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 2009  novembre 16 Lunedì calendario

DIVERSI ARTICOLI SU LUCIANO GAROFANO


SE NE VA GAROFANO, IL CARABINIERE SCIENZIATO di Andrea Acquarone. Il Giornale 16/11/2009 -
L’uomo del Ris se ne va. Abbandona. Lascia per strada un pezzo di «leggenda», sgretola l’archetipo dell’investigatore del terzo millennio, quello delle certezze incontrovertibili della scienza così superiore alle debolezze terrene, e torna umano. «Conoscere il male, vederlo ogni giorno da vicino, genera gli anticorpi per sconfiggerlo». Così sentenziava in una delle tante «rare» interviste Luciano Garofano, il colonnello in tuta bianca e mascherina simbolo delle indagini impossibili. Quello capace di incastrare l’assassino perfetto, di scovare la prova introvabile, di tornare al futuro partendo dalle scorie del passato remoto. Chissà, forse le sue certezze non erano così tali. Oggi lui, a cinquantasei anni, lascia l’Arma, le sue inchieste più o meno «perfette», e i tanti delitti ancora irrisolti che nemmeno computer e Dna hanno saputo svelare.
Luciano Garofano, il mago del Reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri, appende la divisa da scienziato ritrovandosi a sua volta sotto accusa. finito nel registro degli indagati per un presunto uso improprio dei mezzi e delle strutture del Ris nell’ambito delle sue consulenze private. Le voci di corridoio però danno una versione diversa: l’investigatore in camice bianco avrebbe deciso di ritirarsi in seguito alla decisione del Comando generale di trasferirlo da Parma a Roma, dopo la sua mancata elezione alle ultime Europee. Era candidato nella «Lista Mpa-La Destra-Pensionati-Alleanza di Centro» nella circoscrizione Nord-Orientale.
Spiegava in quei giorni: «Molti si chiederanno il perché ho deciso di presentarmi. Non vi preoccupate, non ho bisogno né del potere, né di una poltrona a Strasburgo o a Bruxelles. La ragione di questa scelta risiede solo nel fatto che voglio mettermi in gioco, raccogliere la sfida e contribuire a riportare la politica alla sua missione originaria: servire il Paese! Voglio dedicarmi soprattutto alla sicurezza e alla sanità con particolare attenzione alle problematiche degli anziani e dei giovani».
Dopo la bocciatura ha battagliato con il Comando a colpi di carte bollate. Inutili. E di fronte alla conferma del suo trasferimento nella Capitale, da parte del Consiglio di Stato, ha optato per le dimissioni.
Eppure a Roma Luciano Garofano è nato il 5 maggio 1953. Qui si era laureato in Scienze Biologiche alla Sapienza: 110 e lode. Poi la trafila dello studente modello: specializzazione in Tossicologia forense all’Università degli Studi di Napoli. Dal 1978, anno di arruolamento nella Benemerita, al 1988 è stato comandante della Sezione Chimico-Biologica del Centro carabinieri Investigazioni Scientifiche di Roma, con competenza su tutto il territorio nazionale; poi per due anni dirige la Compagnia di Torino Mirafiori; dal 1990 al settembre del 1995 comanda la sezione di Biologia di Bologna dove cura la realizzazione di un laboratorio per l’analisi del Dna a scopi forensi. Quindi il salto di qualità. Nel 1995 diventa il numero uno del Ris di Parma, che ha competenza su tutto il Nord-Italia.
Uno studioso con le stellette, un «Quincy» moderno che ha ispirato la celluloide di ultima generazione. Più scienziato o più carabiniere? «L’uno e l’altro. Io sono figlio di un ufficiale dei carabinieri ma non avevo alcuna intenzione di ripercorrere le orme di mio padre», racconta Garofano su Internet. «Mi sono laureato in biologia perché volevo fare il ricercatore. Poi, nel 1977, sono entrato come allievo ufficiale nel Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche di Roma e lì mi sono innamorato di questa professione».

Taormina: «L’ho denunciato già due anni fa» - Il Giornale, 16/11/2009 (senza autore)
Sarebbe legata all’uso «improprio» di mezzi e strutture dell’Arma dei Carabinieri, e nella fattispecie del Ris, l’indagine avviata dalla procura di Parma sull’ormai ex comandante del Ris di Parma, il colonnello Luciano Garofano. A Garofano sarebbero contestate le ipotesi di reato di peculato, truffa, falso ideologico in atto pubblico. L’inchiesta era scaturita da una denuncia dell’avvocato Carlo Taormina, «avversario» di Garofano ai tempi del processo ad Annamaria Franzoni, alla procura militare di Roma.
