Eva Filoramo, La Stampa 18/11/2009, 18 novembre 2009
PERCHE’ VI TRUFFERANNO SEMPRE
Un uomo sdraiato su un lettino e, dietro di lui, un altro uomo che lo guarda con aria indagatrice dalla poltrona su cui è seduto: ecco l’immagine che è più probabile si affacci alle nostre menti quando sentiamo la parola «psicologo».
Forse a causa di certi film - Woody Allen su tutti - o delle vignette umoristiche pubblicate su giornali e riviste, la figura dello psicologo rimanda a un ambiente tranquillo, un po’ asettico, in cui un essere umano cerca di raccontarsi a un altro essere umano. Per questo motivo, probabilmente, l’incontro con Richard Wiseman, psicologo e professore presso l’Università dell’Herfordshire, in Gran Bretagna, è una continua fonte di sorprese.
Mago e prestigiatore già dall’adolescenza, Wiseman da oltre un ventennio si occupa di indagare gli aspetti più inconsueti dell’animo umano, ricorrendo a esperimenti di massa sul campo e a sondaggi attraverso siti Internet. La «strana scienza della vita quotidiana» - la quirkology -, a cui ha dedicato il proprio lavoro fin dagli esordi della sua carriera accademica, spazia dal nostro rapporto con l’astrologia e la superstizione al modo in cui prendiamo una decisione oppure scoppiamo a ridere quando sentiamo raccontare una barzelletta: è tutto spiegato in «Quirkology» (Ponte alle Grazie), ultimo di una serie di saggi che indagano gli aspetti più irrazionali del nostro comportamento e in particolare del modo in cui ci rapportiamo gli uni agli altri, di come, per esempio, sappiamo essere altruisti o diventiamo egoisti.
«Non sono molto interessato al cervello - spiega, quando gli chiedo di descrivere la disciplina a cui ritiene di appartenere come studioso -. A dire il vero sono piuttosto scettico nei confronti di chi dichiara che tutto dipende solo dai nostri neuroni. Sono molto più interessato alla socialità, alle connessioni che esistono e si sviluppano tra gli esseri umani. Siamo davvero animali sociali, dal mio punto di vista, e siamo animali sociali che non riescono a comprendere le regole dei rapporti che ci legano e tanto meno la complessità delle nostre vite».
Ciò che colpisce sempre in Wiseman, fin dal primo momento, è il modo in cui espone i suoi risultati (così come è successo la sera del 24 ottobre al Festival della Scienza di Genova): l’ironia non gli fa mai difetto. E si comincia a capire il suo punto di vista alternativo, quando sottolinea che «un discorso sul modo in cui funziona il cervello da un punto di vista fisiologico non avrebbe alcuna chance di creare dei legami tra chi parla e chi ascolta. La psicologia comportamentale, al contrario, racconta alle persone cose che fanno parte della loro vita ed è per questo che tutti sono interessati, nessuno escluso». Perché Wiseman, ogni volta che parla davanti a una platea, sta parlando anche di me, della mia vita, di come sono brava a mentire e di come sono assolutamente incapace, al contempo, di riconoscere una menzogna. E ne parla con brio, facendo ricorso alle battute sarcastiche che fanno parte del suo personaggio: «Uso l’ironia perché in questo modo tutto diventa più divertente, meno pesante. Anche se pensiamo di giudicare una conferenza o un discorso su una base razionale, in realtà l’unica cosa che conta davvero sono le emozioni».
Il ruolo dell’emotività sembra essere il «fil rouge» di tutta la quirkology, la scienza che deriva dalla parola «quirk», vale a dire stranezza. Le bugie, per esempio, sono connotate da un uso ridotto di termini legati all’emotività e alla soggettività. «Gli attori sono ottimi bugiardi - spiega il professore - perché, quando recitano, rivivono situazioni che nella loro vita hanno suscitato in loro stessi l’emozione che devono riprodurre. I bugiardi puri e semplici, invece, non lo fanno ed è per questo che devono prendere le distanze da ciò che dicono» ed entrare in un mondo in cui non c’è più spazio per il coinvolgimento della nostra parte non razionale.
Sono le ricerche sulle bugie e su come tendiamo a farci ingannare, insieme con quelle sulla fortuna e sull’umorismo, a interessarlo di più. «Sono tutte con la lettera elle!» («lying», «luck», «laughter» in inglese), esclama, ridendo, nel momento in cui se ne rende conto. «Devo però ammettere che il lavoro che mi ha influenzato di più è stato quello sulla fortuna: è difficile non essere colpiti dal fatto che le persone fortunate o sfortunate lo sono a causa del loro atteggiamento nei confronti della vita, del grado di attenzione che hanno nei confronti delle novità e delle opportunità da cogliere». Ed è effettivamente difficile non essere segnati dalla consapevolezza del fatto che le ricerche di Wiseman fanno emergere che siamo noi, e noi soltanto, gli artefici del nostro destino.