini. Con gli altri non voglio avere nulla a che fare».
Joicy prende fiato, poi continua: «Quando mi sono svegliata - ricorda - ho acceso la televisione e ho sentito quello che era successo a Brenda. Non so davvero cosa pensare ma sicuramente per la vita che faceva, quella di finire male era una delle possibilità. Ora cosa succederà? Non so davvero che dire. Spero che mi lascino in pace». E non vuole sentir parlare nemmeno di Natalie, l’altro trans al centro della vicenda Marrazzo: «Lei è una persona brutta - spiega - Non ha amici. Nessuno le sta vicino perché è cattiva. Io non sono così e molte persone ancora non lo hanno capito e mi accusano per quello che ho fatto nel 2005. C’era un’organizzazione criminale che stava facendo cose bruttissime. Ho aiutato le forze dell’ordine a riportare la tranquillità dove era persa. Chiunque avrebbe fatto la stessa cosa e non sono stata l’unica».
Ora Joicy vuole cambiare vita, lasciare il marciapiede e inseguire un sogno: «Voglio diventare stilista - racconta recuperando il sorriso per un attimo - Lo facevo già in Brasile e lo voglio fare anche in Italia. Per questo sto facendo un corso da sarta. Voglio mollare tutto. Già ho ridotto le mie uscite in strada perché questa vita non fa più per me. Soprattutto dopo quello che è successo», conclude prima di prepararsi per un’altra notte in strada pensando a un sogno ancora troppo lontano.

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BRENDA MUORE NEL FUOCO, I PM: «OMICIDIO» - di PAOLA VUOLO, Il Messaggero, 21/11/2009

ROMA- L’hanno trovata i vigili del fuoco, asfissiata dal fumo dell’incendio che si era sviluppato dentro casa. Brenda era nuda, avvolta in un lenzuolo, sul pavimento del soppalco della sua casa. La trans coinvolta nello scandalo che ha travolto il presidente della Regione Piero Marrazzo è morto ieri all’alba, verso le 5 del mattino, la procura di Roma indaga con l’ipotesi di omicidio volontario. Il sospetto degli inquirenti è che Wendell Mendes Paes, questo è il vero nome del viado, 32 anni, brasiliano, sapesse molto di più di quanto ha raccontato agli atti dell’inchiesta. E non solo sulla vicenda Marrazzo, e sull’esistenza di un secondo video e di alcune foto compromettenti, ma, forse, anche su altri vip ricattati.
La trans era forse l’anello di congiunzione tra altri ricattati e ricattatori?
Gli inquirenti della Mobile guidata da Vittorio Rizzi hanno ricostruito le ultime ore della trans. Brenda giovedì sera è all’Acqua Acetosa, zona Cassia, a nord di Roma, con un’amica, Barbara, beve whisky e compra dei tranquillanti in una farmacia notturna. In una strada poco lontano, via Biroli, una decina di giorni fa Brenda è stata rapinata fa da una decina di romeni che le hanno preso il telefonino, il pomeriggio, in via Due Ponti, dove viveva il trans, c’era stata un’altra rissa con dei romeni.
L’ultima notte Brenda torna a casa in taxi. Qualche ora dopo una vicina chiama i vigili del fuoco perché il seminterrato dove vive la trans sta andando a fuoco.
I vigili sfondano la porta di metallo, dietro c’è un trolley completamente bruciato, le fiamme sono partite dal borsone, vicino c’è anche una bottiglia di whisky, e nel lavandino c’è il computer di Brenda sotto l’acqua corrente. La trans doveva lasciare la casa, era stato ”sfrattata” dal proprietario, aveva le valige pronte, due sul soppalco: aveva venduto anche il computer ad un amico. Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo ed il sostituto Rodolfo Sabelli esaminano gli elementi acquisiti: il portone d’ingresso chiuso con due mandate, la chiave appesa alla parete, il punto in cui si è sviluppato il fuoco, l’assenza di tracce di innesco e di mozziconi. Per gli inquirenti è probabile che l’assassino avesse le chiavi di casa di Brenda. Il computer trovato nel lavandino, un mistero nel mistero: chi ce lo ha messo, e perché? E’ stata Brenda? Oppure qualcuno che voleva mandare in tilt il pc forse per distruggerne la memoria? In casa non ci sono tracce di colluttazione e sul corpo di Brenda nessun segno di violenza.