«Due anni fa presentai al pm militare Barone - spiega Taormina - una denuncia su tutte le consulenze svolte da Garofano con varie procure, e non come comandante del Ris. Garofano ha utilizzato attrezzature e personale appartenente all’Arma durante l’orario di ufficio e ha percepito i compensi dalle consulenze tecniche affidategli quando il consulente tecnico nominato dai pubblici ministeri o dai giudici per legge non può essere considerato pubblico ufficiale ma privato cittadino». Secondo Taormina, al vaglio della magistratura di Parma a cui sono stati trasmessi gli atti dalla procura militare di Roma che avrebbe ritenuto di competenza della magistratura ordinaria le ipotesi di reato, vi sarebbero una quarantina di consulenze svolte da Garofano dal 2002 al 2009 tra cui quelle per inchieste come Cogne, Garlasco, Erika ed Omar, Via Poma. L’11 novembre scorso la Guardia di finanza ha acquisito nella sede del Ris di Parma documenti riguardanti le consulenze svolte da Garofano.
«Ora sto preparando una denuncia per diffamazione nei confronti di Garofano - aggiunge Taormina - per quanto scritto dal colonnello nel suo ultimo libro ”Il processo imperfetto”, sul caso di Cogne dove mi dedica una cinquantina di pagine sostenendo che avrei avuto comportamenti più o meno scorretti nella difesa della Franzoni».

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ACCUSA DI PECULATO GAROFANO LASCIA RIS E CARABINIERI di Enrico Giubilei, La Stampa, 16/11/2009
Il colonnello Luciano Garofano, da oggi in congedo con il grado di generale, è accusato di peculato per le consulenze svolte per il pm durante alcuni fra i processi più scottanti degli ultimi anni, dal delitto di Cogne a quello di Erba, fino all’omicidio di Garlasco. Secondo l’avvocato Carlo Taormina, che due anni fa fece partire l’inchiesta denunciando il capo del Ris di Parma, l’indagine su Garofano potrebbe riaprire il procedimento che ha portato alla condanna di Anna Maria Franzoni: «L’ho sempre sostenuto: questa potrebbe essere materia per un’istanza di revisione del processo, anche se questa eventualità non è stata considerata da chi ha preso la difesa dopo di me».
Tutto è cominciato dalla denuncia presentata dal legale alla procura militare di Roma: «Garofano, in quanto consulente tecnico del pm durante diversi processi, per legge doveva svolgere la sua attività come privato e non come appartenente ai carabinieri - spiega Taormina ”. Ha utilizzato personale, attrezzature e strumenti dei carabinieri, e in orario di servizio, ma trattandosi di attività privata non poteva». Secondo l’avvocato, in questo caso c’è l’esigenza di stabilire se le retribuzioni liquidate dall’autorità giudiziaria per le consulenze potessero essere percepite dal colonnello o dovessero essere devolute all’Arma. La prassi delle Procure è di dividere spese e competenze del consulente. Pubblici ministeri confermano che le consulenze sono suddivise in parcella e spese. E’ prassi normale e legale, quando si utilizzano consulenti dipendenti dalle forze di polizia, la rinuncia di ufficiali e funzionari alla loro parte mentre le sole spese sono liquidate all’ufficio cui appartengono.
Un anno fa la procura militare ha passato la pratica alla magistratura ordinaria, poiché si erano configurati reati di competenza del giudice penale, e così l’inchiesta è stato presa in carico dalla procura di Parma. Nelle ultime settimane le indagini, condotte dalla pm Paola Del Monte, hanno subito un’accelerazione: a inizio ottobre le prime perquisizioni della Finanza nella sede del Ris a Parma, seguite venerdì scorso da nuovi controlli che hanno portato all’acquisizione di 20mila fascicoli, cioè la documentazione di almeno 5 anni di indagini. Il neo-generale Garofano non commenta, ma in passato aveva parlato del suo lavoro con toni sobri: «Conoscere il male, vederlo ogni giorno da vicino, genera gli anticorpi per sconfiggerlo. Io mi aggrappo alla normalità, che considero assolutamente straordinaria, meravigliosa. Normalità come stare con la famiglia, vedere gli amici, fare le cose semplici che appartengono alla vita quotidiana».
