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 2009  novembre 21 Sabato calendario

ORLANDI, IDENTIFICATO UNO DEI PRESUNTI RAPITORI



ROMA - L’ultima speranza di fare chiarezza sulla scomparsa di Emanuela Orlandi è appesa a un nome: Angelo C., un signore che oggi ha 49 anni e che nel 1983, quando Emanuela svanì nel nulla, aveva un nomignolo che tutti conoscevano, almeno nell’ambiente della Banda della Magliana: ”Faccia d’angelo”. Era biondino, già stempiato nonostante la giovane età, legatissimo a personaggi del calibro di Roberto Fittirillo e di Enrico De Pedis. Per i magistrati che a 26 anni da quel mistero italiano stanno ancora indagando, potrebbe essere lui il giovane biondino che il pomeriggio del 22 giugno ”83 avvicinò Emanuela Orlandi in corso Rinascimento a Roma, di fronte all’ingresso di Palazzo Madama. Sempre lui sarebbe il telefonista ”Mario”, che chiamò la sera del 28 giugno a casa Orlandi e parlò con Mario Meneguzzi, lo zio paterno di Emanuela, che provvidenzialmente registrò la chiamata grazie all’intuizione di un agente del Sisde, Giulio Gangi, amico di famiglia. La convinzione degli inquirenti si baserebbe anche sugli accertamenti tecnici che sono stati resi possibili proprio grazie a quella registrazione; la voce del cosiddetto ”telefonista” è stata analizzata con strumenti di ultimissima generazione e comparata con le voci di altri pregiudicati della Banda della Magliana sottoposti ad intercettazioni telefoniche negli ultimi anni. Secondo indiscrezioni al riconoscimento avrebbe contribuito anche Sabrina Minardi, la donna di Enrico De Pedis, il boss che secondo le testimonianze della donna avrebbe organizzato il ”prelievo” della Orlandi per poi consegnarla ad un alto prelato del Vaticano.
”Faccia d’angelo”, come lo chiamavano i suoi sodali negli anni ruggenti della conquista di Roma da parte della banda della Magliana, è a piede libero. In passato è stato arrestato per traffico di droga, per rapine e per altri reati contro il patrimonio; e secondo il racconto di alcuni pentiti della banda sarebbe stato anche uno dei killer dei quali si serviva Enrico De Pedis per risolvere i contrasti all’interno della banda. In particolare, sarebbe stato lui a uccidere Edoardo Toscano, insieme ad un altro gregario della banda. Con lungimiranza, Angelo C. preferiva presentarsi sempre con il soprannome di Ciletto, tanto che molte delle persone che lo frequentavano non conoscevano il suo vero nome. Persino ai tempi dell’Operazione Colosseo, la grande retata che mise alle corde l’organizzazione resa possibile dalle dichiarazioni del pentito Maurizio Abbatino, nella monumentale ordinanza di custodia cautelare Angelo C. veniva sempre indicato come Ciletto, perchè persino i magistrati inquirenti non avevano certezze sul suo vero nome.
Oltre a quello di Angelo C., i magistrati romani avrebbero individuato una rosa di altri tre nomi di altrettanti presunti complici del sequestro. Tuttavia, secondo indiscrezioni, prima di passare ad una fase più avanzata dell’indagine, gli inquirenti avrebbero deciso di raccogliere altri elementi indizianti, tali da poter sostenere un’accusa in grado di reggere un eventuale giudizio davanti al tribunale del Riesame, nel caso in cui si arrivasse all’emissione di provvedimenti cautelari.