Brenda è stata uccisa o è morta per disgrazia? Gli inquirenti non escludono la pista dell’incidente domestico, e hanno valutato anche l’ipotesi del suicidio, ma questa ultima pista è quella meno credibile. E diventa sempre più intricata e misteriosa questa storia di sesso e di droga che ha fatto saltare il Governatore del Lazio. La morte di Brenda avviene dopo quella di Gianguarino Cafasso, stroncato da un’overdose di cocaina nel settembre scorso. Era lui il pusher che, secondo i carabinieri coinvolti nel caso, girò il filmato di quanto avveniva nell’appartamento di via Gradoli dove vive Natalie, l’altra trans coinvolta nella vicenda di Marrazzo. La morte di Cafasso ha insospettito la procura di Roma che ha disposto una serie di accertamenti tossicologi per appurare in maniera chiara le cause del decesso. Brenda era stata ascoltata, nei primi di novembre, come testimone, l’audizione del viado di fronte al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli doveva chiarire anche l’esistenza di un secondo video in cui apparirebbe Piero Marrazzo e del quale hanno fatto cenno alcune trans.
Marrazzo e Brenda si conoscevano, lo stesso governatore il 2 novembre scorso, aveva raccontato agli inquirenti dei suoi rapporti con Brenda. «Ho avuto incontri di questo tipo con un certo Brenda. Nè Brenda o Natalie mi hanno mai chiesto del denaro o ricattato in relazione a foto o video che mi ritraevano. Non sono a conoscenza di video o foto scattate da Brenda in occasione di questi incontri ma il mio stato confusionale negli stessi dovuto all’assunzione occasionale della cocaina non mi mette in condizioni di saperlo». L’avvocato di Marrazzo, Luca Petrucci, dice di temere per l’incolumità dell’ex governatore: «Chiedo e spero - dice - per questo motivo che non gli venga tolta la scorta».
L’autopsia sul corpo di Brenda, si svolgerà tra oggi e lunedì prossimo, e gli esami tossicologici potranno fornire un quadro più chiaro della vicenda. Gli inquirenti hanno disposto una consulenza tecnica sul computer per verificarne il contenuto. «E’ presto per costruire un teorema politico, facciamo lavorare gli inquirenti - dice il sindaco di Roma Gianni Alemanno - ci sono possibili scenari inquietanti ma potrebbe anche essere qualcosa di più drammaticamente banale».

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VIVEVA NEL TERRORE, ALLE AMICHE AVEVA DETTO: VOGLIO TORNARE IN BRASILE di CRISTINA MANGANI, Il Messaggero, 21/11/2009
ROMA - Il viso un po’ gonfio, i lunghi capelli neri, le misure esagerate, la trentaduenne brasiliana Brenda (o meglio Blenda, come ha detto di chiamarsi all’ex governatore del Lazio, Piero Marrazzo) ha avuto il suo momento di notorietà quando, assalita dai fotografi e le telecamere, ha provato a raccontare mezze verità, versioni poi smentite dai fatti. «Non conosco Marrazzo, non ho mai avuto incontri con lui». Fuori dagli obiettivi, davanti alle domande dei carabinieri del Ros ha ammesso, invece, di averlo avuto come cliente: «un paio di volte, non di più». Con la sua maglia bianca, i jeans attillati e quella bocca innaturale accesa da un rossetto rosa forte, è sembrata subito l’anello debole di questa catena di misteri e ricatti. Dedita all’alcol, il suo vero nome era Wendell Mendes Paes, conosciuta come Ballantynes, si drogava - dicono le amiche - e ora aveva anche perso i clienti, perché quella storiaccia di ricatti e filmati non poteva piacere a chi chiede riservatezza e discrezione. Le ultime volte che è stata risentita dagli inquirenti ha cambiato nuovamente versione e ha ammesso anche l’esistenza di un altro video, non quello sequestrato dai pm, ma uno più lungo, dove con un secondo trans, forse Michelle, si intratteneva con l’ex governatore. « vero ce l’avevo - ha dichiarato al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo - Era nel mio computer, ma l’ho distrutto perché ho avuto paura».