Oggi Taormina, che annuncia anche querela contro Garofano «per quel che ha scritto nel suo libro ”Delitti imperfetti”», canta vittoria: «Sono soddisfatto perché ciò che avevo indicato ha trovato riscontro. Più volte il comandante Garofano mi ha attaccato senza successo, ora mi auguro che finalmente questo signore possa rispondere alla giustizia ordinaria senza divisa e senza ulteriore possibilità di remora». Il procuratore di Parma Gerardo La Guardia conferma che si sta indagando solo per il reato di peculato. Ma non è escluso che possano delinearsi altre ipotesi di reato: nella denuncia di 2 anni fa, Taormina chiedeva che si verificasse se sussisteva una «catena di illegittimità», dalla truffa al falso ideologico all’abuso d’ufficio.

LO SCIENZIATO DEI DELITTI IMPERFETTI di Marco Neirotti, La Stampa 16/11/2009 -
Elegante e caparbio, affabile e distaccato, come fosse sempre un po’ pensieroso, Luciano Garofano è diventato da una quindicina d’anni simbolo dell’indagine scientifica. Il capo di quegli uomini in tuta bianca - che la tv inquadra mentre entrano e escono dalla scena del crimine - ora è più sorpreso che abbattuto dalle accuse che gli sono state mosse e rispettoso dei passi di una magistratura con la quale ha collaborato per una vita da carabiniere.
Il «colonnello della scienza» nasce a Roma il 5 maggio 1953. Nel 1976 si laurea in Scienze Biologiche alla Sapienza con 110 e lode. Nel 1978 si arruola nell’Arma e, giovane ufficiale, va a dirigere la Sezione Chimico-Biologica del Centro Carabinieri Investigazioni Scientifiche di Roma. La sua è una passione doppia, ben amalgamata: da un lato l’uniforme, il compito di accertamento della verità, dall’altra il camice bianco, la passione per l’indagine che passa per provette, impronte, sostanze chimiche, tecnologie sempre più nuove, che insegue in Italia e in America con il medico legale Roberto Testi, per tenersi all’avanguardia.
Lavora sul territorio, dirigendo per un paio d’anni la Compagnia Mirafiori, una delle più grandi e con più problemi, come la droga. Non per niente, quando nel 1990 torna a dirigere la sezione di Biologia al Centro di Roma, trova il tempo di specializzarsi in Tossicologia Forense all’Università di Napoli. Nel settembre 1995 incomincia l’avventura che renderà noto lui e affascinante la nuova via dei rilievi sul luogo del crimine. E’ il Ris di Parma, il Reparto Investigazioni Scientifiche che diventa simbolo per una continua presenza nei media legata a casi clamorosi e finiti sotto la sua competenza: gli uomini bianchi compaiono per il rapimento di Tommaso Onofri, per la famiglia Carretta sterminata, per Donato Bilancia, per Erika e Omar, per la strage di Erba, per il delitto di Cogne.
Divampa una sorta di «leggenda». Nell’immaginario del telespettatore o del lettore esiste una «nuova verità», infallibile e implacabile. Garofano è di fatto l’uomo che la rappresenta, anche se lui per primo insiste a spiegare (e lo fa anche nel più recente libro, «Il processo imperfetto», Rizzoli, su Cogne) che «l’indagine scientifica non vive per conto suo, fa parte di un quadro complesso di attività che si integrano». Mediaset produce una serie tv, «Ris-Delitti imperfetti», prendendo proprio spunto dal titolo di un volume del Colonnello.
Scrive il capo del Ris di Parma. Aveva esordito nel 1991, con «Il ragazzo con il berretto da marinaio». Ha fortuna la serie dei «Delitti imperfetti», quattro libri in tre anni, fa discutere l’affondo nel «Delitti e misteri del passato», da Giulio Cesare a Pier Paolo Pasolini rivisitati alla luce delle conoscenze di oggi. Dopo i delitti anche il processo è «imperfetto». E’ quello di Cogne. Non imperfetto perché mal gestito dalla magistratura, ma per una serie di storture che l’autore attribuisce alla difesa. La stessa difesa, quella dell’avvocato Taormina, che a processo in corso presentò la denuncia di cui si parla oggi.
Intanto però è stato deciso il suo trasferimento a Roma. Mentre se ne discute si candida alle elezioni europee con il Movimento per le Autonomie, ma va male. L’uomo che appare in televisione vuole rimanere nei suoi laboratori di Parma, con i suoi uomini. E con quella parte di città che, quando vince il ricorso al Tar, scrive su un blog: «I Pramzàn j én contènt d’avér un sitadén cme al Colonél». Ma il Consiglio di Stato dà ragione al Comando generale. Garofano non si trasferisce. Un mese fa aveva spedito la richiesta di congedo dall’Arma. Fiero, non stanco.
