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 2009  novembre 13 Venerdì calendario

CROLLO DI PREZZI E PRODUZIONE GLI AGRICOLTORI: COSI’ SI CHIUDE


Gli agricoltori scendono in strada an­cora una volta. Proprio così. Con i bi­lanci troppo stretti per essere ancora sopportati, molti (troppi) produttori, al giro di boa dell’annata agraria, stanno pensando seriamente di chiudere e abbandonare un’at­tività che era riuscita sempre a scampare il peggio. Si tratta di un orizzonte dai toni foschi, al quale si cerca di rispondere in più modi, ma che rischia di concretizzarsi per davvero.
La cronaca parla chiaro. Dopo le manifesta­zioni dei colleghi francesi e belgi, ieri, oggi e nei prossimi giorni è la volta degli italiani. Ie­ri, nel Foggiano, una colonna di trattori lun­ga oltre tre chilometri ha bloccato le strade at­torno a San Severo (una delle patrie dell’a­gricoltura pugliese), mentre da alcuni giorni sono in mobilitazione anche i produttori lu­cani e oggi è in programma una manifesta­zione interregionale a Milano. Il 16 novem­bre sarà la volta dell’Umbria e il 17 di Napo­li. Ma si sta lavorando – spiega une delle or­ganizzazioni agricole, la Cia-Confederazio­ne nazionale agricoltori – «per una grande manifestazione unitaria a livello nazionale». Già, perché sembra proprio che questa volta i problemi superino le divisioni.
Il ’dramma’ sta in poche cifre. Nei primi no­ve mesi del 2009, secondo la Coldiretti, è sta­to registrato un taglio produttivo del 6,5% ac­compagnato da un crollo medio dei prezzi pagati agli agricoltori del 13,5%. E non basta, perché c’è già chi, come la Cia, sui dati dell’I­smea (che segue i mercati agricoli), stima per l’intera annata un taglio del valore aggiunto del 5,2%, un crollo degli investimenti quasi del 4%, una diminuzione del 2% dei redditi e un balzo in avanti dei costi dell’8,5%. Certo, ne­gli ultimi tempi un rallentamento lungo il pre­cipizio è stato pur colto. Ma il risultato fina­le non sembra cambiare: quanto guadagna­no gli agricoltori non basta più. soprattut­to sul fronte degli incassi che le cose sono an­date male. L’Ismea dice che in un anno (da ot­tobre 2008 ad ottobre 2009) i prezzi della frut­ta hanno perso il 22% circa, quelli dei cerea­li il 19, i vini il 14. In aumento, timido, sola­mente quelli degli ortaggi (+4,2%), dell’olio di oliva (+3,3%) e delle colture industriali (+1,3%). Stessa storia per i prodotti zootecnici: per i suini si parla di un -14,%, per le produ­zioni lattiero-casearie di un -11,6%, per gli a­vicoli -5,1%. Tutto mentre al consumo le quo­tazioni sono rimaste quasi stabili.
 una catena di numeri che non lascia spa­zio a dubbi, ma che non sembra trovare ri­sposte adeguate e univoche. «La crisi – com­menta la Coldiretti – amplifica le distorsio­ni nel passaggio degli alimenti dal campo al­la tavola accrescendo il potere degli inter­mediari a danno delle imprese agricole no­nostante una sostanziale tenuta dei consu­mi alimentari». Questioni di rapporti di fi­liera, dunque, alle quali si sta cercando di ri­spondere creandone una «tutta italiana» e «avvicinando» i consumatori con le vendite dirette, i consorzi e le cooperative. Proprio queste ultime, questa settimana, hanno chie­sto alla Ue una maggiore attenzione. Men­tre da poco è nata Consorzi Agrari d’Italia, u­na ambiziosa holding di 23 Consorzi pro­vinciali, seguita a ruota dalla Associazione Nazionale delle Cooperative Agricole e di Trasformazione Agroindustriale che ha l’o- biettivo di realizzare la più grande centrale cooperativa agroalimentare a livello nazio­nale. Intanto, ci si ingegna a differenziare l’at­tività aziendale (dall’agriturismo al biologi­co passando per la cosmesi e il trekking) e si cerca di puntare sulla corretta informazione al consumatore circa l’origine dei prodotti (ma la battaglia per le etichette chiare non è ancora stata vinta del tutto). «Servono – di­ce poi Confagricoltura – azione mirate, al­trimenti i rischi per l’approvvigionamento alimentare dell’Italia sono destinati a cre­scere ». Una indicazione che si sostanzia in un elenco di problemi da risolvere: «Credi­to, ricerca, innovazione, semplificazione, ser­vizi reali alle imprese – spiega Confagri ”, so­no gli aspetti principali su cui incidere, con una strategia però, non con interventi e­stemporanei ». Ma non basta, perché altri so­no arrivati a chiedere la dichiarazione dello ’stato di crisi’ dell’intero settore con la so­spensione dei pagamenti sia dei contributi previdenziali che delle tasse.
Intanto, però, l’agricoltura da anni perde let­teralmente terreno. In 4 decenni - annota la Coldiretti - sono spariti 5 milioni di ettari di terreni coltivati: un territorio grande come due volte la Lombardia.