La sensazione che l’aria era cambiata e che per lei sarebbero stati tempi sempre più duri, deve averla avuta una decina di giorni fa, quando la notte dell’8 novembre è finita in ospedale dopo essere stata coinvolta in una rissa, e aver dato in escandescenze all’arrivo dei carabinieri. Era stata aggredita, forse da dei romeni, e derubata unicamente del cellulare. La magistratura sta cercando di chiarire se quanto successo l’altra notte e quell’episodio possano essere collegati. Di certo, Brenda, ultimamente, era preoccupata, non dormiva, e continuava a bere. Nelle ore prima di morire si era prostituita nella zona del Bowling, all’Acqua Acetosa, e alle due e mezza del mattino aveva preso un taxi ed era tornata a casa. Alle amiche ripeteva: «Voglio andarmene in Brasile, ho paura».
Cosa temeva? Chi potrebbe aver avuto interesse a farla tacere? Dei suoi incontri con Marrazzo aveva ammesso solo all’inizio, per poi ritrattare. E il 2 novembre in una nuova versione, aveva dichiarato: «Non sono più sicura che sia Marrazzo la persona che ho incontrato nei primi mesi del 2009». Ma nella confusione dei ricordi, o nel timore di dire verità inconfessabili, si è scontrata, poi, con quanto ha ammesso lo stesso ex governatore: «Ho incontrato una certa Blenda - è il suo verbale - Mi sembra però di aver avuto solo due incontri con questa persona». Mentre del secondo video e di quello che conteneva, l’ex presidente della Regione ha ripetuto di non sapere.
La storia della brasiliana di via Due Ponti 180 avrebbe potuto finire qui, se non fosse che la necessità di procurarsi la droga, il bisogno continuo di soldi e di alcol, possono averla resa troppo fragile. Potrebbe aver ”tradito” i suoi clienti per aiutare qualche organizzazione criminale a preparare ricatti. I carabinieri della Compagnia Trionfale arrestati per l’affaire Marrazzo, forse rappresentano solo una parte delle minacce e dei pericoli che la trans temeva. Sapeva molte cose Brenda, o almeno questo pensano in tanti. E qualcuno potrebbe aver preferito farla tacere.
Nella casa dove è stata trovata morta, un tugurio di pochissimi metri quadri, c’era un computer che è finito sotto l’acqua corrente, ma che è come la scatola nera degli aerei: continua a mantenere intatti i suoi segreti. Verrà analizzato prossimamente e potrà forse fornire elementi utili alle indagini.
Dopo l’episdio dell’altra notte, comunque, nel quartiere alla periferia di Roma nessuno dorme più tranquillo. I trans amici di Brenda dicono che «c’è una banda di romeni che li sta terrorizzando e rapinando». Pensano tutti ad andare via e forse la stessa vittima era pronta a fuggire. Accanto alla porta dell’appartamento dove il fumo l’ha intossicata fino a ucciderla, c’erano due valigie. Un trolley, in particolare, è quello che il fuoco ha divorato con più facilità. «Non c’erano dentro documenti - dicono in Procura - ma bisognerà ugualmente tentare di analizzare il contenuto». Potrebbe nascondere qualche segreto. A una prima occhiata compaiono indumenti di scarso valore, oggetti personali della vittima, le poche cose che aveva. Nessuna fortuna c’è stata per Brenda in Italia, e la sua fine, al di là di quanto potrà rivelare l’inchiesta, appare ancora più drammatica, per le modalità e i luoghi. Nuda, riversa per terra, senza apparenti segni di violenza, ma con una bottiglia di whisky accanto, l’unica amica che forse le era rimasta.

