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 2009  novembre 21 Sabato calendario

VARI ARTICOLI SU BRENDA (TRE SCHEDE - SEGUE)


«HANNO DISTRUTTO ME E HANNO UCCISO LEI», di PAOLO FOSCHI, Corriere della Sera 21/11/2009 -
«E’ colpa mia, è colpa mia. Dopo aver distrutto me, hanno fatto morire anche lei. Non è possibile, non è giusto, non doveva andare così. Perdonatemi per il male che ho fatto a tutti quanti. Non volevo. Ho sbagliato, ho commesso tanti errori, ma non doveva finire così...»: Piero Marrazzo è ricaduto nella disperazione ieri mattina, quando ha saputo della morte di Brenda. Pensava di aver già affrontato i giorni più duri: quelli dello scandalo, della vergogna, delle difficilissime confessioni alla famiglia, dell’uscita di scena dalla politica a testa bassa. Pensava di essersi lasciato alle spalle i momenti peggiori.
Invece adesso è stato costretto a fare i conti con altro e nuovo dolore. Con nuovi struggenti sensi di colpa. E con la paura.
L’ex governatore è ancora nell’abbazia di Montecassino, nel Sud del Lazio. Lascia il si­lenzioso monastero solo per venire a Roma per le sedute di psicoterapia. Gli altri gior­ni, fra celle e confessionali, scorrono tutti uguali, scanditi dalle regole dei religiosi che gli danno ospitalità: otto ore di preghie­ra. Dall’alba al tramonto. Terapia spirituale, la chiamano. Pre­ghiera e meditazio­ne. Dalle lodi del mattino, ai vespri della sera. E poi passeggiate. Lettu­re. Pasti leggeri con i monaci. Qual­che contatto solo con la famiglia.
Con gli amici più stretti. Con l’avvo­cato. Per il resto se ne sta lì, lontano dal mondo. Al ripa­ro dai giornalisti che da settimane lo cercano. Ieri pe­rò, poco dopo il raccoglimento mattutino nella cappella minore dell’abbazia, è arriva­ta la telefonata maledetta: «Piero, siediti e cerca di stare tranquillo. successo qualco­sa di brutto...». La notizia che ha sconvolto il giornalista.
«Se non ci fosse stato tutto questo clamo­re intorno a me, se non fosse venuta fuori questa vicenda, se non avessi coinvolto tut­te queste persone in questa storia, forse Brenda sarebbe ancora viva», si è sfogato l’ex governatore, con la voce strozzata dalle lacrime. «Allora è vero che c’è un complot­to, è vero che dietro c’è qualcosa di grosso. Dio mio che ho combinato, perdonatemi vi prego. Non volevo coinvolgere la mia fami­glia, non volevo far soffrire nessuno...», ha aggiunto. «Perché prendersela con Brenda? Perché deve soffrire così tanta gente?», ha continuato a chiedersi. E così, oltre al dolo­re per la morte del trans, adesso si è affac­ciata la paura. Non quella del ricatto di qual­che carabiniere farabutto in cerca di facili guadagni. La paura di qualcosa di ben peg­giore.
Troppi misteri. Troppi sospetti. Troppe cose che non tornano. Del resto, come ha sottolineato Luca Petrucci, l’avvocato che segue Marrazzo, quanto accaduto «è in­quietante, è una svolta davvero inquietan­te. Non posso pensare che la settimana scorsa questa persona è stata aggredita e ra­pinata e poco dopo è morta. Vanno appro­fondite le cause, bisogna capire che cosa c’è dietro, anche se non ho alcun elemento per aggiungere qualcosa in più». Secondo Petrucci in ogni caso sarebbe giusto «met­tere sotto protezione Natalie», l’altro trans coinvolto nella vicenda. E ancora: «A que­sto punto temo per l’incolumità di Marraz­zo. Chiedo e spero che non gli venga tolta la scorta».
Il mistero della morte di Brenda fa dun­que paura. Terrorizza l’ex governatore. «Pie­ro è preoccupatissimo non tanto per sé, quanto per quello che potrebbe capitare al­la famiglia», racconta uno dei suoi amici, «teme che ci sia qualche giro molto più grande e pericoloso di quanto avesse imma­ginato all’inizio. E ha paura che qualcuno possa fare altro male alle persone a lui ca­re ». La procura starebbe valutando l’ipotesi di mettere sotto sorveglianza anche la fami­glia di Marrazzo, la moglie e la figlia. In real­tà già erano stati predisposti fin dalle scorse setti­mane dei «passag­gi frequenti» di pattuglie dei cara­binieri e della po­lizia nei pressi del­l’abitazione.
Misu­ra precauzionale. Dopo i nuovi svi­luppi, però, si pensa a controlli più stringenti, al­meno fino a quan­do non verrà fatta piena luce sulla morte di Brenda.
Marrazzo, appe­na saputo dei drammatici svi­luppi della vicen­da, dopo il primo momento di scon­forto, ha pensato di lasciare il ritiro spirituale. «Come faccio a stare tran­quillo con tutto quello che sta succedendo? Come posso sta­re qui? Devo tornare a casa, devo stare vici­no alla mia famiglia, devo proteggerla. Sen­za volerlo li ho comunque coinvolti in tut­to questo, devo fare qualcosa», ha ripetuto l’ex governatore confidandosi con le perso­ne più vicine. Ma poi lo hanno convinto a restare fra i monaci. Per andare avanti con la terapia spirituale. Ha provato a rilanciare chiedendo di essere raggiunto dalla moglie Roberta e dalla figlia. «Non è possibile. E per loro non sarebbe un bene», gli hanno risposto.

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I VIDEO E I CLIENTI FAMOSI TUTTI I SEGRETI DI BRENDA, di FIORENZA SARZANINI, Corriere della Sera, 21/11/2009
ROMA – Il corpo nudo disteso sul pavimento, la stanza invasa dal fumo. L’hanno trovato così Brenda, in quel monolocale seminterrato che usava come appartamento in via dei due Ponti 180, zona nord di Roma. E l’inchiesta sul ricatto all’ex Governatore Piero Marrazzo ha su­bito preso una direzione diversa e certamente inaspettata. Perché di quell’indagine il transessuale Bren­da era diventato protagonista, cu­stode di un video con le immagini di un festino al quale aveva parteci­pato con lo stesso presidente della Regione e Michelly, un altro viado con cui aveva convissuto per qual­che mese. Ma soprattutto deposita­rio dei segreti di chi da anni si muo­ve sulla scena di quel mondo del sesso a pagamento, dove la mag­gior parte dei clienti chiede di tro­vare anche cocaina in un groviglio di interessi gestiti dalla criminalità.
Il testimone e le feste
Nei giorni scorsi gli investigatori hanno rintracciato alcuni clienti che potrebbero aver subito rapine mentre erano in compagnia dei via­dos. Vittime dei due carabinieri fini­ti in carcere – Carlo Tagliente e Lu­ciano Simeone – che il 3 luglio scorso sorpresero Marrazzo in com­pagnia di Natalie, lo filmarono e poi cercarono di vendere il video. il racconto di uno di loro – uomo ricco e famoso – a far comprende­re quali spettri si agitino dietro que­sta vicenda. Perché dopo aver am­messo di essere spesso «stordito, quando mi apparto in bagno duran­te le feste», non è stato neanche in grado di affermare con certezza se uno di questi incontri fosse avvenu­to con una donna o con un transes­suale. Né, tantomeno, se qualcuno lo abbia potuto fotografare o filma­re. E invece sono stati gli stessi via­dos a raccontare che in alcuni casi hanno ripreso con il telefonino i clienti, alimentando un gioco che talvolta può arrivare a estreme con­seguenze. Proprio come accaduto a Marrazzo, stritolato in una catena di intimidazioni che alla fine lo ha costretto alla resa. Quanti altri vi­deo aveva girato Brenda? Quali se­greti custodiva? E di chi?
La telefonata in Regione
I rapporti tra il transessuale e i carabinieri arrestati sono ancora poco chiari. Perché hanno negato di conoscersi, ma poi si è scoperto che poco dopo la telefonata fatta il 7 luglio scorso da Tagliente alla segreteria di Marrazzo, anche Brenda chiamò. Che cosa voleva? Era d’ac­cordo con i militari e sperava di ot­tenere qualche vantaggio facendo «pressione» sul Governatore? Ma soprattutto, era il trans una delle persone che fornivano le «soffia­te » sui clienti? Rispondere a questi interrogativi può consentire agli in­vestigatori di trovare una traccia concreta, in attesa che l’autopsia e gli altri rilievi affidati alla polizia Scientifica forniscano un quadro più chiaro di quanto può essere av­venuto all’interno del monolocale. Perché se la pista dell’omicidio è davvero quella che maggiormente prevale sulle altre, allora bisogna capire come si sia mosso Brenda negli ultimi giorni, quali messaggi possa aver lanciato e dunque quali inconfessabili paure abbia alimen­tato. Ma anche quale fosse il suo rapporto con Gianguarino Cafasso – lo spacciatore trovato morto nel­la stanza di un motel a metà set­tembre – che di molti trans era il «pappone» e il fornitore di droga. Perché è stato lui a «guidare» i ca­rabinieri nella stanza di Marrazzo e poi ha cercato di vendere il video. Ma l’informazione giusta sulle fre­quentazioni del Governatore e sui suoi spostamenti potrebbe essere arrivata proprio da Brenda.
Il doppio scenario
L’investigatore della squadra mobile di Roma che all’alba è entra­to nell’appartamento di via dei due Ponti parla di una «scena del crimi­ne piena di incongruenze» e pro­prio per questo non può escludere che quelle stranezze – le valigie dietro la porta, una bruciata; il computer nell’acqua; il corpo sul pavimento – in realtà «siano in or­dine e rappresentino un messag­gio ». Perché certamente la morte di Brenda – anche se si volesse credere al suicidio o all’incidente che degenera in tragedia – serve a lanciare un messaggio preciso. Un monito per tutti coloro che in que­sto ambiente si sono mossi con di­sinvoltura, troppo spesso alla ricer­ca di soldi facili da guadagnare con la cocaina o con i ricatti. E allora i magistrati si concentrano su due ipotesi.
La prima accredita l’ingresso di uno o più assassini che soffocano Brenda e poi danno fuoco all’appar­tamento.
La seconda si concentra invece sull’avvertimento: qualcu­no entra e dà fuoco al trolley. Vuo­le spaventare, ma la situazione sfugge di mano perché, quando il fumo invade la stanza, Brenda è tal­mente ubriaco da non riuscire ne­anche a ritrovare la porta per fuggi­re e si accascia sul pavimento or­mai senza vita.

