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 2009  novembre 18 Mercoledì calendario

POLO SUD, ALLA RICERCA DEL WHISKY PERDUTO BIOGRAFIA DI ERNEST SHACKLETON


C’è un genere di whisky con ghiaccio talmente unico da essere introvabile in qualsiasi bar del mondo. E’ nascosto in un paio di casse, conficcate da un secolo sotto una baracca abbandonata nel luogo più lontano e inospitale della terra: il Polo Sud.
Appartenevano a Sir Ernest Henry Shackleton, lo spericolato esploratore irlandese che diventò leggenda tentando di conquistare l’Antartide, e le dimenticò durante una delle sue spedizioni nel 1909. E lì sono rimaste fino a quando - tre anni fa - non furono ritrovate per caso da alcuni escursionisti.
Oggi l’Antarctic Heritage Trust, un fondo neozelandese, ha deciso di avviare una spedizione per tentare la difficile estrazione delle casse, utilizzando alcuni scavatori speciali per l’occasione. Non sarà un’impresa facile. Ma nulla è facile a quelle latitudini.
«Penso che quel whisky se lo siano dimenticato lì per sbaglio, è difficile credere due casse siano state lasciate sotto quella capanna senza essere bevute», ha dichiarato Al Fastier, portavoce del fondo che ha avviato le ricerche. Lo scopo è quello di analizzarne alcune, mentre le altre dovranno restare lì, secondo il patto di conservazione deciso dalle 12 nazioni firmatarie del Patto Antartico. Certo, molti appassionati si morderanno le dita, visto l’inestimabile valore di quel piccolo tesoro seppellito nelle lande antartiche.
Per ora ci si dovrà accontentare dell’idea di Whyte&Mackay, la società che oggi possiede il brand Mackinlay’s, che ha richiesto dei campioni per poter riproporre la marca. Anche se forse, come sostiene Fastier, quel whisky «è meglio immaginarselo, che berlo. In questo modo si conserva il mistero».
E con esso, anche il fascino della vita avventurosa di Ernest Shackleton, uno dei miti di quella che in Gran Bretagna viene ricordata come l’«era eroica dell’esplorazione antartica».
Nato nel 1874 in un paesino a 50 chilometri da Dublino, Shackleton non fu mai uno studente particolarmente brillante, nonostante avesse sviluppato un grande interesse per la lettura da viaggio fin da piccolo. A 16 anni era già sulle navi inglesi che attraversavano gli specchi d’acqua più remoti del pianeta e a 24 aveva ottenuto il titolo di mastro marinaio, che gli consentiva di comandare qualsiasi nave britannica. Il 1901 fu l’anno che segnò la nascita di quella che sarebbe diventata la sua ossessione fino alla morte: il colossale e quasi del tutto inesplorato continente antartico. Shackleton prese parte come terzo ufficiale alla «Discovery», la prima spedizione britannica verso il Polo Sud, guidata dal capitano Robert Falcon Scott.
Rispedito a casa per motivi di salute, dopo diversi tentativi fallimentari di diventare un businessman di successo si ripresentò nel 1908 a capo della spedizione Nimrod, con lo scopo dichiarato di raggiungere il Polo Sud magnetico. Ma riuscì solo a sfiorarlo, arrivando a 88 gradi e 23 primi latitudine sud, a 180 chilometri dalla meta, prima di tornare indietro. Fu proprio in quel periodo che, nella fretta di ripartire prima che il mare circostante si ghiacciasse, Shackleton lasciò tra i ghiacci di Cape Royds le due casse di Mackinlay’s di cui oggi parla il mondo intero. L’impresa della Nimrod gli bastò per diventare, una volta rientrato in patria, un eroe a tutti gli effetti. I suoi diari sono appena stati ripubblicati in Italia per la prima volta in versione integrale («Sud, la spedizione dell’Endurance», Nutrimenti).
La gloria fu però presto oscurata dall’impresa, avvenuta poco dopo, del norvegese Roald Amundsen, il primo esploratore a raggiungere il Polo Sud. Ma Shackleton, ormai ossessionato, non si lasciò demoralizzare, e riuscì a trovare l’ennesima scusa per salutare la moglie e far di nuovo rotta verso l’estremo sud: la «spedizione imperiale trans-antartica», nome altisonante per portare a compimento la folle idea di attraversare il continente via mare. Fu un vero disastro, con la nave che affondò tra i ghiacci e l’intera spedizione costretta ad una snervante attesa nel campo base prima di tornare a casa.
Rientrato in patria sconfitto al termine della Prima Guerra Mondiale, Shackleton era ormai l’ombra dell’eroe che qualche anno prima aveva portato la Gran Bretagna così vicina al punto più remoto del Polo Sud. Le cronache parlano di un cardiopatico con il vizietto di bere e ormai un unico pensiero fisso in mente: la circumnavigazione del continente ghiacciato, l’impresa che l’aveva reso immortale, ma che lui sentiva forse di non aver mai davvero portata a termine.
Il cuore lo abbandonò dalle parti della Georgia del Sud, alle 2.50 di notte del 5 gennaio 1922, pochi minuti dopo una discussione con il suo medico, che insisteva perché non bevesse troppo. Di lui resta la fama di uomo che non mollava mai. A ricordarlo fu anche l’esploratore inglese Apsley Cherry-Garrard con una celebre citazione: «Se fossi intrappolato in un dannato buco e volessi uscire a tutti i costi, accanto a me vorrei sempre uno Shackleton». E magari anche un po’ del suo whisky.