Glauco Maggi, La stampa 18/11/2009, 18 novembre 2009
PIU’ ANTICA DI PIRAMIDI E FARAONI ERA IN EUROPA LA PRIMA CIVILTA’
L’Isaw è un piccolo museo aperto nel 2008 a due passi dal Metropolitan Museum, in una palazzina donata da un benefattore alla New York University. Ma l’Institute for the Study of the Ancient World ha ora lanciato la sua sfida al celebre vicino, Davide contro Golia, con uno scoop archeologico destinato a far riconsiderare gli stereotipi imparati a scuola. Altro che Mesopotamia o Egitto, per non parlare della Grecia. E’ stata la vecchissima Europa dei romeni, bulgari e moldavi la culla della prima civiltà sofisticata e pacifica. Troppo pacifica, perché, dopo una fioritura durata oltre un millennio, da 7 mila a 6 mila anni fa, «attorno al 3500 sparì misteriosamente per estinzione violenta», dice lo studioso David Anthony, professore di antropologia all’Hartwick College, curatore della mostra assieme a Jennifer Y. Chi, direttrice del Museo.
Aperta fino al 15 aprile 2010, con il titolo «Il Mondo Perduto della Vecchia Europa: La Valle del Danubio 5000-3500 avanti Cristo», l’esposizione raccoglie oltre 200 reperti da varie istituzioni est-europee e presentati per la prima volta insieme al pubblico americano. Fra un anno, la mostra sarà ad Atene.
Le fertili valli del Danubio offrirono ai contadini dell’era neolitica il terreno ideale per insediamenti stabili e duraturi. Le statuette in creta ritrovate nei tre insediamenti principali emersi dagli scavi del secolo scorso rappresentano in prevalenza figure femminili. E’ una caratteristica che ha diviso gli archeologi sul ruolo delle donne mitteleuropee di sette millenni fa, dall’idea protofemminista di una società matriarcale a quella più banale e fisiologica della «mamma dea», da rispettare per il ruolo riproduttivo. Rimarchevole, in ogni caso, la capacità artistica degli scultori di un’epoca che, pur senza lasciare traccia di scrittura, è stata all’ avanguardia in vari campi, dai metalli alla fondazione di città che arrivarono a 10 mila abitanti.
Vivevano in case con le pareti di legno e creta, i tetti di paglia o foglie, i pavimenti di terra battuta o di creta, sovrapposta a tronchi per garantire l’isolamento. Poi i tronchi venivano bruciati e l’effetto era di avere pavimenti in ceramica. La maggioranza delle abitazioni era a un piano, ma alcune ne avevano un secondo e, a volte, un terzo, i grattacieli del Neolitico. C’erano villaggi di 40 case, ma la civiltà dei Cucuteni, alla fine della sua fioritura, arrivò a mettere insieme in Ucraina una città da 2 mila «palazzine».
Gli artigiani che lavoravano il rame non avevano eguali. E la passione per l’oro e le conchiglie dell’Egeo, allora l’«ultimo grido» nel settore dei monili personali, è testimoniata dalle tombe rinvenute nella regione bulgara di Varna e che risalgono alla prima metà del V millennio. Faraoni ante litteram, i corpi dei leaders del Danubio venivano coperti d’oro, fino a 5 chili: corone meravigliosamente decorate, collane, pendagli e asce da cerimonia. Al loro servizio c’erano artigiani capaci di estrarre i metalli dai minerali attraverso processi di fusione, una tecnica di assoluta avanguardia. Altra caratteristica era la pratica di addomesticare gli animali.
Nell’area che si estende dall’Ucraina alla Serbia, considerata il bacino della cultura della valle danubiana, convivevano diversi gruppi, come quello dei Cucuteni (che deve il nome al villaggio rumeno dove sono stati fatti i primi scavi nel secolo scorso) e poi dei Gumelnita, dei Hamangia e dei Varna, tutti rappresentati nella mostra da testimonianze di grande originalità.
Che cosa ha cancellato la cultura di popolazioni che promettevano tanto bene, in terre ospitali e in grado di costruire una società che si sviluppò per un millennio? «L’arrivo di barbari dall’Ucraina è la mia ipotesi preferita, anche se può non essere stata la sola causa - ipotizza Anthony -. E i cambiamenti climatici? O una serie di trasformazioni socio-economiche? Può essere, ma gli ”intrusi”, nomadi e conquistatori, restano la spiegazione più convincente».
Non fu una pura occupazione militare, ma anche abitudini e costumi furono stravolti. «Quei barbari avevano un ”marchio” proprio, che non contemplava il gusto sofisticato dei vecchi europei”». Così, rapidamente, la gloriosa originalità danubiana si estinse.