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WENDELL, IL RAGAZZO CHE PORTAVA GLI ORECCHINI, di ILARIA SACCHETTONI, Corriere della Sera, 21/11/2009
ROMA – Cinque anni fa era sbarcato a Roma con un paio di jeans elasticizzati e quegli orecchini bianchi a forma di gigantesco fiore, finiti in prima pagina. Wendell Mendes Paes era nato il 28 novembre del 1977 a Belem do Parà, il Brasile da cartolina, quello affacciato sull’Atlantico. Famiglia comune, religiosissima, modesta, impreparata a scenari «trans» che, infatti, non aveva mai accettato. «Chi conosceva Brenda sa che non sarebbe mai tornata a Belem (Betlemme in portoghese ndr ) » raccontava ieri Marcela, un’amica. Il Brasile era ormai un prefisso sul cellulare, anche se laggiù Brenda-Wendell, aveva ancora amici e parenti. Dagli interventi chirurgici alle cure ormonali passando per la psicoterapia: la trasformazione fisica gli imponeva scenari di grande sacrificio. Ma Brenda aveva senso della disciplina: l’unica eredità, forse, della granitica fede battista in famiglia. Per il resto, la sua vita romana era un rifiuto di questa educazione. E per un po’ fu un successo, fino a diventare, si dice, fra i transessuali più pagati. Dalle prestazioni in via dell’Acquacetosa a trans «d’oro» del caso Marrazzo. Ma poi, tre settimane fa, il cambiamento. Ora Brenda diventa «ubriaca», «depressa» e «senza un soldo». Voleva vendere il suo televisore al plasma, le servivano i soldi per l’affitto. Il proprietario la stava sfrattando. Ma Brenda insisteva che non voleva più lavorare, perché ora era terrorizzata dagli sconosciuti. E da tempo, ormai, aveva smesso di indossare i suoi orecchini giganti a forma di fiore bianco.

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L’ULTIMO VERBALE «QUELLA NOTTE A CASA DI PIERO» di F.SAR., Corriere della Sera, 21/11/2009
ROMA – Il primo interrogato­rio di Brenda risale al 30 ottobre 2009. Alle ore 00,50, davanti ai ca­rabinieri del Ros, comincia a ri­spondere alle domande.

«Mi chiamo Wendell Mendes Paes. Sono nato a Belem do Parà (Brasile) il 28 novembre 1977. Vi­vo in Italia da 5 anni, sono clan­destino. Il mio nome d’arte è Brenda o meglio Blenda, sono un transessuale e mi prostituisco per strada. Non ho mai conosciu­to Piero Marrazzo è stata Natalie che mi ha inguaiata. Vivevo con Michelly che ora è a Parigi».

Domanda: Michelly conosceva Piero Marrazzo?

«Se lo sapessi non ve lo direi mai... So che un’amica di Natalie ha avuto una storia con Nicola, il carabiniere arrestato».

Fornisce l’identità di questa persona, ma per il resto nega tutto, non rivela alcun ele­mento utile. I carabinieri hanno però già acquisito al­tri elementi per dimostra­re che la storia è ben diver­sa. Nel fascicolo hanno an­che un profilo psicologico preparato da un esperto del Ros che sollecita nuo­ve tecniche di interrogato­rio perché, sottolinea, que­sto tipo di persone «sono abituate a nascondere la propria identità e, con il tra­scorrere degli anni, affinano le tecniche di dissimulazione. Dunque, l’approccio non deve essere comprensivo, ma autorita­rio ».

Così, quando Brenda viene portata di fronte al pubblico mi­nistero Giancarlo Capaldo, l’at­teggiamento cambia completa­mente. «A questo punto mi deve raccontare tutta la verità», esordi­sce il magistrato con tono autori­tario. E Brenda comincia a parla­re.

« vero, conosco Piero Marraz­zo. Sono anche stata a casa sua verso gli inizi del 2009. Ero con Michelly perché lui l’aveva ag­ganciata e gli aveva chiesto di portare un’amica, quindi sono stata coinvolta». Le viene chiesto di descrivere l’appartamento che l’allora Governatore del Lazio possiede nella zona di via Corti­na D’Ampezzo, Brenda non si sot­trae. Poi ammette anche di aver girato un video. «Abbiamo fatto le riprese con il telefonino e poi io ho scattato delle foto, sempre con il cellulare, che ritraggono me e Marrazzo insieme. Quel vi­deo era conservato nel mio com­puter, quando ero ubriaca per di­vertirmi l’ho fatto vedere ai miei amici. Spesso mi ubriaco. Bevo Red Bull e Ballantine’s, riesco a bere anche quattro bottiglie. Il vi­deo l’ho distrutto perché ho avu­to paura dopo che questa storia è venuta fuori». Fornisce dettagli, parla di riprese effettuate nel ba­gno. Descrive Marrazzo mentre si intrattiene con Michelly sul let­to ed entrambi sanno di essere fil­mati. Poi aggiunge: «Ricordo che arrivammo di notte e rimanem­mo nell’appartamento fino al po­meriggio successivo. Mi pare fos­sero circa le 3. Ci diede circa 2.000 euro».

Di fronte a queste dichiarazio­ni lo stesso Marrazzo, ascoltato per la seconda volta il 2 novem­bre, dichiara: «Ho avuto incontri di questo tipo con un’altra perso­na, un certo Blenda, nome che ho letto sui giornali in questi giorni e mi sembra di ricordare. Nell’occasione di un incontro con Blenda ricordo che è passato un altro trans di cui non ricordo il nome. Mi sembra che ho avuto solo due incontri con Blenda. Non sono a conoscenza di video o foto scattate da Blenda in occa­sione di questi incontri, ma il mio stato confusionale negli stes­si dovuto all’assunzione occasio­nale della cocaina non mi mette nelle condizioni di saperlo».

****IL FUOCO E IL PC NELL’ACQUA LA PROCURA: OMICIDIO, di RINALDO FRIGNANI, Corriere della Sera, 21/11/2009
ROMA – Un angolo dietro al­la porta d’ingresso, chiusa con una mandata, annerito dal fuo­co. Un trolley bruciacchiato e pieno di indumenti. Fuliggine ovunque. Anche sulle tre botti­glie di whisky trovate sul mi­ni- soppalco, accanto al letto. A terra, il corpo di Brenda, nudo, supino, con il volto annerito gi­rato a sinistra. Sul lavello del­l’angolo cottura, poi, uno scro­scio dal rubinetto, un pc portati­le pieno d’acqua. Forse la chia­ve di un giallo che potrebbe complicare ulteriormente l’affa­ire Marrazzo.

