Andrea Scanzi, La Stampa 21/11/2009, 21 novembre 2009
Oprah Winfrey, la regina dei talk show, chiuderà il suo popolare programma quotidiano nel settembre 2011, per lanciare il proprio canale televisivo via cavo
Oprah Winfrey, la regina dei talk show, chiuderà il suo popolare programma quotidiano nel settembre 2011, per lanciare il proprio canale televisivo via cavo. Lo ha confermato ieri sera aprendo in lacrime la trasmissione. La fine di un’era». Gli analisti americani l’hanno buttata giù dura. Oprah Winfrey ha annunciato ieri, con tanto di lacrime, che il suo show chiuderà i battenti – dopo 25 anni – nel settembre 2011. Non è un addio (la conduttrice non farà che trasferirsi sul canale via cavo che porta il suo nome), ma la notizia è stata sufficiente per gettare nello sconforto gli Stati Uniti, generando un cordoglio (virtuale) paragonabile a quello (reale) che da noi ha accompagnato la scomparsa di Mike Bongiorno. L’esagerazione, molto americana, ha una spiegazione molto semplice: la Winfrey è molto più di una conduttrice televisiva. Sulla rivista Forbes figura da anni come una delle dieci donne più potenti del mondo, è l’afro-americano più ricco del XX secolo (uomini compresi) e Time l’ha perfino inserita nel ristrettissimo club delle figure più influenti tanto nel Novecento quanto nel nuovo millennio, accanto a Papa Giovanni Paolo II e Nelson Mandela. Un po’ troppo? Probabilmente sì. Di sicuro è stata la Winfrey a sdoganare e quindi canonizzare, portandola al successo planetario (media dai 7 milioni di spettatori giornalieri in su), la tv-verità. L’intervista sentimentale-confidenziale. Con annesso il gusto per la lacrima. Oggi la Winfrey ha 55 anni, il suo show è nato nell’86. Figlia di una ragazza madre del Mississippi, ha sempre rimarcato di essere venuta dal niente: «Non avevo nessun potere. Nessun soldo. Nemmeno i miei pensieri mi appartenevano. Non avevo alcuna volontà. Nessuna voce in capitolo. Ora ho la libertà, il potere e la volontà di parlare a milioni di persone ogni giorno». Molto di più. La sua sola affermazione di non mangiare più carne dopo lo scandalo della mucca pazza ne fece letteralmente crollare il consumo (con tanto di causa degli allevatori). In Italia si può trovare un corrispettivo in Maria De Filippi, più ancora – per longevità e capacità di creare personaggi dal nulla – nel Maurizio Costanzo Show, ma la Winfrey è di fatto un unicum. Nessuno incide come lei, anche a livello politico: si calcola che il suo appoggio a Barack Obama abbia portato al presidente americano almeno un milione di voti. Da lei andò Michael Jackson nel ”93 a rivelare la malattia alla pelle che lo devastava, da lei Tom Cruise si mise a saltare sul divano dichiarando amore a Katie Holmes (immagine parodiata dalla serie cinematografica Scream). Il suo divano può essere trampolino di lancio come pietra tombale. La Winfrey è un’industria. Il suo Club letterario, con la sola imposizione del «bollino Ophrah», garantisce a un libro il boom di vendite. La rivista femminile O, dove sostanzialmente racconta i fatti suoi, spopola. Il suo impero è stato valutato 2,7 miliardi di dollari. Re Mida anche al cinema: nomination per Il colore viola (diretto da Spielberg), produttrice di quello che è stato il film evento al Toronto Festival, Precious. La Winfrey è la donna che parla alla pancia delle casalinghe americane. La figura da cui tutti, vip e no, vanno non a raccontarsi: a redimersi. Se Oprah benedice, il peccato è mondato. Perfino la sua eterna battaglia con la bilancia è assurta a lotta epica, con al centro di tutto la paladina dei deboli e l’incarnazione esplicita dell’american dream. «Oprah è una potenza nei media», ha riassunto ieri l’analista Larry Gerbrandt, aggiungendo però che «è una grande perdita, ma non quanto lo sarebbe stata dieci anni fa». Quasi a dire che, dietro questa exit strategy, c’è la consapevolezza che il mito – pur se ancora potentissimo – si sta fatalmente erodendo. Anche i sogni (americani) invecchiano. Stampa Articolo