Derio Cresto-Dina, la Repubblica 13/11/2009 Fabio Poletti, La stampa 13/11/2009 Nino Sunseri, Libero 13/11/2009, 13 novembre 2009
Il tempo è scaduto e l´ex first lady gioca d´anticipo (2 articoli Berlusconi)- «Non ho nulla da dire», risponde Veronica Lario a chi le domanda del ricorso per la separazione con addebito nei confronti del marito
Il tempo è scaduto e l´ex first lady gioca d´anticipo (2 articoli Berlusconi)- «Non ho nulla da dire», risponde Veronica Lario a chi le domanda del ricorso per la separazione con addebito nei confronti del marito. Ancora una volta l´ex first-lady non "disobbedisce" al consiglio del suo legale. un patto tra donne di ferro. Giallo o non giallo, a questo punto il finale di partita sembra essere scontato: non ci sarà accordo nella separazione Berlusconi-Lario. Il verdetto spetterà al giudice e sarà una battaglia che coinvolgerà il fior fiore dei consulenti finanziari e patrimoniali milanesi, vista la posta in palio. Nella partita a scacchi del divorzio più importante e oneroso della storia italiana la strategia di Veronica e del suo avvocato Maria Cristina Morelli è stata chiara sin dall´inizio del loro sodalizio, un giuramento tra donne firmato negli ultimi giorni di aprile, dopo la festa di compleanno a Casoria per Noemi Letizia, e da allora mai tradito neppure di fronte alle trappole e alle provocazioni della controparte. Le mosse che lo caratterizzano sono due, usate con tenacia e costanza: il gioco d´anticipo e l´arma del silenzio. Due esempi della cronaca di questi mesi lo dimostrano. Il primo va recuperato nella giornata di sabato due maggio. Quel giorno, quando decide di parlare a "Repubblica" e "Stampa" per annunciare la sua scelta di mettere fine a un legame di trent´anni con il presidente del Consiglio, Veronica sa che deve scartare sulla corsia di sorpasso. Non sente Silvio Berlusconi da giorni, l´ultima volta che gli ha telefonato, nella mattina di martedì 28 aprile prima di inviare all´agenzia Ansa la dichiarazione sul "ciarpame politico", si è sentita dire da un collaboratore del premier che il marito non poteva risponderle perché un fastidioso torcicollo lo costringeva alle cure di un massaggiatore. Veronica avverte il clima e sulla separazione gioca d´anticipo. Qualche settimana dopo che la bomba è scoppiata rivela infatti a un´amica: «Sono sicura che se non lo avessi fatto prima io, sarebbe stato Silvio a chiedere il divorzio, addebitandomi la responsabilità di avere danneggiato con le mie parole sia lui sia il paese». Il secondo esempio risale a inizio giugno e spiega come le due donne, a costo di apparire antipatiche al sistema dei mass media, abbiano deciso di utilizzare il silenzio come strumento di difesa. Nelle settimane precedenti la campagna di delegittimazione di Veronica Lario messa in atto da "Libero" e "Giornale" ha assunto i toni di un massacro, culminando nell´intervista con la quale Daniela Santanché le ha attribuito come amante il suo capo scorta, Alberto Orlandi, ex autista di Berlusconi. Veronica subisce senza pronunciare una parola, non replica, non vuole «essere strumentalizzata politicamente» alla vigilia del voto europeo. A urne chiuse spedisce una lettera di 78 parole al "Corriere della Sera», accantonando, almeno per il momento anche se le prudono le mani, l´idea di querelare Vittorio Feltri, allora direttore di "Libero". Scrive Veronica: «In queste settimane ho assistito in silenzio, senza reagire mediaticamente, al brutale infangamento della mia persona, della mia dignità e della mia storia coniugale. Certo è che la verità del rapporto tra me e mio marito non è neppure stata sfiorata, così come la ragione per cui ho dovuto ricorrere alla stampa per comunicare con lui. Certo è che l´ho sempre amato e che ho impostato la mia vita in funzione del mio matrimonio e della mia