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ADDIO ALL’ARMA, SI DIMETTE IL CAPO DEL RIS di Benedetta Pintus la Repubblica, 16/11/2009 -
Luciano Garofano lascia la guida dei Ris. Il colonnello dei carabinieri da 14 anni comandante del Reparto investigazioni scientifiche di Parma ha deciso di congedarsi, dopo essersi occupato dei delitti più noti degli ultimi anni, dall´omicidio di Garlasco alla strage di Erba, da Cogne a via Poma. La notizia arriva prima che, in serata, il procuratore di Parma Gerardo La Guardia confermi l´apertura di un fascicolo nei confronti dell´ufficiale per le ipotesi di reato di peculato e truffa ai danni dello Stato.
Le indagini, scaturite da una denuncia dell´avvocato Carlo Taormina, ex legale di Anna Maria Franzoni, che è stata poi condannata anche grazie alle indagini dei Ris, riguardano presunte irregolarità nello svolgimento di consulenze tecniche su importanti casi giudiziari.
Sembra, però, che la scelta delle dimissioni non sia legata all´indagine in corso a Parma, ma al suo trasferimento a Roma, disposto dall´Arma dopo la candidatura dell´ufficiale alle scorse elezioni europee di giugno, a cui si era presentato con La Destra nel Nord-Est, senza essere poi eletto. Garofano si era opposto davanti al Tar, che gli aveva dato ragione, ma il Consiglio di Stato, successivamente, ha ufficializzato il trasferimento.
Rintracciato al telefono, il colonnello ha preferito non rilasciare dichiarazioni, mentre Taormina si è dichiarato soddisfatto: «Mi auguro che finalmente, ora che è senza divisa, questo signore possa rispondere alla giustizia ordinaria». L´avvocato accusa il colonnello di «aver utilizzato attrezzature e personale appartenente all´Arma durante l´orario di ufficio percependo denaro per consulenze tecniche».
Quello che è certo è che, dopo aver rivoluzionato le indagini italiane portando la scienza in primo piano e aver ispirato note serie televisive con i suoi libri, ora Luciano Garofano ha deciso di abbandonare i carabinieri. Difficilmente rimarrà disoccupato: da tempo sarebbe al centro di un progetto per la nascita di una nuova struttura di investigazione privata.

QUELL’INVESTIGATORE CON IL CAMICE BIANCO STAR DEI DELITTI TV di Piero Colaprico, la Repubblica, 16/11/2009 -
Dai dibattiti sui gialli alle aule di giustizia, dai laboratori agli studi tv, c´è sempre stato di tutto e di più nelle giornate frenetiche del colonnello Luciano Garofano. Spazio per le chiacchiere e tempo per un lavoro mostruosamente capillare, con il sonno confinato negli spostamenti in auto da un capo all´altro della penisola. Quindi fa effetto ieri un suo sms: «In questo momento non ho niente da commentare. Grazie».
Strano per il colonnello Garofano, che ha sempre avuto qualche cosa da dire, e da fare. E, sempre più spesso negli ultimi anni, qualche cosa da difendere in qualità di auto-proclamato testimonial: la bontà del metodo di lavoro della polizia scientifica. Metodo che va perdendo i fan e viene sempre più spesso attaccato. Sia dagli avvocati difensori, per alcune intederminatezze nella formazione della prova. Sia dai giornalisti, per la scarsità o la confusa lettura dei risultati. E così, con qualche malcelata soddisfazione da parte di caserme e questura, la colpa di tutti i mali delle indagini ormai sembra essere confluita - dall´omicidio di Chiara Poggi a Garlasco agli studenti-assassini di Perugia, dal delirio del caso Unabomber agli arresti facili dei violentatori poi scagionati - non su magistrati poco capaci, o funzionari inetti, ma sui tecnici alla Garofano. Sono diventati il capro espiatorio perfetto.