Il trans Brenda, al secolo Pa­es Mendes Wendell, 32 anni da compiere sabato prossimo, è stato trovato morto giovedì not­te nella sua abitazione in via dei Due Ponti. A scoprire il cada­vere sono stati i pompieri avvi­sati alle 4.16 da una vicina che aveva visto il fumo uscire dalle finestre dei sotterranei del resi­dence. I vigili hanno sfondato la porta metallica e spento le fiamme. Ma per Brenda, che non era sotto protezione per­ché non considerato «testimo­ne di giustizia», era già tardi. Sa­rà l’autopsia a stabilire se il trans è morto soffocato dal fu­mo o per altre cause. La procu­ra però non ha dubbi: si indaga per omicidio volontario. I magi­strati sono convinti che in quel­la casa di 18 metri quadrati è stato commesso un delitto. Nes­sun incidente, niente suicidio.

Due ricostruzioni, per gli in­quirenti, appaiono credibili: il trans Brenda soffocato nel son­no e l’incendio appiccato dopo, oppure un avvertimento finito male. L’ipotesi di reato potreb­be portare a un nuovo interro­gatorio per l’ex governatore del Lazio Piero Marrazzo. Ma gli in­terrogativi sono molti.

Uno su tutti: cosa ha provoca­to l’incendio? In casa non sono stati trovati inneschi, né tracce di liquido infiammabile. Negati­vi gli indicatori di acceleratori di fiamma. Poi c’è il pc, seque­strato dalla polizia: era pieno d’acqua, ma i dati sull’hard disk potrebbero essere salvati. E con loro il presunto secondo video di Marrazzo con i trans, che pe­rò Brenda ha sempre detto di aver distrutto per paura. Paura di cosa? Per chiarirlo la Squadra mobile ha ascoltato 15 transes­suali amici della vittima (per 8 di loro, compreso China, fidan­zato di Brenda, è scattata l’espulsione) con alcuni testi­moni. Un tassista ha raccontato di aver riportato Brenda a casa alle 2.30 dall’Acqua Acetosa do­ve aveva lavorato tutta la sera. «Era da solo», ha confermato. Per un altro trans, Alessia, Bren­da era preoccupato «dopo l’ag­gressione subita giorni fa e la ra­pina del telefonino». L’8 novem­bre scorso, dopo una rissa con alcuni romeni, il brasiliano fu minacciato vicino casa da ragaz­zi dell’Est. «Girano qui intorno, lavorano per qualcuno», ha ag­giunto «Alessia». La morte del brasiliano potrebbe dunque aprire altri scenari inquietanti. Anche sulla fine di Gianguari­no Cafasso, lo spacciatore stron­cato da un infarto a settembre, che avrebbe consegnato il pri­mo video di Marrazzo ai 4 cara­binieri arrestati. Per la procura anche questa ora diventa «una morte sospetta».


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NATHALIE: HO PAURA, ANDREI VIA MA C’ IL PROCESSO di FABRIZIO CACCIA, Corriere della Sera, 21/11/2009
ROMA – Sono le nove e mezzo del mattino in via Gradoli, il caffè è già sul fuoco. Ha le unghie laccate di rosso, non sa ancora che il trans Brenda è morto.

«Tu sei Antonio?», domanda Na­talie, che sta aspettando il fotogra­fo di un’agenzia. Imbarazzo, incer­tezza, mattinata tranquilla che sta per cambiare colore. Il testimone chiave dello scandalo che ha tra­volto Piero Marrazzo, sulle pri­me, non vuole credere alla noti­zia: «Ma dai, morta (Natalie ne parla sempre al femminile, ndr ) Brenda vorrà farsi pubbli­cità. Come al solito. Dici di no? Dici che è vero che è morta? Lei si è sempre cercata i suoi guai, brutte amicizie, forse ha fatto qual­cosa, ma io non lo so, non lo posso dire, nessuno sa la verità...». Sì ma prima, a settembre, era morto Ca­fasso, il pusher di tutti i trans di Ro­ma nord. E ora è morto anche «Brendona». Sono coincidenze che mettono i brividi, no? « strano, sì è strano. Ma siete sicuri che è stata ammazzata? Forse si è suicidata – ragiona Natalie, con voce sempre più preoccupata ”. Questa cosa pe­rò diventa ogni giorno molto più grande di me, adesso sì che ho pau­ra, vorrei andare via ma non posso, devo stare qui, c’è il processo».

La sua calma comincia a incrinar­si, subentra l’agitazione, inizia a squillargli il cellulare, giornalisti che chiamano. già truccato, petti­nato, si veste in fretta: jeans attilla­tissimi, un paio di stivaletti, una ma­glietta bianca con disegnini di strass. «Ora mica diranno che l’ha ammazzata Marrazzo, non è vero? – si chiede incredulo ”. Questa sto­ria è assurda. Ma io non c’entro con Brenda, mi dispiace che è morta ma non era mia amica, era solo mia compaesana, io non so se si ubriaca­va, drogava o era malata. Io so che la mia storia è completamente diversa. Perciò sono viva. Sai come si dice in Brasile? Che Dio è giusto e scrive il destino per ognuno di noi. Se tu sei giusto lo scrive dritto. Se tu sbagli, però, lo scrive storto. E ti accadono brutte cose. Io credo che questo è stato il caso di Brenda».

Fuori, ormai, c’è la ressa. Sono ar­rivate le televisioni, lui strappa il microfono alla troupe del Tg5, col­pisce il cameraman in fronte (6 giorni di prognosi all’ospedale Vil­la San Pietro). Poi dà ancora qual­che risposta: «Io non ho visto un se­condo video (con Marrazzo, ndr ).

Lo dicono in giro che c’è, ma io non lo so, io non lo posso dire». Corre dal suo avvocato, Antonio Buttazzo. Luca Petrucci, il legale di Marrazzo, ha chiesto che ora venga assegnata una protezione anche al trans. «Ma perché, perché? – s’in­fiamma Natalie ”. L’avvocato sa forse che io rischio la vita? Io non ho mai fatto male a nessuno. Per­ché dovrebbero voler ammazzare anche me?».

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E ORA TREMA LA ROMA DEL POTERE di GOFFREDO BUCCINI, Corriere della Sera, 21/11/2009
ROMA – L’appuntamento è davan­ti al Sistina, dove la sera danno «Ca­ts ». Ma non è aria da musical questa che tira adesso sul pasticciaccio brut­to di Piero Marrazzo dopo la morte di Brenda, «Brendona», il trans che sem­brava un giocatore della Nba e che pu­re doveva apparire una compagna plausibile per un paio di incontri al­l’allora presidente della Regione La­zio. Non più farsa popolana o opera buffa: la Roma Cafonal, la città pette­gola e un po’ sporcacciona che ama guardare e guardarsi allo specchio, oggi non ride. «Se a quel poveretto trovano anche un solo graffio addos­so, magari perché è caduto dal letto la sera prima, abbiamo davanti altri sei mesi di casino», sospira la fonte ministeriale che chiede anonimato e cita a modo suo, non senza un po’ di cinismo, Carlo Maria Cipolla, «Alle­gro ma non troppo»: «Gli stupidi han­no la loro rappresentanza politica, amico mio. E ormai anche questa gen­te ce l’ha...».

Già, questa gente. Gente di potere e gente di strada. Misteri e ricatti rac­chiusi in un triangolo che può essere immaginato tra un albergaccio della Salaria (dove a settembre morì in cir­costanze oscure Gianguarino Cafas­so, il pusher-magnaccia che sapeva troppo, quello con il copyright di «Chiappe d’oro» coniato per un politi­co ancora avvolto nell’ombra), via Gradoli ( topos ormai quasi letterario nella storia nazionale e alcova non troppo segreta di Marrazzo e Natalì) e via Due Ponti (lo stambugio vicino alla Cassia che Brenda, a poche ore dalla morte, pareva volesse abbando­nare in gran fretta assieme ai suoi in­cubi affogati nel Ballantines).

«L’affare s’ingrossa», scrive Dago­spia , il sito bandiera del gossip politi­co- mondano: ma nel testo non c’è un’oncia della mitica irriverenza che ne ha decretato le fortune nei salotti capitolini, solo una lunga cronaca di agenzie cucite assieme, perché davve­ro non c’è più niente da scherzare né da sorridere, dopo settimane di bar­zellettacce alla buvette della Camera sulla pelle di Marrazzo.

Vladimir Luxuria, in treno verso Li­oni, nell’Avellinese, per una cerimo­nia del «Transgender Day Remem­ber » (c’è anche questa assurda coinci­denza nel giallo, è giorno di celebra­zione e memoria transessuale) parla di un «potente nell’ombra». Dice: «Che io sappia, più di dieci miei colle­ghi parlamentari vanno con trans». Naturalmente questo non basta a giu­stificare sospetti su nessuno. Ma più di un deputato della sinistra radicale evoca il caso Montesi, la prima trama oscura nella storia dell’allora neonata repubblica che Gabriel Garcia Mar­quez, giovane cronista, definì «lo scandalo del secolo». Era l’11 aprile del ”53 e Fortunato, un operaio di 17 anni, stava mangiando una pagnottel­la sulla spiaggia di Tor Vaianica quan­do vide quel corpo tra la rena e il boc­cone gli andò per traverso. Ad Attilio Piccioni, ministro dc ingiustamente triturato dalla vicenda, andò di traver­so una carriera sino ad allora baciata dal successo.