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FU AGGREDITA E RAPINATA L’8 NOVEMBRE SCORSO DA UN GRUPPO DI ROMENI (Il Messaggero)
ROMA - Brenda, la trans coinvolta nella vicenda di Piero Marrazzo e trovata morta carbonizzata ieri mattina, era stata protagonista di una rapina con rissa l’8 novembre scorso. Intorno alle 22.30, in seguito ad una telefonata di un cittadino al 112 che segnalava un’aggressione ai danni di un trans, i carabinieri del nucleo radiomobile erano intervenuti in via Carlo Pirzio Biroli, una strada non molto distante da via Due Ponti dove il trans abitava nel monolocale in cui è stata trovata morta. Ai militari intervenuti, Brenda era subito apparsa in evidente stato di alterazione psicofisica dovuta probabilmente ad una eccessiva assunzione di alcool. Quando era stato chiamato il 118 il cittadino brasiliano aveva tentato di autolesionarsi battendo la testa su un’autovettura in sosta, procurandosi alcune evidenti escoriazioni.
Successivamente, trasportato presso il pronto soccorso dell’ospedale Villa San Pietro, dava nuovamente in escandescenza minacciando il personale sanitario con un paio di forbici da medicazione e arrecandosi delle lesioni alle braccia. Visitata, era stata infine dimessa con prognosi di 5 giorni per «traumi escoriati multipli, stato di agitazione e alito vinoso». Dalle testimonianze raccolte si era potuto stabilire che il cittadino brasiliano sarebbe stato avvicinato da alcuni ragazzi, secondo alcune testimonianze probabilmente romeni, i quali approfittando del suo stato fisico gli avrebbero portato via la borsa, restituendogliela subito dopo, priva del cellulare.

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MARRAZZO BLINDATO IN CONVENTO «PAURA PER LA SUA INCOLUMITA’» di M.EV., Il Messaggero, 21/11/2009
ROMA - Fanno quadrato, perché Piero Marrazzo non sta bene neppure ora che la sua vita è rinchiusa e protetta in una stanza di una struttura religiosa. Resta lontano dalle telecamere, lui che davanti alle telecamere era uno dei più bravi. Ma da ieri c’è un’altra ferita, un altro scossone. Il suo desiderio - «voglio essere dimenticato» - è un’illusione. La trans Brenda è morta, forse è stata uccisa. S’indaga di omicidio, è probabile che anche Marrazzo debba essere nuovamente ascoltato dai giudici. Ieri il suo avvocato, Luca Petrucci, ripeteva parole in linea con i testi di un nuovo mistero italiano: «Una svolta tragica e inquietante. Ho davvero paura per l’incolumità di Piero, chiedo e spero che non gli venga tolta la scorta». Un’ombra pesante. Marrazzo è presidente dimissionario della Regione Lazio, solo il prefetto può revocargli la scorta. Aggiunge Petrucci: «Ma aspetteremo prima di dire nel dettaglio a Piero cosa è successo a Brenda».