famiglia». Settantotto parole per tornare poi nel silenzio assoluto. Dentro un´estate solitaria, d´attesa. Dal 24 aprile ai primi di ottobre, quando parte per un viaggio in Cina dove sarà sino a febbraio il figlio Luigi, Veronica Lario non si muove dalla villa di Macherio. Rinuncia alla Sardegna, va al cinema con qualche amica, si dedica ai nipotini e a Barbara, si incontra un paio di volte alla settimana con Cristina Morelli che è tornata dalle vacanze regalandole un vaso di marmellata fatta con le sue mani. Ribadisce ancora una volta sia a Gianni Letta sia a Niccolò Ghedini (la sorella Ippolita è il legale che segue Berlusconi nella causa di divorzio) che il suo desiderio è di giungere a una separazione consensuale per chiudere nel dolore ma con dignità un´unione trentennale: «Ho sempre voluto bene a mio marito, gli riconosco di essere stato un padre affettuoso, anche se poco presente». Ai figli non chiede di schierarsi, sa che è giusto così. Aspetta una proposta che non arriva. Capisce che il marito non vuole concederle nulla, se non il minimo di legge. A settembre le due donne tirano le somme e decidono di stabilire un confine. Se a fine mese nulla si sarà mosso giocheranno ancora d´anticipo, presentando in tribunale un ricorso individuale di separazione per colpa. Il tempo della trattativa è scaduto. Se le carte non sono ancora scese, viste le smentite degli uffici giudiziari di Milano e Monza, saranno calate molto presto, può trattarsi soltanto di una questione di giorni o di ore. Veronica lo ha detto con chiarezza al suo avvocato già durante il loro primo incontro: in mancanza di un accordo pacifico, preferisco sia il giudice, una persona terza che non conosce la verità di una storia di trent´anni, a stabilire i contorni legislativi e patrimoniali della separazione, «perché non sono disposta a subire da mio marito un´ennesima umiliazione». VERONICA E SILVIO SFIDA A CARTE BOLLATE- Le carte bollate non sono pronte. In Tribunale a Milano o a Monza non sono state ancora depositate. Alla fine solo un dettaglio nella «guerra dei Roses» che divide - a suon di milioni di euro - Miriam Bartolini in arte Veronica Lario, per trent’anni signora Berlusconi e suo marito, di fatto ex da tempo, in attesa dell’istanza di separazione giudiziaria «per colpa», che quanto prima presenterà sua moglie davanti alla Nona sezione del Tribunale civile di Milano. Gli avvocati matrimonialisti delle parti sono al lavoro da Macherio ad Arcore. Più un bel numero di commercialisti e fiscalisti alle prese con un patrimonio esteso come una ragnatela, da dividere senza scontentare nessuno e già questo sarà un problema. La coppia, scoppiata da tempo, sarebbe in regime di separazione dei beni. Sul piatto ci sono oltre 10 miliardi di euro tra beni immobiliari e patrimoniali, spicciolo più, spicciolo meno. E di fatto due famiglie, con cinque figli, che alla dipartita del padre dovranno dividersi l’intero patrimonio. Sulla carta Silvio Berlusconi controlla il 65% della Fininvest. Ai figli - Marina e Piersilvio, nati dall’unione naufragata nell’85 tra Silvio Berlusconi e Carla Dall’Oglio più Barbara, Eleonora e Luigi, figli di secondo letto - tocca il 7% a testa del valore dell’azienda di famiglia. A cui vanno aggiunte le case in Italia e all’estero, gli altri investimenti e la liquidità. In caso di divorzio alla ex moglie andrebbe garantito un assegno di mantenimento per lo stesso tenore di vita. Anche se su questo ci sarà da litigare, Veronica Lario non rischia di rimanere al verde. Oggi di suo ha già uno stabile in via Pontaccio a Milano che vale più o meno 11 milioni di euro, palazzo Borromini a Segrate che vale un po’ più di 6 milioni, altri appartamenti e case a Bologna, Porto Rotondo, Londra e New York. Alla fine ben oltre i 20 milioni di euro. Niente, rispetto al patrimonio del futuro ex