Ma non è proprio così, anzi c´è una profonda ingenerosità sul punto. Lo stesso Garofano è un carabiniere-biologo. Uno che si laurea, fa il concorso nell´Arma e, senza venire dall´Accademia militare, sale le scale gerarchiche dal basso, con competenza e abnegazione. Sino a diventare comandante del reparto più efficiente e anche cinetelevisivo degli ultimi anni, il Ris di Parma. Era molto difficile "scucirgli" una notizia, ma appena poteva, trovava il modo di mostrare quanto fosse stato più valido del vecchio maresciallo il suo microscopio o la luce Crimescope. Nelle aule dei processi amava parlare chiaro, mettendosi al livello delle giurie popolari. Un divulgatore nato. Nei congressi si esponeva a raccontare non i casi clamorosi dove aveva lavorato, dalla strage di Capaci all´omicidio del piccolo Samuele a Cogne, ma gli assassinii di provincia. Raccontava come uno straccio insanguinato o una maglietta sudata dessero la "visione" che portava un criminale a non farla franca, o un innocente a uscire di cella.
Un passaggio fondamentale nella sua vita professionale avviene quando la casa editrice Marco Tropea lo invita a scrivere "Delitti imperfetti" e quando il produttore Pietro Valsecchi lancia su Canale 5 quella squadra composta da tecnici in camice bianco e pistola in pugno (un mix buono per la fiction, ma lontano dalla realtà). Garofano, elogiato in pubblico, finisce piano piano, senza volerlo, ma non senza accorgersene, al centro di gelosie e invidie professionali. Rassicurava e confortava il pubblico. Era un po´ la faccia pulita e nuova dello "sbirro". I suoi occhialini portavano fiducia e speranza. Ma dietro le quinte, lui cominciava a subire qualche contraccolpo.
Quell´abilità che all´inizio della carriera lo rendeva uno in grado di realizzare indagini di grande spessore restando neutrale, e al di sopra delle polemiche, sembra infatti appannarsi. Finché incontra sulla sua strada di vincente anche alcuni nemici. Uno di questi è l´avvocato Carlo Taormina, esperto in uno stile di difesa che non avviene soltanto nei processi, ma anche fuori dalle aule dei tribunali. Negli anni di Tangentopoli era stato Taormina, portando al pm Fabio Salamone alcuni «appunti da controllare», tra le fonti primarie dei guai giudiziari di Antonio Di Pietro a Brescia e a La Spezia. Ed è ancora Taormina, a sua volta sotto procedimento per il modo in cui ha assistito penalmente Annamaria Franzoni, la mamma di Cogne, all´origine dei guai attuali di Garofano.
Un Garofano che aveva già commesso un piccolo passo falso: s´era candidato alle Europee, ma i voti erano stati insufficienti a mandarlo a Strasburgo. Lasciata Parma per il Racis di Roma, la sede centrale dei Ris, continuava le sue mille attività: professore, libri sugli enigmi del passato, un "pezzo" in una raccolta per spiegare che il famoso omicidio Bebawi, nella Roma della Dolce vita, oggi sarebbe stato risolto. Sì, ma il fatto è proprio questo: non sono gli omicidi del passato a preoccuparci, ma quelli contemporanei, senza autori. Non per colpa di Garofano, certo. Ma è il teorema della scienza risolutiva nei gialli che funziona soprattutto nei programmi tv: la realtà è più complicata. E ora lo scopre sulla sua pelle anche l´ufficiale e scienziato Luciano Garofano.
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GAROFANO SOTTO INCHIESTA, ADDIO AL RIS di Cristina Marrone, Corriere della Sera 16/11/2009
Sabato sera Lu­ciano Garofano ha salutato con una stretta di mano i colle­ghi del Racis di Roma e il co­mandante Nicola Reggenti e si è chiuso per sempre alle spalle la porta dell’Arma. L’in­vestigatore dal camice bianco, il colonnello che ha fatto cono­scere a tutta Italia concetti complicati come Dna e analisi delle mac­chie di sangue, tecni­che come luminol o crimescope si è conge­dato. Da oggi non ve­stirà più la divisa dei carabinieri e prosegui­rà in modo privato la sua attività di biologo prestato alle indagini scientifiche.

