Sergio Romano, Corriere della Sera 15/11/2009, 15 novembre 2009
Il divieto della corresponsione d’interesse su depositi e prestiti non è in realtà tassativamente contemplato né dal Corano né dagli «ahadith» (complesso di tradizioni che si rifanno a detti e comportamenti del profeta Maometto e che costituiscono la Sunna, letteralmente «modo di agire»)
Il divieto della corresponsione d’interesse su depositi e prestiti non è in realtà tassativamente contemplato né dal Corano né dagli «ahadith» (complesso di tradizioni che si rifanno a detti e comportamenti del profeta Maometto e che costituiscono la Sunna, letteralmente «modo di agire»). Il Corano vieta invece la pratica usuraria pre-islamica, secondo la quale l’importo di un debito non onorato a scadenza raddoppiava automaticamente. Una interpretazione estensiva di quest’ultimo divieto ha condotto nel tempo, secondo un’esegesi abbastanza dubbia, a interdire anche l’interesse, come spiegato molto bene dal Rodinson in «Islam e capitalismo» e dal Gaudefroy-Demombynes nel suo «Maometto». D’altra parte lo stesso divieto dell’interesse, postulato su basi dottrinali, vigeva anche in epoca paleo-cristiana il che impedì all’inizio la pratica bancaria: fu solo allorquando ci si avvide che il mercato del denaro era monopolizzato dagli ebrei che furono autorizzati i primi Monti di Pietà e, successivamente, le banche vere e proprie. Paolo Melucci p.melucci@katamail.com Caro Melucci, Grazie per le sue informazioni e considerazioni. I due scrittori da lei citati sono stati, con interessi parzialmente diversi, fra i maggiori arabisti e islamisti del secolo scorso. Maxime Rodinson, morto nel 2004, studiò il mondo musulmano in una prospettiva marxista. Il secondo, Maurice Gaudefroy- Demombynes, fu filologo, traduttore, instancabile biografo di Maometto e autore tra l’altro di un importante studio sul pellegrinaggio della Mecca. Ciò che lei scrive sul modo in cui i due monoteismi affrontarono il problema del prestito è giusto. Non credo tuttavia che il mutamento della prassi cristiana, divenuta assai rapidamente più liberale di quella musulmana, sia dovuto al monopolio ebraico del mercato del denaro. Credo piuttosto che le ragioni della svolta siano nell’impetuoso sviluppo dell’economia europea e soprattutto italiana dopo il Mille. Quando cominciarono ad allargare considerevolmente l’orizzonte dei loro affari, i mercanti dovettero noleggiare navi, stipulare contratti, finanziare spedizioni, aprire uffici di rappresentanza, affittare o costruire magazzini: operazioni che richiedevano una importante liquidità. Fu quello il momento in cui nacquero i primi banchi. La Chiesa, dal canto suo, finì per rendersi conto dell’importanza del fenomeno e lo aiutò, teologicamente, costruendo il percorso ultraterreno che avrebbe permesso ai mercanti di salvare la loro anima. In un libro ormai famoso intitolato « La nascita del Purgatorio » , lo storico francese Jacques Le Goff ha descritto il modo in cui fu allora teorizzata l’esistenza di un luogo, tra Inferno e Paradiso, in cui i peccatori si sarebbero purgati delle loro malefatte. Per la salvezza eterna occorreva tuttavia che il mercante, durante la sua vita, conquistasse un credito con opere di bene. E occorreva che le persone beneficiate dalla sua liberalità pregassero per la sua anima. Sono rari i mercanti che non abbiano lasciato alla Chiesa in quegli anni una parte dei loro averi. Per concludere, caro Melucci, la tolleranza della Chiesa ebbe tre effetti di cui il primo economico, il secondo teologico e il terzo patrimoniale. I prestiti favorirono lo sviluppo dell’economia, la concezione del Purgatorio e la creazione di un patrimonio ecclesiastico che fu per molto tempo, insieme alle indulgenze, una delle maggiori fonti di proventi per l’amministrazione e le opere della Chiesa.