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 2009  novembre 16 Lunedì calendario

IL PUGLILE-DIO DELLE FILIPPINE CHE STUDIA DA PRESIDENTE

Fight Club. Al posto giusto. Trecentosessantasei pugni tutti a segno. C´è una belva sul ring, una tigre violenta che azzanna, e non molla nemmeno davanti alle cannonate. Fa il pugile, nella vecchia maniera, dando molto, sprecando tutto, senza risparmiare la faccia, mischiando fama e politica, e forse diventerà anche presidente delle Filippine. Si chiama Manny Pacquiao, ha 30 anni, è ricco, non lo fregate in velocità, perché è nato e cresciuto in strada. Mancino, braccia rapide, sinistro terrificante, non è solo il nuovo campione del mondo dei pesi welter (Wbo), ma il primo pugile della storia ad essere stato campione del mondo in sette categorie diverse. Un fenomeno, a prescindere dalla categoria di peso a cui appartiene. Ritmo, velocità, potenza. "Time" lo ha inserito nei cento personaggi più popolari del 2009 (assieme a soli altri due atleti, Rafa Nadal e Tiger Woods) e gli ha dedicato la copertina della sua edizione asiatica. Manny, soprannominato "Pacman" è un dio nel suo paese, nel suo clan, una trentina di persone, fanno la conta per dormire ai piedi del suo letto. Durante le dirette dei suoi match, il tasso di criminalità scende in tutte le Filippine, i suoi cd, visto che è anche un buon cantante, scalano regolarmente le classifiche degli album più venduti. Folklore da poveri disgraziati? Mica tanto, se l´altra notte anche il segretario di Stato, Hillary Clinton, ha definito il suo match a Las Vegas «uno spettacolo impressionante». Pacquiao combatteva contro il portoricano dal nome sfortunato, Miguel Cotto, 29 anni, finito a terra varie volte e poi sbattuto giù alla 12esima ripresa. Il portoricano è stato sincero: «Meglio così, ero tutto gonfio, e non capivo più da dove mi arrivassero tutti quei pugni. Non me l´ero mai vista con uno così forte». Cotto si è lasciato massacrare con coraggio, tanto che al decimo round il figlio e la moglie sono scappati nello spogliatoio dopo aver implorato l´arbitro di interrompere l´incontro.
Ora che è nella storia "Pacman" vuole restarci e diventare il primo presidente-pugile del mondo. L´agonismo non gli manca, e nemmeno la popolarità. La prima a congratularsi è stata il presidente delle Filippine, Gloria Arroya, che Pacquiao appoggia, dopo aver fondato un partito politico, il "People Champ´s Movement", che si presenterà alle prossime elezioni.
Il nuovo campione del mondo dei welters ha deciso di dedicarsi al pugilato dopo essere scappato di casa a 14 anni, per punirlo di una marachella, il padre cucinò e si mangiò il cagnolino a cui Manny era affezionatissimo, e da quel giorno il ragazzo decise che avrebbe sfogato la propria rabbia prendendo a pugni la gente, ma sul ring e non più nelle sfide dei Fight Club per le strade. Quando lui combatte nel paese tutto si ferma, anche la guerriglia. Pacquiao nel settembre scorso ha interrotto gli allenamenti per tornare nelle Filippine sconvolte da un tifone e si è dato da fare nei soccorsi, spendendo una parte dei suoi risparmi andando in giro a distribuire aiuti. Ha perfino pagato il funerale di molta gente. Tanto sa che può rifarsi sul ring. Per l´incontro dell´altra notte ha incassato 13 milioni di dollari. Manny è uno che nasce e cresce in strada. Frequenta le vie di General Santos City, nel sud delle Filippine, teatro di battaglie tra i separatisti islamici e il governo. Da bambino per aiutare la madre fa l´ambulante e vende sigarette. Il suo primo match è per difendere il fratellino aggredito da due teppisti. Ha 10 anni, a 11 i primi allenamenti in palestra, a 16 l´esordio tra i professionisti, spinto dalla morte di Mark Penaflorida, un suo caro amico. sposato con Jinkee, sul braccio sinistro ha tatuati i nomi della moglie e dei quattro figli. Fa pubblicità a detergenti, medicinali, cibo, telecomunicazioni. Attore, cantante, presenta un famoso show televisivo e tiene una rubrica fissa sul più popolare quotidiano filippino. Ha un allevamento di galli da combattimento, of course, è proprietario di una squadra di basket e di un´organizzazione pugilistica. Un gigante, insomma. Che vuole scendere dal ring a salire sul trono della politica. Usando la fama dello sport e la fame degli altri. Gli resta un solo avversario, Floyd Mayweather jr. che rientrebbe sul ring perché gli secca non essere più il migliore «pound per pound». Poi a "Pacman" dovranno spiegare che per vincere le elezioni ci sono altri tipi di sberle.