La notizia dell’ad­dio arriva, curiosamente, con quella della sua iscrizione nel registro degli indagati della procura di Parma, risalente a quattro mesi fa, per un «pre­sunto uso improprio dei mez­zi e delle strutture del Ris nel­l’ambito delle sue consulen­ze ». Al colonnello sono conte­stati peculato, truffa e falso ideologico in atto pubblico. A far scattare l’iter giudiziario era stato un esposto dal suo «nemico» dai tempi dell’in­chiesta di Cogne, l’avvocato Carlo Taormina, che un paio di anni fa si era presentato al­la procura militare di Roma la­mentando una serie di anoma­lie su una quarantina di consu­lenze svolte da Garofano tra il 2002 e il 2009. La procura mili­tare non aveva individuato re­ati e aveva trasmesso gli atti al­la procura ordinaria compe­tente per territorio: Parma. «Il comandante Garofano – pre­cisa Taormina – ha utilizzato attrezzature e personale appar­tenente all’Arma durante ora­ri di ufficio e ha percepito i compensi dalle consulenze tecniche affidategli quando il consulente tecnico nominato dai pubblici ministeri o dai giudici per legge non può es­sere considerato pubblico uffi­ciale ma privato cittadino». L’11 novembre scorso la Guar­dia di Finanza si era presenta­ta nella sede del Ris di Parma ed aveva sequestrato i docu­menti contestati. Il colonnel­lo, chiuso in un impenetrabile silenzio, non vuole commenta­re. Ma i suoi uomini e gli ami­ci che gli stanno accanto tenta­no di spiegare la procedura: «Quando perizie e consulenze sono assegnate al Reparto vie­ne chiesta ai magistrati l’auto­rizzazione per poter lavorare utilizzando strutture dell’Ar­ma in orari di ufficio perché il lavoro è svolto gratuitamente per evitare spese giudiziarie e velocizzare le indagini, e que­sto è dichiarato nel momento in cui viene accettato l’incari­co ». C’è chi va anche più diret­to: «Garofano si è ritrovato in­dagato solo perché il Ris chie­de alle procure il rimborso dei kit dei reagenti per poter fare le analisi!».
Non è però l’inchiesta per peculato e truffa che ha spinto il comandante del Ris di Par­ma ad abbandonare la divisa. «Quella è solo l’ultima polpet­ta avvelenata di Taormina, ma Garofano non è preoccupato» dice chi gli è vicino. Invece le ragioni del congedo affonda­no le radici già nel giugno scorso, con le ultime elezioni europee. Luciano Garofano si era candidato nella lista Mpa-La Destra-Pensionati-Al­leanza di Centro nella circo­scrizione Nord-Orientale. Non era stato eletto. Il coman­do generale dell’Arma lo ave­va trasferito da Parma a Ro­ma: per legge l’ufficiale non poteva più continuare a eserci­tare là dove si era candidato. Il colonnello aveva fatto ricor­so al Tar che gli aveva dato ra­gione, sospendendo il trasferi­mento. Contemporaneamente però aveva inoltrato richiesta di congedo. Un mese fa era ar­rivata la «bocciatura» del Con­siglio di Stato, che ha ricono­sciuto la legittimità del trasfe­rimento. Addio Parma per sempre. Ma Garofano per mo­tivi professionali e personali non voleva tornare nella capi­tale. Così ha lasciato. Appena i superiori hanno accettato la sua domanda di congedo.


IL BIOLOGO DEL CRIMINE E LA MALEDIZIONE DI COGNE «ULTIMO SCHIZZO DI FANGO» di Marco Imarisio, Corriere della Sera, 16/11/2009

«Non ho mai capito perché ci pagano per un lavoro così divertente. Lo farei anche gratis».
Il colonnello aveva un accenno di fiatone. Il capo del Ris era reduce da una discesa in corda doppia, dalla sommità della scogliera da dove era precipitata la contessa Francesca Vac­ca Agusta fino all’acqua. Le telecame­re del Tg1 avevano ripreso la scena da una pilotina debitamente apposta­ta al largo della baia di Portofino. Quella mattina, lunedì 5 febbraio 2001, rappresenta un’epifania. Il mo­mento in cui Luciano Garofano di­venta un personaggio, non più sol­tanto un «tecnico». A farlo diventare di largo consumo arrivò poi il delitto di Novi Ligure, appena 16 giorni do­po. E l’anno seguente, sempre nello stesso periodo, la follia mediatica di Cogne lo consegna alla fama perpe­tua e ad una spirale di rancori dei quali forse questo addio in sordina ne rappresenta l’epilogo. Agli amici ha confidato la sua amarezza. «Que­sto è l’ennesimo regalo dell’avvocato Taormina – avrebbe detto ”. L’ulti­mo schizzo di fango che approfitta della circostanza di un congedo deci­so due mesi fa».