«Beh, ci vada piano, Wilma Monte­si era una ragazza, mi sembra un’al­tra storia». Francesco Cossiga è appe­na uscito da una seduta di fisiotera­pia, sfoggia la forma di sempre. I tem­pi cambiano, presidente... «D’accor­do, c’è nel rapporto tra sesso e potere qualcosa che la ricorda. Però il livello era molto più alto, e qui non mi pare ci sia una speculazione politica». Pe­rò Marrazzo ci ha comunque lasciato le penne. «Le dirò, quando è successa la cosa al povero Marrazzo mi sono molto meravigliato. Mi avessero det­to che tradiva la moglie, che andava con le escort, no, non mi sarei meravi­gliato. Ma così! Del resto è tutto que­sto mondo che mi meraviglia. Io so­no per i metodi antichi, capisce?».

E naturalmente viene quasi da esse­re d’accordo col vecchio presidente, l’Italia imbiancata e bacchettona di al­lora sembra così lontana dal nostro reality permanente; persino la lotte­ria scomposta («c’è una quaterna di nomi!», «no, è una cinquina, c’è il quinto uomo!» «chiamalo uomo...») da cui dovrebbero saltar fuori politici o calciatori, attori o milionari, comun­que vip, da gettare in pasto al gossip, appare così distante dalla pruderie un po’ parrocchiale del Paese dega­speriano. Antonio Ghirelli ha raccon­tato ad Aldo Cazzullo che Fanfani, mi­nistro dell’Interno, lasciava filtrare in­formazioni per screditare Piccioni, suo rivale: anche da quella via, spun­tò il centrosinistra. Difficile immagi­nare che dalla saudade da emigranti del sesso di Brenda, Natalì e della lo­ro compagnia brasiliana nasca una nuova formula politica per l’Italia del prossimo decennio.

«Più che altro all’inizio c’è stato un gran vociare, molto bar sport», ricor­da Enrico Gasbarra che, da ex presi­dente della Provincia, conosce uomi­ni e cose di una Roma in cui, fino a un anno e mezzo fa, i salotti erano ri­gorosamente votati al centrosinistra bettiniano. «Io non ho percepito que­st’aria da scandalo Montesi, le dirò, forse perché sedendo alla Camera tra Veltroni e Gentiloni non è che stia proprio in mezzo alla goliardia... Cer­to, all’inizio, di stupidaggini ne circo­lavano tante, pensi che mi hanno per­sino telefonato per chiedermi se ero coinvolto anch’io. Dico!», ride e la sua risata scavalca la cappa del raf­freddore che lo costringe a casa con moglie e figlioletta. Nella raffica spu­dorata di domande improponibili è fi­nito addirittura Totti, er Pupone in persona, che si è sfogato sul Corriere: «Un giorno dicono che sono gay, il giorno dopo che ho una nuova fidan­zata. Ci manca solo che mi buttino in questa storia dei trans. E’ vergogno­so. In Italia ci vuole più privacy». E come dargli torto?

Francesco Storace, al pari di Ga­sbarra ex della politica romana, una reputazione ruspante e controversa ottenuta duellando con gay e diversi d’ogni natura, scrolla le spalle ancora ammaccate dagli scandali che nel fi­nale hanno martoriato la sua gestio­ne alla Regione prima di Marrazzo: «A me se uno va con i trans nun me ne po’ frega’ de meno . Il problema so­no la droga e i soldi con cui paga la prestazione». Non è solo quello il pro­blema, nella Roma lontana dai salotti che contano eppure avvinta a quel mondo dalla cronaca di queste setti­mane che da rosa ad arcobaleno si fa sempre più nera. Carl du Pigné (Carla del Pigneto), segreteria del Mario Mieli, racconta la paura di queste cre­ature dai seni eccessivi, dall’immagi­ne talvolta più femminile delle pin-up: «Non era Marrazzo l’unico politico. Ma i nomi non li tireremo fuori, quello di Brenda non è stato un omicidio occasionale». Un filo sottile, magari solo una suggestione politica, lega la storia di una ragazza bellissi­ma, la Montesi, a chi venendo dal Bra­sile s’era martoriato il corpo per di­ventare donna: e quella suggestione è l’unico omaggio che la Roma del po­tere, oggi, riesce a tributare a un ra­gazzo diventato Brenda.
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«Mi dispiace per la famiglia dell’ex presidente del Lazio» CORRIERE DELLA SERA -
ROMA – Dieci giorni fa ha ottenuto gli arresti domiciliari. E ieri, dopo aver appreso della morte di Brenda, Antonio Tamburrino, il carabiniere accusato di ricettazione per aver cercato di vendere il video che ritrae Piero Marrazzo insieme al trans Natalie, ha affidato un messaggio al suo legale Mario Griffo. «Sono dispiaciuto – ha detto – per quanto è successo e ancora sta accadendo alla famiglia Marrazzo; sono anche io padre di famiglia e posso comprendere. Tengo a precisare però di non conoscere e dunque di non aver mai avuto a che fare con queste persone che si fanno chiamare Brenda o Natalie. Io stavo in caserma e non ho mai svolto attività esterna, per me era impossibile perché il mio compito era lavorare all’interno della stazione Trionfale. Quello che sta succedendo mi provoca costernazione e per questo voglio scusarmi con la famiglia.

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E Brenda viene ricordata nei cortei di Bologna e Napoli CORRIERE DELLA SERA -
MILANO – La morte di Brenda, il trans implicato nel caso Marrazzo, è stata al centro ieri del T-day, il giorno in ricordo delle vittime transessuali nel mondo. I promotori della manifestazione di Bologna hanno polemizzato, sottolineando che la scomparsa di Brenda è «un omicidio balzato alle cronache solo perché è coinvolto un personaggio famoso, altrimenti non sarebbe finito in nessun giornale». Oltre un centinaio di manifestanti hanno preso parte alla fiaccolata. «L’Italia – è stato ricordato – è il Paese con il più alto tasso di omicidi di trans»: in questo modo nel nostro Paese «la violenza si è ormai cronicizzata». Anche a Napoli, sempre al T-day, la morte del trans è salita alla ribalta: «Non è un caso che Brenda sia stata uccisa proprio oggi». «Sul palco saranno letti i nomi dei 95 trans uccisi nel mondo – spiega Andrea Mornironi di Dedalus ”. A questi dovremo aggiungere anche il nome di Brenda».

