Federico Fubini, Corriere della Sera, 16/11/2009, 16 novembre 2009
LA STESSA CIFRA PER INVESTITA PER SALVARE CITIGROUP
Jacques Diouf della Fao chiede ai governi 44 miliardi di dollari per salvare dalla fame milioni di persone. Sembra una cifra enorme. E lo è: è appena del 2% inferiore agli aiuti che l’amministrazione americana ha versato in una sola banca, Citigroup. una somma colossale, circa il 25% di 187 miliardi di dollari gettati nella fornace dei titoli tossici di Aig. Non è un grande importo, solo a confronto dei tremila miliardi offerti dai governi europei al sistema bancario in crisi.
Accostare numeri del genere potrebbe anche essere come sommare mele e pere, populismo finanziario. Senza le banche non ci sarebbero neanche investimenti in agricoltura. Peccato però che sarebbe più facile liquidare questi argomenti se il bushel di mais in consegna a marzo 2010 non fosse del 27% più caro del prezzo di settembre scorso. Possibile? Eppure, nella recessione, la domanda internazionale delle derrate di base è in calo. La spiegazione è altrove: in questi mesi i contratti «future» sul grano o sul mais scambiato valgono quattro volte la produzione dei beni fisici. Le migliaia di miliardi di liquidità stampata dalle banche centrali a sostegno del sistema finanziario ora alimentano la speculazione rialzista sui prezzi del cibo. Due anni fa le capitali dei Paesi più poveri erano colpite da rivolte della fame. Accadesse di nuovo come «danno collaterale» del salvataggio delle banche, sarebbe la più amara delle beffe.