Luca Dello Iacovo, Il Sole-24 Ore 18/11/2009;, 18 novembre 2009
IL MAXI-BUSINESS DELLE DEMOLIZIONI
Da febbraio a ottobre sono stati 742mila i veicoli comprati utilizzando l’ecoincentivo. Con un effetto diretto sul rinnovo del parco macchine. Secondo l’Aci, la metà delle radiazioni dal registro automobilistico nel 2009 è dovuta al bonus ambien-tale: un mese fa, in particolare, è stato raggiunto il picco con il 58% di cancellazioni. L’ecoincentivo ha influenzato un’inversione di tendenza: nei primi dieci mesi del 2009 l’Aci ha registrato un aumento del 4,8% per le radiazioni di vetture rispetto all’anno precedente. Più automobili varcano la soglia degli impianti di demolizione. Il cambio di rotta diventa evidente osservando l’andamento mensile delle eliminazioni dal Pra:l’ultimo calo è stato registrato a febbraio (mese di introduzione dell’incentivazione). A marzo, invece, l’aumento di vetture cancellate è stato del 12%, fino al picco di giugno del 30%.
Il 90% degli acquisti è legato a una contemporanea rottamazione della vecchia automobile: a ottobre le vendite con ecoincentivi sono aumentate dell’1,26%rispetto a un mese prima. La maggior parte dei veicoli avviati alla demolizione sono Euro 2 (46%), seguite dalle Euro1 (32%). Le cilindrate più dismesse sono tra i 1200 e i 1500 centimetri cubici (63%). In particolare, il mese scorso le tre Regioni che hanno sfruttato di più il provvedimento ecologico sono state Lombardia (19mila), Emilia Romagna (10mila), Piemonte ( 9mila). Ma le vetture dismesse non sono carcasse inutili: diventano una miniera per il recupero di materie prime e il riutilizzo dei pezzi di ricambio. Alimentando un indotto ecosostenibile. In questi mesi, per esempio, non c’è un attimo di riposo nell’impianto per demolizioni "Di Lorenzo", alle porte di Milano: i muletti e i magli si muovono in continuazione sull’area di lavoro per lo smantellamente dei veicoli. Ma quali parti vengono reimmesse nel ciclo produttivo? Durante la fase di bonifica dai materiali pericolosi per la salute,l’impresa di demolizione raccoglie le batterie esauste e gli oli minerali, avviati al recupero presso consorzi specializzati. Il liquido antigelo e i residui di carburante sono smaltiti. In seguito, prelevano le plastiche (i due paraurti anteriori, il serbatoio, i quattro pneumatici) e il vetro (ad esempio, il parabrezza). Poi, estraggono i motori e le parti meccaniche (fonti di ferro e alluminio). Alcuni pezzi sono utilizzati come ricambi. I prezzi dei materiali sul mercato, però, sono diminuiti: per esempio, un anno fa il catalizzatore costava 90 euro, ma adesso è pagato anche 12 euro. «Nel 2008 vendevamo i rottami di ferro leggero a 240 euro per tonnellata, ora arriviamo a 40», commenta Alfonso Gifuni, presidente della Confederazione autodemolitori riuniti (Car).
Il passo successivo è l’invio delle automobili, compattate in cubi dalle presse meccaniche, agli impianti di frantumazione (in Italia sono una trentina). Un mulino disgrega i blocchi in una poltiglia. Poi, i magneti selezionano ferro e alluminio: è il proler, impiegato dalle acciaierie per alcuni manufatti (come i tondini). Si tratta di un materiale che arriva fino al 65% del peso della vettura. Sui nastri trasportatori resta il "car fluff": frammenti non metallici (per esempio, le plastiche delle guarnizioni, la cavetteria, residui dell’imbottitura dei sedili) e oggetti non ferrosi (rame e altri metalli).
Nel 2008 le vetture avviate allademolizione sono state 1,3 milioni. Secondo il rapporto FiseUnire, l’anno scorso demolitori e frantumatori hanno estratto per il recupero 135mila tonnellate di materiali. I principali passi in avanti sono stati fatti per il riciclo di pneumatici (3mila tonnellate), plastica (899 tonnellate) e vetro (935 tonnellate). I pezzi di ricambio riutilizzati e immessi sul mercato sono arrivati a 29mila tonnellate. «Recuperiamo materiali equivalentia circa l’80% del peso dei veicoli: resta ancora da raggiungere il target del 5% per l’impiego nella produzione energetica», sottolinea Anselmo Calò, presidente dell’Associazione dei demolitori di veicoli (Assodem). Il "car fluff", infatti, non è soltanto una fonte di plastiche e metalli (ricavati dalla poltiglia degli impianti di frantumazione attraverso tecnologie ecologiche come le vasche di flottazione): può diventare anche un combustibile per la generazione di energia elettrica e calore.