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CASO MARRAZZO, ,MORT LA TRANS. IL PM: BRENDA STATA UCCISA di MASSIMO LUGLI ed ELSA VINCI, LA REPUBBLICA, 21/11/2009
ROMA - Un corpo seminudo riverso a faccia in giù sul soppalco di in un minuscolo appartamento, completamente saturo di fumo, di via Due Ponti, il viso quasi nascosto da una cascata di lunghi capelli neri. Sono le 4,33 del mattino quando i vigili del fuoco sfondano la porta chiusa a doppia mandata, vedono il cadavere, spengono il principio d´incendio e chiamano la polizia. Inizia così il secondo e più inquietante capitolo dell´affaire Piero Marrazzo, lo scandalo di transex e ricatti che ha travolto il governatore del Lazio. Il corpo è quello di Wendell Mendes Paes, nato a Belem il 28 novembre 1977 ma nota ormai a tutti come Brenda o Blenda, una delle transessuali con cui Marrazzo ha detto di aver fatto sesso due volte.
«L´ipotesi più probabile è quella dell´assassinio - dice il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, piombato sul posto assieme a un intero pool di magistrati - segue quella di un incidente e la terza, meno probabile, di un suicidio». Si indaga per omicidio volontario. stato il computer della transex, trovato nel lavandino del bagno e sotto il rubinetto aperto ad insospettire il pm. «Sembra la firma dell´assassino». Sono già state disposte una serie di perizie. Ma sarà l´autopsia a sciogliere molti dubbi.
Quella di Brenda è la seconda morte "sospetta" nel giro delle transex frequentate da Marrazzo. L´aggiunto Capaldo non dimentica Gianguarino Cafasso, il pusher e protettore indicato dai carabinieri accusati del ricatto come colui che girò il video all´ex governatore del Lazio. L´uomo è stato ucciso da un´overdose di cocaina il 12 settembre in un albergo a ore di via Salaria. Sono attesi esiti di alcuni esami autoptici, in procura non si esclude l´ipotesi di un delitto. A rendere il quadro ancora più complicato il pestaggio di Brenda l´8 novembre scorso, quando la transessuale fu massacrata di botte e rapinata di soldi e telefono cellulare.
Sul cadavere di Brenda nessun segno di violenza. La transex è morta «per asfissia», quasi certamente soffocata dal fumo e forse, prima di perdere coscienza, era riuscita a trascinarsi fuori dal letto. Vicino al corpo, una bottiglia di whisky vuota, quel liquore di cui Brenda, raccontano, riusciva a bere anche due bottiglie al giorno e che le era valso il soprannome di "Ballantine´s". Le fiamme si sono sviluppate da un borsone poggiato vicino all´ingresso che conteneva qualche indumento e alcune carte. Due valigie pronte sono state trovate nell´appartamento come se Brenda si preparasse a partire. E in effetti alcuni dei 15 testimoni (quasi tutte trans) ascoltati fino a notte dalla squadra mobile, hanno detto che Brenda voleva tornare in Brasile. La transex, tra l´altro, era sotto sfratto.
Il ritratto della vittima fatto dalle amiche, in lacrime, è quello di una persona disperata, annientata da una storia più grande di lei, che a volte aveva pensato al suicidio «perché impaurita dalla vita». «Era venuta verso le 5,30 a prendere delle gocce per dormire» racconta Barbara, un´altra trans. Di certo negli ultimi tempi Brenda prendeva psicofarmaci e beveva. Alcol, droga e pasticche potrebbero averla stordita al punto di impedirle di alzarsi quando sono divampate le fiamme. Un mozzicone finito sulla borsa? Possibile, ma in casa non ne sono stati trovati, così come non c´erano accendini o tracce di liquido infiammabile. Ma dalla casa manca una candela. Una scintilla, un corto circuito? Anche questo è possibile ma parecchio improbabile. E allora? La chiave del giallo secondo la procura è nel computer di Brenda, trovato semisommerso dall´acqua. Una sorta di segnale per chi è in grado di coglierlo? Fu lei a dire al pm Capaldo dei un secondo video hot su Marrazzo, cercato invano fin dall´inizio dell´indagine. Foto? Appunti? Qualcuno ha cercato di distruggere la memoria del pc? E perché non portarlo semplicemente via? La porta di casa era chiusa a doppia mandata. Le chiavi appese a un chiodo sul muro. «Se c´è l´assassino - dicono in procura - ne aveva una copia».

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ALCOL, COCA E FARMACI I MISTERI DELLA SUPERTESTE CHE HA FATTO TREMARE ROMA di CARLO BONINI, LA REPUBBLICA, 21/11/2009
ROMA - Quando e dove la seppellirano, scriveranno che il suo ultimo giorno da viva è stato il 20 novembre 2009. Ma Wendell Mendez Paes, 32 anni che avrebbe compiuto tra sette giorni, brasiliano di Belem Para, "Brenda" per amiche (poche) e clienti (molti), ha cominciato a morire almeno un mese prima. In una sera di pioggia dell´ultima decade di ottobre. Quando un´auto civetta dei carabinieri del Ros iniziò la sua spola tra via Gradoli 98 e via due Ponti 180. Quando investiti dall´urto del "caso Marrazzo", i segreti di una comunità trans costretta in condomini ridotti a favelas smisero di essere tali. Quando qualcuno cominciò a parlare e molti cominciarono ad avere paura. La conoscevano tutti "la Brendona". «Quella con due tette così», disse Natalì, la "favorita" di Piero Marrazzo, prima ai cronisti e quindi ai carabinieri, indicandola come la trans che le aveva conteso il Governatore e che prima di tutti lo aveva "ricattato". «Con un video erotico girato insieme a un´altra trans», aggiunse. Simile a quello che i carabinieri della stazione Trionfale avevano rubato la mattina del 3 luglio in via Gradoli. Ma più lungo, articolato. E finito chissà dove.
Provò a nascondersi, Brenda, ma senza fortuna. La sera del 24 ottobre, il falansterio mangiato da ruggine e incuria di via due Ponti 180, dove lei viveva come un topo in un seminterrato soppalcato di scarsi dieci metri quadri, si consegnò ai suoi assedianti, sbirri e giornalisti, mostrando la sua preda. Una trans che si presentò come "China" e che per le cronache diventerà, senza esserlo mai stata, la convivente di Brenda, la indicò ai fotografi e alle telecamere, invitando a mollare finalmente la presa. Brenda, fasciata in una maglietta bianco panna, si mostrò per quel che era. Un donnone da un metro e 90, il corpo esile e le braccia lunghe e muscolose, con mani grandi quasi quanto il suo seno da cartoni Manga che le era costato una fortuna. Parlava un ottimo italiano e aprì il suo "appartamento" dove, disse, almeno una volta era venuta a trovarla "Piero". E che sarebbe diventato la sua tomba. In un angolo, due fuochi e un lavandino che perdeva. Al centro un divano letto coperto da un foulard leopardato. Un piccolo armadio a due ante. Un soppalco dove infilarsi rannicchiati. Quella sera, Brenda ammise che quel secondo video dell´ex governatore del Lazio effettivamente esisteva. Che lo aveva girato nella primavera di quest´anno con una tale "Michelle", trans che lei sapeva ormai a Parigi. Ma che la sua copia, lei, l´aveva distrutta. Subito dopo l´arresto dei carabinieri del Trionfale. Subito dopo che la faccia di Piero aveva preso a occupare lo schermo tv per lo scandalo che lo aveva travolto.
Il 30 ottobre, i carabinieri del Ros provarono a farle ripetere quella storia. Ma non ci fu verso. Brenda non ne voleva sapere. «Non conosco Marrazzo - si legge nel verbale redatto quel giorno negli uffici dell´Anticrimine dell´Arma - vero, vivevo con una tale "Michelle", ma lei è partita e Natalì ci accusa di cose non vere. Non ho mai subito né rapine, né minacce dai carabinieri. Metto a disposizione il mio cellulare, specificando che se avessi avuto qualcosa da nascondere lo avrei già distrutto». Non era una tipa semplice, Brenda. E i carabinieri lo avevano imparato subito. Fumava a catena e beveva in modo smodato, compulsivo. Fino a tre, quattro bottiglie di whisky scozzese "Ballantine´s" al giorno, allungandolo quando capitava con "Red Bull" o sciogliendo nel bicchiere gocce di "Minias" (potente sonnifero e ansiolitico).
La pressione per Marrazzo la attacca, se possibile, ancora di più alla bottiglia. Ma la convince, l´1 novembre, a raccontare al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo quello che ha taciuto ai carabinieri. « vero - ammette a verbale - l´ex governatore è stato un mio cliente. Ho girato io il video che ci ritraeva insieme a Michelle. Ma l´ho distrutto. Durante i nostri incontri, facevamo uso di cocaina e la droga me la forniva Gianguarino Cafasso (il pappone che con i carabinieri organizza la trappola del 3 luglio in via Gradoli, che proverà a vendere il video del Governatore e verrà trovato morto per overdose in un albergo sulla via Salaria a metà settembre). Esistono anche delle foto con Marrazzo. Le scattammo in una casa con piscina». L´ex governatore, interrogato neppure ventiquattro ore dopo, confermerà quelle circostanze. Di Brenda storpia il nome («una tale Blenda»), minimizza la frequentazione («un paio di incontri»), ricorda l´uso di cocaina. E per Brenda (cui per altro, sebbene smentite da fonti inquirenti, si attribuiscono anche telefonate sull´utenza della segreteria del governatore negli uffici della Regione), evidentemente, comincia la fine. diventata un problema. Per tutti e anche con se stessa.
Da quel giorno, i carabinieri non la cercano più. Ma per tutti Brenda è ormai la «trans che parla». La "fuori di testa" che verosimilmente custodisce segreti capaci di gettare nel fango altri nomi che contano. Se qualcuno si sente minacciato, il suo nome è ormai un´ossessione. Lei, in realtà, tace. Non alimenta «l´indovina chi» della sua clientela. Ha bisogno di soldi e si rimette sul marciapiede come sempre. Anche se, nella notte tra l´8 e il 9 novembre, dei romeni la aggrediscono rubandole il cellulare. La reazione è di furore e follia. Aggredisce la pattuglia dei carabinieri che le presta soccorso e prende a battere la testa sul marciapiede. Le sue amiche raccontano che torna a farsi di "Minias" per dormire. Come la notte di giovedì, quando bussa a Veronica, perché le sue di gocce le ha finite. E´ l´ultima richiesta. Intorno alle 4, Brenda si infila nel buco di via due Ponti 180 da cui non uscirà più.