Da una settimana aveva raggiunto quell’obiettivo a cui aveva puntato fin dai primi giorni successivi all’inizio dello scandalo: ritirarsi in luogo religioso, lontano da tutti, con i suoi libri. Raccontano che abbia con sé alcune delle letture a cui non rinuncia mai, quelle che in condizioni normali portava avanti parallelamente, alternando un genere all’altro: le Confessioni di Sant’Agostino, le vite dei Santi, alcuni libri di saggistica usciti in questi mesi, i gialli. Può fare sorridere l’accostamento di questi libri con il grande fango che ha investito Marrazzo, ma nessuna vita, in fondo, è tutta nera o tutta bianca. Marrazzo, ora che è in ritiro, se sono vere le ricostruzioni che accennano gli amici, prova a concentrarsi sulle letture. Per lo meno quando la lucidità glie lo consente. Parla con il medico che lo ha in cura, con il consigliere spirituale. Ogni tanto legge i giornali ed è informato a sprazzi su quanto succede. Proprio qualche giorno fa aveva inviato un messaggio agli amici per spiegare che si era dimesso dalla presidenza della fondazione del Policlinico Tor Vergata, un incarico (e uno stipendio) che si era trasformato in un’altra fonte di veleni, come se in questa vicenda non ve ne fossero già abbastanza. «In questi giorni - racconta uno degli amici che misura in decenni il legame con Marrazzo - abbiamo ricevuto anche un altro messaggio, quello di Roberta, la moglie di Piero. Ci ha ringraziato perché continuiamo ad essere vicini alla famiglia. Ecco, un’altra delle cattiverie che girano e che ci ha amareggiato, è quella secondo la quale la moglie avrebbe lasciato Piero, lo avrebbe cacciato di casa. Grande bugia. Sono sempre in contatto. Se Piero ha deciso di appartarsi in questa struttura religiosa è solo per ritrovare serenità». Dicono che Marrazzo non stia bene, che alterni ancora momenti di grande depressione ad altri di una immotivata euforia, come chi sa che ormai peggio di così non potrà andare.
Raccontano gli amici, quelli che hanno aiutato a mettere negli scatoloni le foto e i libri che Marrazzo teneva nel suo ufficio in cui da un mese non è più tornato: «Nello spiegargli quanto è successo sono necessarie prudenza e attenzione. Anche perché ora, con questo omicidio, è come se si riaprisse una nuova voragine, un abisso ancora più pericoloso». Cocaina, trans, auto blu, migliaia di euro spesi con molta facilità, cifre non proprio alla portata di un qualunque cittadino, ricatti: ecco, quanto raccontato fino ad oggi era già stato sufficiente a distruggere Marrazzo. Ora c’è un morto, l’hard disk di un computer danneggiato, file misteriosi da recuperare, il richiamo a trame oscure, l’avvocato di Marrazzo che addirittura torna a chiamare in causa la banda della Uno Bianca. Troppo, per le condizioni attuali di Marrazzo.

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«POVERO PIERO FINITO IN UNA STORIA PIU’ GRANDE DI LUI» (Il messaggero)
Cosa abbiamo pensato? Che siamo di fronte a una storia molto più grande di noi. Molto più grande della Regione Lazio. Molto più grande di Piero Marrazzo». Riflette a voce alto Claudio Mancini, uno degli assessori della giunta del Lazio. Ieri mattina il palazzo sulla Colombo ha subito l’ennesima scossa tellurica. Sms che s’inseguivano, telefonate, gruppetti nei corridoi. Mancini fa un po’ la sintesi del pensiero degli altri della maggioranza: «La prima domanda che ci siamo fatti: è un omicidio, davvero la trans Brenda è stata uccisa? Se sarà confermata l’ultima versione che filtra dalla procura della Repubblica, non resta che augurarsi una cosa: che le indagini siano rapidi ed efficaci, bisogna davvero comprendere tutti i passaggi di questa storia». Quella che era cominciata come la storia di una macchinazione, per trasformarsi rapidamente in una vicenda di gossip, sesso e ricatti, ora ha un epilogo drammatico, «un giorno - racconta qualche impiegato della Regione - ricorderanno questo caso come uno dei tanti misteri italiani irrisolti, non ci facciamo più mancare nulla». Appoggiato a una parete, riflette a voce alta un collaboratore, ma anche amico da anni, di Marrazzo: «Dopo questo omicidio, mi viene da dire solo una cosa: povero Piero. Povero Piero. In che diavolo di storia ti sei trovato coinvolto. Al di là di tutti i tuoi errori. Una storia molto più grande di te». Ieri c’era chi infieriva, come Storace, predecessore di Marrazzo: «Due morti nel giro che frequentava Marrazzo, decisamente troppi...Da qualche settimana ho la certezza di non essere stato il peggior presidente della Regione». Il sindaco Gianni Alemanno era più prudente: «Mi sembra presto per costruire un teorema politico. Facciamo lavorare gli inquirenti. Ci sono possibili scenari inquietanti, ma potrebbe anche essere qualcosa di più drammaticamente banale». Alessio D’Amato, consigliere regionale Pd, richiama la saga di Millennium (la stessa citata da Marrazzo in una delle sue ultime interviste prima che emergesse il caso di via Gradoli): «La morte di Brenda è una vicenda oscura, degna di un giallo alla Larsson. Ora si faccia piena luce».