Dicono che ogni generazione ha bi­sogno del proprio Sherlock Holmes, di colui che tiene acceso il fiammife­ro della razionalità nel buio di miste­ri angoscianti e inspiegabili. I nostri anni zero hanno avuto Luciano Garo­fano, nato 56 anni fa a Latina da fami­glia di origine e discendenza roma­na. Lui, va detto, non si è tirato indie­tro, e non solo per via di una capaci­tà di lavoro non comune. Quel ruolo lo sentiva suo, fatto su misura come le divise dell’Arma che si faceva con­fezionare dal sarto di fiducia. La pas­sione per la biologia era destinata a diventare la benzina del suo mestie­re e della sua ascesa. Dopo la laurea, entra nell’Arma e prende servizio al­l’allora Cis. La promozione a capita­no gli impone di dirigere la Compa­gnia Mirafiori a Torino. Dal 1988 al 1990 si occupa soprattutto di ordine pubblico, ogni domenica a confron­to con le paturnie degli ultrà di Toro e Juve. Torna subito a Roma per diri­gere la sezione biologica del Cis e nel 1995 arriva in quella che diventerà la «sua» Parma. La città dove ha com­prato casa, dove lavora sua moglie, ovviamente biologa, dove sono cre­sciuti i suoi due figli maschi (18 e 20 anni) e dove nel 2003, mentre infu­riava la bufera su Cogne, è nata Mar­ta, l’ultima arrivata di una famiglia sempre tenuta al riparo dalle intem­perie mediatiche.
Garofano costruisce il Reparto di investigazioni scientifiche della città emiliana a sua immagine e somi­glianza. L’ossessione per l’aggiorna­mento, la continua richiesta di fondi per avere «macchine» sempre più moderne e tecnologiche, il recluta­mento di una squadra composta da una settantina di uomini, quasi tutti laureati, producono presto i loro frut­ti. In Italia e altrove, l’indagine diven­ta scientifica. I successi del Ris, dalla cattura del serial killer Donato Bilan­cia alla soluzione del casa Carretta, il giovane che sterminò la sua fami­glia, sono il volano della nuova ten­denza. La crescita dei casi esaminati dal Ris di Parma è esponenziale. Sei­cento nel 1994, mille l’anno seguen­te. Nel 2004 sono 4.150, e via aumen­tando, fino ai 6.400 del 2008.
La vicenda di Cogne segna un pun­to di non ritorno. E’ stata lei, Anna­maria Franzoni? Guelfi e ghibellini, da una parte o dall’altra. Si rompono amicizie vere. Il professor Carlo Tor­re, maestro dei medici legali, accetta di lavorare per la difesa. I due, un tempo legatissimi, non si rivolgeran­no più la parola. Comincia in quegli anni l’attacco a tutto campo dell’ono­revole Carlo Taormina, avvocato mol­to esperto dei media e dei loro mecca­nismi. Garofano è il suo bersaglio fis­so. Querele, denunce, esternazioni pressoché quotidiane. Un pestaggio senza contraddittorio, che raggiunge punte di notevole intensità. E ottie­ne dei risultati. Da allora, da quel fa­tale 30 gennaio 2002, la messa in di­scussione del colonnello e del Ris’ a volte giustificata, altre molto meno – diventa inevitabile contrappunto di ogni caso di cronaca. I successi, la scoperta dell’impronta digitale che inchioda gli assassini del piccolo Tommaso Onofri, non vengono sot­tolineati come una volta. Gli scivolo­ni, l’ostracismo che gli viene dichia­rato dai magistrati che indagano sul­la strage di Erba, corrono veloci di bocca in bocca. La sovraesposizione diventa anche un modo per difen­dere il «suo» Ris.
Garofano non la prende bene. Nel­l’Arma, la celebrità comporta effetti colla­terali non proprio piacevoli. I suoi giorni a Parma sono contati, ne è con­sapevole. Cerca una via d’uscita, gui­dato da una sorta di deformazione professionale. Segue infatti Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia, medico legale specializzato in criminologia. Alle Europee si candi­da in una lista minestrone che com­prende anche la Destra di Francesco Storace, l’Adc di Francesco Pionati e i Pensionati di Carlo Fatuzzo. Dice di voler andare a Bruxelles a combatte­re per l’istituzione della Banca dati del Dna, una sua fissa. Non proprio un trionfo. Una volta rientrato dal­­l’aspettativa, i rapporti con il Coman­do generale dell’Arma vanno in malo­ra e in tribunale.