marito con cui dovrà concordare pure la divisione della proprietà immobiliare e l’usufrutto delle case di famiglia, a partire dalla residenza di Macherio dove Silvio Berlusconi da tempo si faceva vedere solo per il pranzo della domenica. Ma non è sulle briciole del patrimonio al centro della causa di divorzio, che si gioca la partita Veronica «vs» Silvio. Lei non ne vuole parlare. Agli amici dice solo che questa vicenda riguarda affetti privati e la sfera famigliare. In ballo c’è il futuro dei figli di secondo letto, il futuro del patrimonio del tycoon approdato a Palazzo Chigi, il futuro delle stesse aziende di Silvio Berlusconi. Se Berlusconi morisse prima del divorzio, ai figli andrebbe il 50% dell’eredità in parte uguale. Se Berlusconi morisse dopo il divorzio, i figli otterrebbero il 66,66% dell’intero patrimonio. Rimane una parte, il 25 o il 33% a seconda delle ipotesi, che Silvio Berlusconi potrebbe lasciare a chi vuole se fa testamento, fatta salva la «legittima» destinata ai figli. Lo scontro è su questo. Veronica Lario vorrebbe una divisione equa tra tutti. Marina e Piersilvio, figli di primo letto, andrebbero in minoranza essendo solo in due. Marina oggi guida la Mondadori. Piersilvio sta ai vertici di Mediaset. Eleonora potrebbe guidare presto Endemol. Luigi, il più piccolo ancora all’università, avrebbe un posto garantito a Mediolanum. Rimane Barbara. «Mi piacerebbe occuparmi di editoria», disse lei in un’intervista, giudicato un attacco a gamba tesa da Marina, la sorella ai vertici di Segrate. Se si accontentasse, Barbara potrebbe finire a Medusa ad occuparsi di cinema. Ma lei non demorde e in una intervista a «Vanity Fair» arrivò a smentire lotte in famiglia: «"Se" mio padre è un uomo giusto ed equo, non ce ne saranno neanche in futuro». Quel «se» su cui saranno chiamati a litigare gli avvocati, vale oltre 3 miliardi in azioni Mondadori, Mediaset e Mediolanum. A cui vanno aggiunti 4 miliardi di liquidità, altri 750 milioni nelle casse delle holding personali. Più gli immobili, da Milano alla Sardegna alle Bahamas. Alla fine 10 miliardi, se non di più. Così tanti da farsi venire il mal di testa. Dicono che in un momento di scoramento, Silvio Berlusconi abbia confidato ai suoi collaboratori: «Non ne posso più di litigi». Se ne faccia una ragione. Non sono nemmeno iniziati. IL DIVORZIO DA VERONICA COSTA 3,5 MILIARDI- Il divorzio da Veronica Lario rischia di costare caro al Cavaliere. Molto caro: almeno 3,5 miliardi. Esattamente metà del valore del gruppo Fininvest valutato 7 miliardi di euro. Certo non sono soldi che la signora metterebbe nel suo conto corrente. Semplicemente la conseguenza della sua offensiva di carta bollata. L’obbiettivo di Veronica è abbastanza semplice: ottenere il massimo possibile per i suoi tre ragazzi: Barbara, Eleonora e Luigino. Nessun vantaggio deve essere concesso a Piersilvio e Marina. Solo una spartizione ”equa” potrebbe spingere Veronica a trasformare la sua richiesta di divisione con addebito (equivalente alla vecchia sperazione per colpa) in un saluto amichevole. Con molto rancore, magari, ma senza esondazione odio. Lo sdoppiamento Da quanto si può capire la ricomposizione della lite giudiziaria tra Silvio e Veronica passa attraverso lo sdoppiamento del gruppo. Nascerebbero la Fininvest 1 e la Fininvest 2. Ottenuto questo traguardo le vite dei due ex coniugi prenderebbero percorsi lontani. Piersilvio e Marina più vicni a papà. Barbara, Luigino ed Eleonora stretti alla mamma. Ai due più grandi toccherebbe la Fininvest 1. Ai tre più piccoli la Fininvest 2. Tutto tranquillo se fosse anche chiaro il contenuto delle due scatole. Da quanto risulta il piano iniziale del Cavaliere era abbastanza semplice: dentro Fininvest 1 dovevano stare Mediaset, Mondadori e, magari, Medusa. Vale a dire il cuore industriale del