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«SIAMO STATE INSIEME FINO ALLE 2, C’ERANO CLIENTI, ABBIAMO BEVUTO» di MARCO DE RISI, Il Messaggero, 21/11/2009

ROMA - Una raffica d’interrogatori che sono durati per tutta la giornata. Ieri gli investigatori della squadra mobile hanno ascoltato decine di persone, chiunque avesse conosciuto Brenda, il transessuale trovato morto nella sua abitazione in via Due Ponti. In Questura è stato un continuo viavai di persone legate al transessuale. Negli uffici della Mobile è finito anche un uomo, conosciuto come ”China” che molto amico di Brenda. «Ultimamente aveva paura - avrebbe raccontato agli investigatori riferendosi alla vittima - Temeva che qualcuno le potesse far pagare il suo coinvolgimento nel caso Marrazzo». China, insieme ad altri trans è finito all’ufficio Immigrazione, per lui ed altre otto trans è scattato il decreto di espulsione.
Solo timori basati sul nulla? Preoccupazioni reali? Gli investigatori in queste ore stanno valutando tutte le deposizioni rese dagli amici di Brenda. Una cosa è sicura, al momento, ammettono gli investigatori: Brenda era il personaggio chiave del caso Marrazzo e di quel sottobosco illegale, fatto di ricatti, che è emerso dall’inchiesta che ha portato all’arresto di quattro carabinieri. Fra le persone ascoltate anche un’amica della trans, una prostituta chiamata Barbara. «Siamo stati insieme - ha raccontato il transessuale ai poliziotti - fino alle 2 di notte tra via Biroli e l’Acqua Acetosa, sempre zona Cassia. Lì ci prostituivamo e abbiamo bevuto del whisky. Poi io sono andata a casa».
Nel pomeriggio in Questura è scoppiata una lite tra le trans amiche di Brenda che aspettavano il loro turno per essere ascoltate dagli investigatori. Sono volati insulti fra loro nel cortile. Più tardi sono stati portati via con le ”volanti” all’Ufficio Stranieri. «Conoscevo Brenda - ha raccontato una di loro alla polizia - Ultimamente era molto agitata a causa di un’aggressione accaduta qualche giorno fa. Credo a causa di alcuni romeni che l’hanno picchiata e rapinata del cellulare. Ricordo che Brenda era spaventatissima». Gli investigatori stanno effettivamente indagando su un gruppo di romeni che da quanche tempo terrorizzerebbe la comunità trans di via Due Ponti. «Nessuno l’ha aiutata - ha aggiunto la trans Barbara - Brenda era distrutta, impaurita e aveva perso i clienti dopo il clamore del caso Marrazzo. Voleva fuggire dall’Italia ecco perché sono state trovate le valigie nella sua abitazione».
In serata, invece, è emersa un’altra versione della fuga: pare che Brenda dovesse lasciare l’appartamentino di via Due Ponti non tanto per paura quanto per esigenze del proprietario che le aveva chiesto di liberare il locale. I poliziotti hanno domandato ad alcuni ”viados” e anche all’uomo che era legato a Brenda, se il transessuale ucciso potesse avere materiale scottante. Se per caso potesse avere filmini o qualcosa di simile che riguardessero nomi eccellenti. Ma su questo punto il riserbo degli inquirenti è totale.