Nel momento in cui esce di scena, è giusto riconoscere in Luciano Garo­fano un uomo mosso dall’ambizione ma anche da grande passione e com­petenza. Capace, più volte, di pagare di tasca propria viaggi di lavoro in quell’America che tanto lo affascina, di rinunciare alla amate immersioni subacquee per partecipare a sopral­luoghi in località impervie. Proprio per questo, è da escludere che non se senta più parlare. In fondo c’è sem­pre una nemesi, non solo per lui: an­drà esattamente come paventato dal «nemico» Taormina. L’ex colonnello Garofano farà consulenze private sul­le scene del delitto italiane. Gratis, ma anche no. Lo Sherlock Holmes de­gli anni zero si mette in proprio.

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INDAGATO IL CAPO DEL RIS: «MI DIMETTO» di Renato Pezzini, il Messaggero,16/11/2009
Il colonnello Garofano lascia i Ris di Parma e lascia anche l’Arma dei carabinieri. L’avvocato Taormina dice che, in sostanza, è ”merito” suo: «Ho presentato un esposto contro il colonnello, e ora è indagato dalla Procura per truffa». Ma questa è solo una delle cause dell’abbandono. L’altra è dovuta al fatto che Garofano, dopo essersi candidato alle elezioni Europee di giugno, non poteva più stare a Parma. Così lui ha preferito lasciare la divisa piuttosto che trasferirsi a Roma dove non avrebbe potuto - visti i suoi gradi - coronare il sogno di guidare l’intero reparto delle indagini scientifiche, il Racis.
Luciano Garofano - 56 anni, nato nella Capitale e figlio di un ufficiale dell’Arma - è forse uno dei carabinieri più conosciuti d’Italia. Il suo reparto, il Ris, è infatti intervenuto in alcuni dei fatti di sangue più eclatanti degli ultimi dieci anni: dal caso di Erika e Omar, minorenni di Novi Ligure che uccisero a coltellate la madre e il fratello della ragazza provando a incolpare un gruppo di albanesi; al giallo di Cogne, per il quale ora Annamaria Franzoni è in carcere accusata di aver assassinato il figlio Samuele; dall’omicidio di Garlasco, il cui processo è in svolgimento; alla strage di Erba che è costata l’ergastolo ai coniugi Olindo e Rosa Romano. Interventi, quelli del reparto scientifico di Parma, spesso risolutivi anche se altrettanto spesso oggetto di vigorose contestazioni.
Il colonnello era diventato l’emblema delle ”indagini scientifiche” fin dal primo caso di un certo clamore, quello in cui i carabinieri da lui guidati avevano incastrato il serial killer della Liguria, Donato Bilancia, prelevando la sua saliva da una tazzina di caffè e comparandone il Dna con quello dell’omicida. Più recentemente, una serie televisiva dedicata proprio al suo reparto lo aveva fatto diventare un volto notissimo. Tuttavia negli ultimi tempi la sua stella si era un po’ offuscata. La candidatura alle elezioni Europee (nelle file del Mpa di Lombardo) e la mancata elezione aveva innescato parecchie perplessità fra i suoi colleghi e i suoi superiori. Poi, qualche giorno fa, è arrivata pure un’inchiesta della Procura di Parma a peggiorare la situazione.
Garofano, a quanto è dato sapere, è accusato di peculato e truffa ai danni dello Stato. Contestazioni che sarebbero conseguenza di un esposto dell’avvocato Taormina secondo il quale il colonnello Garofano avrebbe utilizzato in modo improprio le strumentazioni dell’Arma per consulenze scientifiche con alcune Procure che - a detta di Taormina - egli poteva svolgere solo in qualità di ricercatore privato e non come ufficiale dell’Arma. Che il colonnello fosse stato iscritto nel registro degli indagati lo si era capito qualche giorno fa, l’11 novembre, quando la Guardia di Finanza su mandato della Procura di Parma aveva perquisito gli uffici del reparto. La conferma ufficiale è arrivata ieri, in contemporanea con la notizia del suo addio alla divisa.
Militari a lui vicini sostengono, però, che fra i due episodi non vi sia alcun nesso. Il colonnello aveva già chiesto da tempo il congedo visto che il Comando generale gli aveva imposto l’allontanamento da Parma e il trasferimento a Roma: la legge, infatti, prevede per i militari che decidono di candidarsi a elezioni politiche non possano lavorare nello stesso distretto in cui si sono messi in lista. Garofano aveva anche provato a opporsi al trasferimento: il Tribunale Amministrativo gli aveva dato ragione in prima istanza, ma poi il Consiglio di Stato ha respinto il reclamo. Così, prima di partire per Roma ha deciso di cambiare mestiere e vita. Probabilmente continuerà a occuparsi di analisi scientifiche, ma come consulente privato.