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MARRAZZO: DISTRUTTO TUTTO IL MIO MONDO di ANNA MARIA LIGUORI, la Repubblica, 21/11/2009
ROMA - «Tutto il mondo si è distrutto intorno a me». Un frase scritta ad un amico dal nuovo cellulare, il numero dato a pochi intimi, da Piero Marrazzo forse ancora prima di conoscere la terribile sorte di Brenda, il trans che ha dato una spinta fatale al crollo della sua vita pubblica e privata. Poche parole strappate al denso silenzio in cui si è chiuso nelle ultime settimane. «Sta male - dicono gli amici - non ce la fa a parlare, scrive qualche sms ma finisce lì». Una scelta drastica dell´ex governatore del Lazio che si è rifugiato già da giorni tra le mura secolari dell´Abbazia di Montecassino, per fare «un cammino spirituale e materiale», una sorta di personale espiazione, ma anche un recupero psicofisico che gli consenta di andare avanti, di ritrovare le forze per tornare alla famiglia, quella che ha temuto di aver perso. Don Pietro, l´abate di Montecassino, non parla ma prima di entrare nel cancello del monastero ieri alle 20 ammette che «quest´uomo sta compiendo un delicatissimo iter da cui nascerà un persona nuova».
Marrazzo è ospite in una delle venti stanze dell´ala clausura del monastero, un´ala protetta da un portone enorme, dove nemmeno le cuoche e le donne delle pulizie possono entrare. La sua giornata comincia alle 5: preghiere, colazione e poi nei campi a lavorare la terra. Pranzo, ancora preghiera e lunghe passeggiate chiacchierando con don Pietro che dice «le nostre parole vanno persino oltre il segreto confessionale» quasi a sottolineare la protezione continua che non gli nega. Per Marrazzo niente televisione, niente giornali, lontano dalla caotica quotidianità, senza stimoli esterni che possano turbarlo e interrompere la precaria serenità di cui giorno per giorno cerca di appropriarsi. Chi non conosce il numero del suo cellulare telefona a don Pietro, si presenta e chiede di parlargli, ma Marrazzo spesso rifiuta le telefonate. «Però - dicono gli amici - cerchiamo di non disturbarlo, aspettiamo che ci chiami lui, rispettando i suoi tempi». Ma qualche stacco nell´eremitaggio deve farlo gioco forza. Due volte a settimana vede, insieme alla moglie Roberta Serdoz, il terapeuta Luigi Cancrini che «media» il rapporto di coppia decennale stravolto. Qualche volta vede il suo avvocato Luca Petrucci, ma soprattutto quando è a Roma sta con le figlie. Un amico che lo ha visto quindici giorni fa si lascia scappare che per la sua bimba «il presidente è molto preoccupato. A scuola le fanno molte domande, lei una volta ha chiesto piangendo alla mamma "perché ce l´hanno tutti con papà, è vero che ha fatto cose cattive?". Un profondo dolore per lui che non avrebbe mai pensato di farle del male».
La morte del trans carbonizzato dentro casa sua, Marrazzo l´ha appresa forse dagli amici, forse dalla moglie. «Sembrava appena essere uscita dall´emergenza - commenta una giornalista del Tg3 collega della Serdoz - invece appena saputo di Brenda mi ha detto al telefono: «Un´altra mazzata, una cosa terribile, un incubo che non finisce»». Ma certo Roberta Serdoz non si arrende proprio ora. Un´amica di Milano, che fino a un anno fa lavorava in Regione Lazio, l´ha sentita e vista su Skype: « sempre più convinta a tenere unita la famiglia. Io la stimo moltissimo, è davvero tosta».
Ma quello che è successo a una delle trans che hanno raccontato del video nella casa di via Gradoli, e che diceva di possederne un altro cancellato per paura, non può essere ignorato né dalla famiglia Marrazzo né dal loro legale, Luca Petrucci, che a sorpresa ieri pomeriggio è piombato in procura. «Una morte inquietante - dice -, per un po´ a Piero lo abbiamo tenuto nascosto. Forse le indagini stanno scoperchiando un sistema simile a quello della Uno Bianca dove si mettevano tra l´altro a tacere i testimoni. Ora bisogna mettere sotto prote-zione Natalì e anche Piero». Per ora però Marrazzo si protegge da solo.

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DECRETO DI ESPULSIONE PER OTTO TRANS "UN INCUBO E ORA ABBIAMO PAURA" di MARIA ELENA VINCENZI, la Repubblica, 21/11/2009
ROMA - Dopo la morte di Brenda arrivano otto decreti di espulsione e un arresto per inottemperanza. Questa l´ultima tegola che, dopo la morte di quella che per molte era un´amica, si abbatte sui trans della Capitale. E ora bisognerebbe preparare le valige che ormai, con i tempi che corrono, più che un castigo, una punizione, sono un sogno. Perché dopo lo scandalo di Marrazzo, Roma per i trans è diventata misera, ostile, spaventosa. Clienti non se ne vedono più: sono settimane che non guadagnano un euro.
Polizia e carabinieri le controllano a vista. E poi ci sono gli episodi di violenza, le circostanze strane, sospette. Avevano paura prima, oggi ce l´hanno ancora di più, dopo che una delle loro amiche è morta in circostanze che loro stesse definiscono "incredibili".
Un terrore che è montato a poco a poco, ma che in pochi giorni si è inghiottito via Gradoli e, soprattutto, via Due Ponti. Prima le aggressioni, quella a Brenda e quella ad altre quattro trans, nella stessa sera, a distanza di pochi istanti. Ora questo tragico episodio.
Erano appena le 7 del mattino di ieri quando i viado, con i segni di una notte passata in strada ancora sul volto e negli abiti succinti, si sono trovate, per l´ennesima volta, davanti a casa uno schieramento di forze dell´ordine. «Quando ho visto tutta quella polizia - ha raccontato Thaynna, una delle più care amiche di Brenda, tra le lacrime di disperazione - mi è venuto un colpo. Lo sapevo che sarebbe successa una cosa simile, sapevo che sarebbe andata a finire così: e lei è solo la prima. Da che è scoppiato questo scandalo di Marrazzo non c´è stato un attimo in cui sono stata in casa da sola, ho troppo timore».
Non ci credono le trans che la morte di Brenda sia stata un incidente. «Certo - continua mentre a stento si regge su un paio di tacchi a spillo scalcinati - in questi ultimi giorni diceva spesso che non ce la faceva più, che si voleva togliere la vita, ma non lo avrebbe mai fatto davvero». Gente cresciuta in strada e cresciuta in fretta. Troppo in fretta per non capire che in tutta questa storia c´è qualcosa che non va.
«Davvero non so cosa è successo - spiega Sylvia - l´unica cosa che so è che c´è di che preoccuparsi. Da qualsiasi direzione la guardi, questa storia puzza di marcio». Sentimenti contrastanti: da un lato il senso di colpa di non aver difeso quella amica così debole, dall´altro la percezione della loro vulnerabilità. «Viene da chiedersi - spiega ancora Thaynna - come è possibile che chi ha collaborato con le indagini poi non viene difeso, anzi. Veniamo anche trattati male. Ma chi ce la fa a stare ancora qua?». E proprio lei, Thaynna, una delle protagoniste di questa storia, ieri è stata sentita dalla squadra mobile e dai magistrati per la morte di Brenda che era con lei nella notte di giovedì, e poi portata all´ufficio immigrazione dove è uscita stringendo tra le mani un decreto di espulsione.

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IN QUEL COMPUTER BAGNATO I SEGRETI DEI POTENTI FINITI NELLA RETE DI BRENDA di GIUSEPPE D’AVANZO, la Repubblica, 21/11/2009