Del computer ha parlato Veronica, altra amica di Brenda: «L’ho acquistato io qualche giorno fa. Un computer normalissimo che ho anche pagato poco». Una testimonianza quest’ultima importante. Gli investigatori hanno sequestrato il pc proprio per vedere se vi sia del materiale interessante. Gli interrogatori si sono concentrati sugli ultimi giorni di Brenda. «Era molto giù. Dopo l’aggressione era stata portata in ospedale e aveva avuto una crisi di nervi. Credo prendesse tranquillanti ma comunque beveva lo stesso alcol», ha aggiunto Barbara. Su questo i racconti concordano: Brenda aveva paura che le potesse capitare qualcosa di brutto e stava attraversando un periodo di profonda depressione.

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SESSO, SOLDI E SANGUE: UN INTRIGO DI MISTERI di CRISTINA MANGANI, Il Messaggero, 21/11/2009
ROMA - C’è tutto in questa inchiesta dai mille misteri: il sesso, i soldi, e ora anche il sangue. Se non fosse che, dietro l’indagine che ha portato alle dimissioni del presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, ogni aspetto sia drammaticamente vero, si potrebbe pensare alla trama di un thriller. E invece, si accavallano le morti strane, gli interessi economici si mischiano a quelli politici, e ”l’affaire” diventa sempre più intricato. Il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo che con il pm Rodolfo Sabelli, segue il caso, è stato molto chiaro nel suo sospetto: «per la morte di Brenda procediamo per omicidio volontario». Quasi a confermare che, dietro a questa morte, c’è ben altro che il decesso di una prostituta.
Ci sono trattative per pubblicare le immagini di Marrazzo con la trans Natalìe, ci sono carabinieri corrotti che, un fotografo dice, ”avevano rapporti con la criminalità organizzata”, c’è la droga e i soldi. Troppe carte in gioco per non far pensare a qualcosa di pianificato e ben organizzato. E c’è anche una seconda morte, quella che precede di qualche mese il decesso di Brenda. Riguarda Gianguarino Cafasso, altro uomo chiave di tutta l’inchiesta. Il suo cadavere è stato recuperato in un hotel sulla via Salaria, mentre si trovava in compagnia della trans sua fidanzata, tale Jennifer, e il referto del medico legale lo ha liquidato con infarto provocato da eccesso di droga. Era obeso, Gianguarino, afflitto da un grave diabete, ed era tossicodipendente, ma il suo ruolo nel mondo della prostituzione e delle trans sembra essere stato determinante. Informava, ”spifferava”, quando c’era il cliente importante. E ora, anche quella morte è al vaglio della magistratura. Saranno le autopsie a parlare e forse a chiarire qualche mistero, ma soprattutto gli esami tossicologici dai quali si capirà se Cafasso ha veramente ecceduto con la droga, e se Brenda ha ingerito qualcosa che possa far pensare a un tentativo di suicidio, ed escludere quindi l’omicidio.
Ma ci vorrà del tempo, e intanto, la procura vuole tornare nella casa di via Due Ponti 180, dove è stato trovato il corpo del brasiliano. E analizzare il computer, nel quale potrebbero nascondersi nuovi segreti. L’accertamento verrà fatto con un incidente probatorio, perché ritenuto un esame irripetibile.
Ieri, negli uffici della Questura, i pm e la squadra mobile sono stati riuniti a lungo per tentare di chiarire gli aspetti di questa nuova morte. Sono state sentite almeno quindici persone che avrebbero fornito elementi tali da giustificare l’ipotesi del reato di omicidio volontario. Il fronte delle indagini potrebbe, dunque, allargarsi, perché, oltre alla posizione dei carabinieri finiti in manette, ci sono diverse altre persone la cui posizione non è del tutto chiara. Ci sono gli intermediari, i presunti acquirenti, i trans coinvolti. C’è l’ex governatore della Regione, e ci sono i racconti di alcuni dei colleghi di Brenda e Natalìe. Si tratta di indiscrezioni, chiacchiere ”soffiate” agli investigatori, ma che potrebbero far capire se il presunto ricatto a Marrazzo è solo l’ultimo di una serie molto più lunga. E se, poi, la memoria di qualche computer dovesse cominciare a parlare e a rivelare nuovi nomi, nuovi ricatti, allora, il fondo di questa inchiesta potrebbe non arrivare mai.