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 2009  novembre 18 Mercoledì calendario

«Sacchi d’oro ai talebani». Ecco come gli inglesi pacificano l’Afghanistan - Ma non erano i nostri soldati a pagare i talebani? Se siete di quelli che Times e giornalismo anglosassone sono un’unica fede allora attenti, perché la domanda rischia di sgretolare le vostre più inveterate certezze

«Sacchi d’oro ai talebani». Ecco come gli inglesi pacificano l’Afghanistan - Ma non erano i nostri soldati a pagare i talebani? Se siete di quelli che Times e giornalismo anglosassone sono un’unica fede allora attenti, perché la domanda rischia di sgretolare le vostre più inveterate certezze. Eppure il titolo del quotidiano tanto blasonato pubblicato sul suo sito internet suona proprio così «Army tells its soldiers to ”bribe” the Taleban», ovvero: «L’esercito spiega ai suoi soldati di ”corrompere” i talebani». Avete letto bene, stavolta non ci sono di mezzo Ignazio La Russa, i suoi predecessori o i pusillanimi marmittoni di casa nostra. Stavolta a pagare i seguaci del mullah Omar, anzi a coprirli d’oro, ci penseranno i soldati di Sua Maestà. Merito degli strateghi di Londra, merito di un nuovo manuale da campo inglese secondo cui l’unico modo per abbandonare l’Afghanistan senza lasciarsi troppi cadaveri alle spalle è comprarsi i talebani a peso d’oro o - per usare il termine del manuale di Sua Maestà - a «borse d’oro». A confermare l’aurea svolta ci pensa il Generale Paul Newton: «L’arma migliore per confrontarsi con gli insorti non è sparare ma pagare... solo usando sacchi d’oro riusciremo a cambiare le dinamiche del campo di battaglia» spiega l’ufficiale descritto come una delle menti più lucide degli alti comandi britannici. In questo disquisire di mazzette e strategie la parte più spassosa la recita però il quotidiano. Non più tardi del 15 ottobre scorso il Vangelo secondo Murdoch se ne uscì con uno scoop da Kabul secondo cui a pagare i talebani erano i nostri soldati. Stando all’articolo, scritto orecchiando una notizia qua e un si dice di là, gli italiani dispiegati fino alla primavera del 2008 nella zona di Surubi, a sud della capitale, versavano mazzette ai talebani per portar a casa la pelle. Quella riprovevole abitudine taciuta dai nostri 007 agli omologhi di Parigi sarebbe stata, sempre a detta del Times, la causa di un’imboscata conclusasi con il massacro di dieci soldati francesi mandati a sostituire le nostre truppe. Il presunto scoop venne smentito nel giro di 48 ore dal ministro della Difesa La Russa, dai suoi colleghi francesi, dai comandanti americani e dai vertici Nato di Kabul. Il Times non fece mezzo passo indietro e continuò a riversare humour e fango sulle biasimevoli abitudini italiote. E stavolta? Stavolta manco «oh». Stavolta la notizia fila via senza un fremito d’indignazione, senza commenti e soprattutto senza inopportuni paragoni con gli italiani. Stavolta il Times, recupera il suo rigoroso stile britannico e spiega che la decisione è tutta legata alle difficoltà di una guerra dove gli americani comprano i talebani come galline al mercato mentre l’esercito di Sua Maestà non ha il becco di un quattrino. «I comandanti britannici durante le recenti operazioni non hanno avuto la possibilità di utilizzare lo stesso contante della controparte americana da questo momento - spiega la nuova Bibbia della contro guerriglia alla britannica maniera - i comandanti dovranno utilizzare il denaro allo stesso modo di un’arma. Se spesi nel contesto di una pianificazione a lungo termine quei soldi rappresentano un mezzo e un costo adeguato per sottrarre ai talebani l’appoggio delle comunità e garantire ai militari un indispensabile risparmio d’energie». (Gian Micalessin, Il Giornale 18/11/09) ______________________________________ Gli inglesi scoprono che pagare i taleban è una buona regola - E pensare che appena un mese fa i principali giornali anglosassoni titolavano sulle presunte mazzette pagate dai militari italiani per essere risparmiati dagli attacchi talebani. L’abbraccio con l’arcinemico dell’Occidente appare meno scandaloso nel Regno Unito ora che a proporlo sono i generali dell’esercito britannico. Il nuovo manuale di guerra distribuito in questi giorni agli ufficiali dell’esercito raccomanda infatti di utilizzare vere e proprie «borse d’oro» per convincere i fedelissimi di Osama bin Laden a disertare. Si tratterà pure d’una strategia bellica articolata che comprende l’apertura ai leader della guerriglia con «le mani insanguinate» per agevolare le trattative e la conclusione del conflitto. Ma dal punto di vista tecnico si tratta sempre di denaro in transito da una trincea a quella avversaria al pari dei proiettili. «La differenza tra la vicenda inglese e quella italiana, nel caso le accuse venissero confermate, sta negli obiettivi», osserva il professor Antonio Giustozzi, analista del Crisis Research Centre della London School of Economics. Pagare, d’accordo. Ma perché? «Se fosse vero che le mazzette italiane sono servite a comprare dai talebani la promessa d’essere risparmiati e non la loro diserzione, lasciandoli liberi di uccidere i soldati di altri Paesi, sarebbe una circostanza senza precedenti». Il tabù a questo punto non è più parlare con il nemico: «Gordon Brown deve mostrare di concedere qualcosa all’opinione pubblica, ma trattare non è una novità. Gli inglesi tentano da almeno due anni e mezzo d’indebolire i talebani portandone alcuni dalla propria parte: il mullah Salaam, un comandante della vecchia guardia, è stato ”promosso” governatore di Musa Kala, nell’Helmand. Il Congresso americano, dal canto suo, ha appena stanziato 1,3 miliardi di dollari per operazioni di negoziato analoghe». L’Occidente è in ballo collettivamente insomma ma guai a chi lascia intendere di voler ballare da solo. La nuova direttiva britannica, anticipata ieri dal Times, risponde a ragioni militari e politiche. Da un lato serve un’alternativa all’offensiva che in otto anni ha riportato in patria 234 bare avvolte nella Union Jack, 97 nel 2009. Dall’altro, a sette mesi dal voto, il premier Brown ha bisogno di offrire agli elettori qualcosa di meno goffo della lettera piena d’errori indirizzata alla madre dell’ultimo caduto, Jamie Janes. Così, insieme all’annuncio d’una possibile conferenza Nato sulla ricerca d’una via d’uscita dall’Afghanistan, Downing Street sonda la via commerciale. Funzionerà? «Le armi migliori per contrastare gli insorti non sparano» ripete il generale Paul Newton. Il professor Giustozzi però, ha più di un dubbio: «E’ vero che sottrarre combattenti ai talebani potrebbe metterli sotto pressione. Ma chi sono quelli disposti a tradire? I meno motivati ideologicamente, dunque i più facili da rimpiazzare». L’operazione inoltre è estremamente costosa. Se agli studenti coranici bastano 10 dollari al giorno per ingaggiare un mercenario, gli alleati occidentali devono aggiungere parecchi zeri: «Ogni disertore non chiede solo un vitalizio ma anche il trasferimento in zone sicure per la propria famiglia e gli uomini che comanda per sottrarli alla vendetta degli ex compagni». Ne vale la pena? La domanda incalza, che si tratti di euro o di sterline. (Francesca Paci, La Stampa 18/11/09)