C´ di certo che Brenda è morta distesa nel soppalco, asfissiata (forse) dai fumi di un incendio che si è sviluppato nei venti metri quadrati del suo minuscolo appartamento della Cassia. Si può escludere il suicidio. Troppo macchinoso per chi, come Brenda, era facile a gesti autolesionistici: si è tagliata braccia e vene appena qualche settimana fa. Due le ipotesi che sono in piedi. Omicidio o incidente domestico.
Brenda, come sempre, ha bevuto troppo whisky e ha buttato giù troppi psicofarmaci (ne ha comprati mercoledì sera e ne ha chiesto in giro, alle sue amiche, giovedì). Si addormenta. Nel «tugurio», come viene definito l´alloggio da chi l´ha visto, nasce un incendio lento. Il fumo la uccide nel sonno. L´ipotesi è sostenuta da qualche circostanza. La porta è chiusa a doppia mandata. Nessun segno di colluttazione. Nessuna traccia di violenza sul corpo del viado.
Le stesse circostanze, a sentire qualche voce di dentro in Procura, possono convincere, al contrario, per l´omicidio. L´assassino, gli assassini hanno le chiavi di casa e non hanno bisogno di manomettere la serratura. Attendono che Brenda si addormenti con calma e appiccano il fuoco. Si allontanano dopo aver infilato il computer sotto l´acqua del lavabo per cancellarne le immagini e i testi memorizzati. Proprio il computer potrebbe essere il grimaldello per scombinare l´ipotesi. Se l´assassino, gli assassini avevano le chiavi - e Brenda già si è assopita - hanno tutto il tempo per frugare nell´appartamento, trovato in ordine, e portar via il computer per poi distruggerlo con calma altrove, senza lasciarlo in quella casa presumendo che l´acqua ne rovini la memoria (e non è così, i tecnici delle polizie sono in grado di recuperarne i contenuti). Perché lo abbandonano allora, in bella mostra, sulla scena del "delitto"? Giusto per farlo ritrovare - un po´ a mollo, è vero - ma ancora in grado di liberare tutti i veleni che potrebbe contenere o contiene?
Comunque, queste sono tutte storie perché la pasticciona procura di Roma (due procuratori aggiunti e due sostituti sul luogo del delitto, ognuno con le sue opinioni e suggestioni, ognuno con i suoi orientamenti e indicazioni, tanto per fare maggiore confusione in un caso già ambiguissimo) apre un´inchiesta per «omicidio volontario». Una mossa tattica e consueta, va detto. Consente a chi indaga un´invasività investigativa che altre imputazioni non permetterebbero. E tuttavia un´accusa che oggi farà parlare, a buon diritto, di un omicidio nell´affaire Marrazzo - forse il secondo, dopo la «misteriosa morte» di Giangavino Cafasso, pusher, ruffiano, primo spacciatore alla stampa del video del governatore in compagnia del viado Natalie, "scoppiato" forse per overdose, forse per diabete, forse per mano assassina, in un albergo di Roma il 12 settembre.
Quale sarà l´esito dell´inchiesta, omicidio o incidente domestico, cambia poco - e si scuserà il cinismo - perché non è la morte di Brenda l´essenziale di questo nuovo capitolo dell´affaire Marrazzo.
Brenda era una vita alla deriva, una persona che nessuno ha saputo e voluto sostenere nel più difficile passaggio della sua vita già difficile. In queste settimane, nell´indifferenza di tutti, è stata minacciata, brutalmente picchiata, derubata del suo cellulare. Forse, il vero obiettivo del pestaggio. Brenda aveva paura. Lo diceva, lo gridava. Nessuno l´ha ascoltata o aiutata e chi oggi la piange ha lacrime di coccodrillo. Quel che, alla fine, conterà in questa storia è quel che Brenda si lascia dietro: il computer. , appunto, la memoria di quel computer, ora umido d´acqua, il nuovo centro della storia. Se assassini ci sono, forse, hanno ucciso non per cancellare tracce e prove, ma per far sì che tracce e prove siano trovate. Quel computer custodisce immagini e video che possono compromettere la congrega di nomi illustri o eccellenti che frequentavano il viado? Un fatto è certo. Brenda, approfittando della debolezza dei suoi ospiti o l´istupidimento provocato dalla cocaina che sniffavano con lei, "rubava" immagini di quegli incontri. Nel caso di Piero Marrazzo, lo ha ammesso. Protagonisti del video: Brenda; un altro viado, Michelle; il governatore. Dice Brenda ai carabinieri nei primi giorni di novembre: «Certo, avevo quel video, lo custodivo nel mio pc ma l´ho distrutto perché avevo paura». il video - «Marrazzo, con due viado, che sniffa cocaina» - di cui molto si parla nei circoli politici e giornalistici della Capitale, nell´ultima settimana di settembre. una circostanza che, seppure confusamente, conferma anche Piero Marrazzo, il 2 novembre: «Ho avuto incontri con un´altra persona, un certo Blenda. Nell´occasione di un incontro con Blenda, ricordo che è passato anche un altro trans di cui non rammento il nome. Mi sembra che ho avuto solo due incontri con Blenda. Né Blenda o Natalie mi hanno mai chiesto del denaro o ricattato in relazione a foto o video che mi ritraevano. Non sono a conoscenza di video o foto scattate da Blenda in occasione di questi incontri, ma il mio stato confusionale, dovuto all´assunzione occasionale di cocaina, non mi mette in condizione di saperlo».
Si può distruggere una persona, anche senza torcerle un capello. La si può "assassinare" con un´immagine che può essere più minacciosa e mortale di un cappio o di un colpo di pistola. Il computer di Brenda, sia morta per omicidio o incidente domestico, potrà rivelarsi nei prossimi giorni e settimane un devastante arsenale di sopraffazione morale, alimentato dal sesso e dalle immagini catalogate in un computer.
Ogni delitto è sempre una catastrofe e ogni catastrofe ci svela sempre che è accaduto qualcosa che non capiamo perché quel che conta sapere - per capire davvero - non ci viene detto e non lo conosciamo. Ma, in questa storia di Piero Marrazzo e ora di Brenda, qualcosa si è già compreso o intuito: le abitudini private di un ceto politico, amministrativo, professionale, imprenditoriale sono state, sono e possono diventare gli strumenti di ricatti spietati e distruttivi, utili a modificare equilibri, risolvere conflitti; in qualche caso, adatti a "muovere le cose", concludere affari o farli saltare. Brenda, quale che sia la ragione della sua morte, si è trovata al centro di questo gorgo fangoso, attrice consapevole di una tragedia scritta e diretta da altri.

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SPOON RIVER DI VIA GRADOLI, di ADRIANO SOFRI, la Repubblica, 21/11/2009
COME sono andate ieri sera le vostre cene? La morte avrebbe assicurato a Brenda una pagina nell´Antologia di Spoon River, una canzone di De Andrè. E nelle nostre cene, se n´è parlato, si è fatto un minuto di silenzio per la pena, si è restati in silenzio per mezz´ora per l´imbarazzo? Se ne erano passate di ore a cena a parlare di trans, da un mese a questa parte.
A fingere di volersi capacitare delle ragioni incomprensibili di simili vocazioni ? non dei/delle trans, quasi mai, ma di chi ci va, specie se bennato. Ad avanzare, scusandosi della franchezza peraltro solo anatomo-patologica, si capisce, interrogativi su come sono fatti/fatte, esattamente, e che differenza eccetera. Brenda ? perché è di lei che si è parlato tutto ieri e si è taciuto poi a cena e si riparla tutto oggi e si ricomincerà a scherzare stasera a cena, perché è lei che è morta ? veniva poco menzionata col suo nome nelle cene del mese trascorso: pochi specialisti si erano messi in grado di attaccare a ciascun/ciascuna protagonista dello scandalo di ottobre il nome proprio, ci si intendeva piuttosto per allusioni somatiche. Quella grande e grossa, quell´omaccione. Già le cronache, del resto: «Un´ottava di seno e un fisico da corazziere». Faceva un miglior contrasto con la pretesa di femminilizzarsi, un corazziere transgenerato. L´ottava di seno è forse misura tecnica, non so, certo ha una suggestione musicale vertiginosa. Del resto nemmeno il disgraziato presidente regionale ? alla lettera, gli è successa una disgrazia, e attraverso lui ad altri/altre, e fu ed è naturale temere per la sua stessa vita ? nemmeno lui si era rassegnato a imparare il nome di quel/quella ospite non di una volta sola, e l´aveva chiamata ripetutamente, e messa a verbale, «un certo Blenda», con la l, come per attenuare e impicciolire la cosa. Due lapsus: non era «un certo Blenda»: era una certissima Brenda.
Gli amici/amiche ? ne guardi Iddio ? la chiamavano invece «la Brendona», in omaggio a quella statura madornale, e forse per invidia, perché a volte gli uomini, specialmente i granduomini, i grandufficiali, li/le cercano per farsi piccoli piccoli, ed esserne consolati. Così grande e grossa, abitava, ha riferito ieri il fumo uscito dalla porta, in 10 metri quadri ? quasi venti, azzarda qualche altra cronaca, contando un soppalco ? e vien fatto di pensare a quel seminterrato angusto come già un anticipo di tomba, e poi si rileggono cronache dei giorni eccitati e si trova che l´avevano chiamato davvero così, un loculo: «... e una vita segreta che racconta tutta un´altra realtà, fatta di appartamenti angusti, loculi fatiscenti in cui la televisione col satellite parla portoghese. Odore di fritto, urla da una porta all´altra, lametta e schiuma da barba appoggiate sul lavandino accanto a un reggiseno enorme». (Era la cronaca, su questo giornale, di Maria Elena Vincenzi, un mese fa). Così come dicevano, le cronache, della paura di Brenda. «C. dice che ora la sua compagna ha paura perché qualcuno vuole ucciderla: "Le hanno detto che se non se ne sta zitta la fanno fuori", racconta nel salottino di casa. "Era terrorizzata. Ha detto che sarebbe fuggita via lontano"». E lei stessa, Brenda, aveva detto: «Tutti i trans della zona sono a rischio di morte. Abbiamo molta paura dei romeni».
Di che cosa ha paura un/una trans che batte sulla strada? Clienti, carabinieri, papponi, giustizieri, rumeni, romani, colleghe, rivali: c´è il mondo intero in agguato, niente di cui non avere paura. Sesso estremo: vuol dire questo. L´altra/altro, Natalie, ha fatto mostra di tranquillità, ieri: «Di che cosa dovrei avere paura? Non ho fatto niente». Come se bastasse non aver fatto niente per non avere paura.
Dunque Brenda aveva fatto le valigie. Hanno chiesto alla sua amica Barbara se fosse vero che voleva partire. «Certo che è vero». E dove voleva andare? «Ma a casa! In Brasile!» ha risposto esasperata. E dove volevate che andasse? Si scrive così anche nei necrologi: « tornato alla casa del padre». Solo che questa volta bisogna almeno completare: «Tornato/tornata, e alla casa della madre».

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IL GIALLO DI BRENDA ASFISSIATA IN CASA « STATA UCCISA» di GUIDO RUOTOLO, La Stampa, 21/11/2009
Povero Brenda, il corpo senza vita a terra. Nudo, accanto al letto. Non ha avuto la forza di alzarsi, scendere le scale del soppalco, raggiungere la porta, aprire le finestre. La morte l’ha avuta vinta.
Omicidio volontario, è questa l’ipotesi «prevalente» della Procura di Roma che sembra escludere le ipotesi di un suicidio o di un incidente: «E’ improbabile che questa morte sia legata al caso Marrazzo», afferma una fonte di piazzale Clodio. Ma bisognerà aspettare l’autopsia, gli esami tossicologici, le relazioni dei vigili del fuoco e della Scientifica per avere le idee più chiare.
Una morte misteriosa, di sicuro. La seconda dell’affaire Marrazzo, dopo quella del pusher-pappone dei trans, Rino Cafasso, morto a settembre in una stanza d’albergo, forse per overdose, per una partita tagliata male di coca. Cafasso, quello che ha avvertito i quattro carabinieri del disonore del festino a via Gradoli, a casa di Natalie. E che ha tentato di vendere quel video di due minuti del grande ricatto contro Piero Marrazzo.
Brenda il trans, quello del «secondo» video dello scandalo Marrazzo. Mai trovato - distrutto secondo Brenda - ma il più famoso tra i due, forse perché visto da tanti occasionali clienti, dai trans e forse da qualcun altro.
E’ ancora notte fonda in via dei Due Ponti, zona Cassia. Alle 4,16 arriva la telefonata al 113 e ai vigili del fuoco. C’è fumo che esce dall’appartamento nel seminterrato: una decina di metri quadri più un soppalco di otto. Porta chiusa a chiave, un trolley bruciato, il resto annerito. E poi fuliggine ovunque. Aria irrespirabile. Un rubinetto aperto in cucina. Particolare questo sconcertante e per ora inspiegabile: sotto l’acqua un computer. E’ quello dove Brenda ha trasferito il suo video con Marrazzo, lui e il trans Michelly, e che poi ha cancellato?
Dubbi, interrogativi. E sono tanti in questa storia di sesso, droga e morte. E ricatti, violenza e disperazione.
Chi è entrato, ieri, in quell’appartamento non ha dubbi: «E’ più facile dimostrare l’omicidio che il suicidio. Ma potrebbe esserci una terza ipotesi: l’avvertimento». E già, un avvertimento, un «segnale» per qualcosa che Brenda sapeva e che non doveva dire? Perché aveva dato fastidio a qualcuno? Uno sgarro? Il mandante e l’assassino - se di omicidio si tratta - hanno a che fare con il caso Marrazzo? Un avvertimento comunque che si è trasformato in omicidio, in morte violenta. E che la Procura, per il momento, scarta decisamente.
Davvero, spiegano gli investigatori, è troppo presto per avere delle certezze. Troppi i punti ancora da chiarire. Durante un primo sopralluogo, i vigili del fuoco non avrebbero rinvenuto tracce di liquido infiammabile: chi ha appiccato il fuoco al trolley, insomma, lo avrebbe fatto con una fiamma diretta. Nell’appartamento, però, è stato trovato un accendino lontano dal focolaio e non sono state trovate candele.
«Brenda quand’era ubriaco era aggressivo, violento e prepotente anche con gli altri trans, che lo hanno accusato anche di pretendere parte dei proventi della prostituzione». A fine giornata, dopo aver sentito decine di testimoni, di trans, di vicini di casa, gli investigatori e gli inquirenti tracciano un primo profilo psicologico della vittima.
Ma ciò, secondo la Procura, non significa che i sospetti debbano necessariamente cadere sulla stessa comunità dei viados: «Questa ipotesi implicherebbe semmai un omicidio d’impeto, mentre la scena del crimine lascia intravedere un’azione più sofisticata». E i romeni, quelli che la notte dell’otto novembre aggredirono Brenda e gli rubarono il cellulare? Risponde sempre la fonte della Procura: «Perché aspettare tanti giorni? L’avrebbero potuto uccidere quella sera stessa».

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QUELLA FRASE AI PM "C’ UN ALTRO VIDEO" di G.RU., La Stampa, 21/11/2009
renda era arrivato in Italia che aveva 27 anni. Nato a Belem Para, nel Nord del Brasile, non doveva aver avuto una infanzia felice. Aveva vissuto in una famiglia profondamente religiosa, praticante della chiesa battista. Cinque anni fa la decisione di emigrare. Arrivato a Roma, aveva subito iniziato a battere. Brenda era un trans che si prostituiva sulla strada. Amava bere, anche quattro bottiglie al giorno di un cocktail di «Ballantine’s» e «Red Bull» (bevanda energetica). E tirava coca.
Un trans clandestino, come tanti. Sconosciuto fino a quel 22 ottobre, quando la Procura di Roma ferma i quattro carabinieri del ricatto a Piero Marrazzo. Brenda entra infatti prepotentemente nell’affaire Marrazzo chiamato in causa da Natalie, il trans a casa del quale, il 3 luglio, i carabinieri infedeli entrano e filmano il trans insieme all’allora governatore del Lazio: «Glielo dicevo, io: Piero stai attento a con chi esci. Lasciala perdere la Brendona, quella è drogata, ti fa finire nei guai».
Brendona viene così sentita dagli investigatori del Ros il 30 ottobre, alle 0,50: «Mi chiamo Wendell Mendes Paes, sono nato a Belem Para il 28 novembre del 1977. Vivo in Italia da cinque anni, sono un clandestino. Il mio nome d’arte è Brenda, o meglio Blenda: sono un trans e mi prostituisco per strada. Non ho mai conosciuto Piero Marrazzo. E’ stata Natalie che mi ha inguaiato. Vivevo con Michelly, che ora sta a Parigi. Michelly conosce Marrazzo? Se lo sapessi non ve lo direi. So che una amica di Natalie (omissis) ha avuto una storia con Nicola, il carabiniere arrestato».
Reazione infantile, la sua. Che nega tutto e se la prende con Natalie. Ma poi, davanti al pm Giancarlo Capaldo, è costretto a dire la verità. Ammette di conoscere Marrazzo, di esserci stato più volte, almeno quattro o cinque, e ammette soprattutto l’esistenza di quel «secondo» video di cui tutti parlavano: «E’ vero. L’ho girato a casa di Marrazzo sulla Cassia (via Cortina d’Ampezzo, ndr). Fu Michelly che mi ci portò».
Brenda descrive qualche camera di quell’appartamento. Racconta, appunto, che Marrazzo aveva agganciato Michelly, invitandolo a portare un altro trans. E i suoi incontri con l’ex governatore avvengono sempre con la partecipazione di Michelly. E descrive il video: «Riprendo Marrazzo e Michelly che stanno sul letto e che poi si alzano e vanno verso il bagno...». Si sofferma sui particolari, precisando che l’ex governatore era consapevole che stava filmando la scena con il cellulare: «Scattai anche delle foto che mi riprendevano insieme a Marrazzo».
E aggiunge: «Quella volta arrivammo a casa di Marrazzo la sera, restammo fino al primo pomeriggio del giorno dopo. Se non ricordo male mi pagò 1500, 2000 euro». Il secondo video dell’affaire Marrazzo, secondo Blenda, non esiste più. Lo ha distrutto, anche se poi ammette che, nei festini, lo ha fatto vedere ai suoi occasionali amici o clienti.
Battere sui marciapiedi, vita pericolosa. E’ la sera dell’8 novembre, una domenica. Brenda è in via Carlo Pizzio Biroli. Batte. Viene aggredita e derubata del cellulare da un gruppo di una decina di romeni. E’ ubriaca. T