gruppo affidato alle cure di Piersilvio e Marina. Nella Fininvest 2 le partecipazioni di natura più strettamente finanziaria: la quota di Mediolanum, il Teatro Manzoni, gli immobili e altre attività minori. Non escluso il Milan di cui Luigino è tifoso. Gli evidenti squilibri patrimoniali sarebbero stati sanati da un conguaglio in denaro. La rottura Su questo schema, a quanto risulta avvocati e commercialisti si sono confrontati per mesi. Sul tavolo diverse difficoltà, oltre a quelle di natura fiscale e legale. Gli ostacoli più importanti erano di principio: innanzitutto sulle quote di patrimonio da attribuire. Silvio voleva dividere per due: un blocco ai figli del primo letto e l’altro per i ragazzi più giovani. Solo che Piersilvio e Marina sono due. Barbara, Eleonora e Luigi invece tre. Quindi, argomenta Veronica, siccome tutti i figli sono eguali bisogna dividere per cinque. A ognuno una fetta equale. A questo bisogna aggiungere il diverso peso specifico dele quote. Mediaset, Mondadori e Medusa che toccherebbero a Marina e Piersilvio hanno un forte contenuto industriale. Il resto invece ha solo natura finanziaria. Da qui il secondo problema: perchè i due grandi devono essere messi nelle condizioni di proseguire l’attivi - tà d’impresa mentre i tre più giovani devono limitarsi, fin dall’inizio, al ruolo di ”rentier”. Anche qui, argomenta Veronica, bisogna trovare una soluzione di generale soddisfazione. Tutti vanno messi nella condizione di mostrare le proprie capacità imprenditoriali (ammesso che ne siano dotati). Il balletto delle cariche Inquadrato in questa ottica si spiega bene il balletto degli ultimi mesi. Barbara che mostra interesse per Mondadori e chiede a papà di essere ”equo” per evitare liti in famiglia. Nel frattempo rilascia interviste al vetriolo a ”Vinity Fair”. Ogni volta Marina interviene (preferibilmente sul Corriere della Sera) per rintuzzare. Sullo sfondo il valzer delle voci. A Barbara viene offerta la presidenza di Medusa sdegnosamente rifiutata. Piersilvio asserragliato nel bunker di Cologno a difendere il perimetro di Mediaset. Marina che non ha nessuna intenzione di muoversi da Segrate nè dalla Fininvest. Così la trattativa gira a vuoto. Sullo sdoppiamento del gruppo non sembrano esistere opposizioni di principio. Sono d’accordo tanto i figli del primo matrimonio del Cavaliere quanto i secondi. E il contenuto? Ad un certo momento qualcuno aveva anche pensato di incrociare ancora i destini: Fininvest 1 in mano a Piersilvio e Marina con la quota di minoranza a Barbara, Luigi ed Eleonora. In Fininvest 2 le quote di partecipazione si invertivano: i figli di Veronica in maggioranza e i due maggiori in minoranza. Probabilmente la soluzione più gradita al Cavaliere. Forse la più indigesta a Veronica che così ha deciso di rompere gli indugi. La separazione con addebito per costringere il coniuge a scendere a patti. Tanto più che la signora non ha grandi problemi economici. Può reggere benissimo una lunga battaglia legale con il Cavaliere. Il suo patrimonio personale è valutato 27 milioni di euro. Al centro c’è ”Il Poggio”, una società immobiliare al 100% di proprietà di Miriam Bartolini (il nome all’anagrafe di Veronica Lario). Tra le proprietà figurano tre appartamenti a Olbia, Bologna (città natale di Veronica) e Londra (quest’ultimo è il più pregiato, essendo iscritto a un valore di oltre 3 milioni di euro). In aggiunta altri due immobili destinati a ufficio. Uno a Milano nella centralissima Via Pontaccio, in piena city finanziaria, per un valore di 10 milioni; e uno a Segrate del valore di 6 milioni. Non si può dire che, in questi anni, Veronica non abbia sapientemente messo a frutto i soldi ottenuti dal marito. La moglie del premier ha poi messo un piede dentro il mondo dei giornali: Veronica è la principale azionista (con una quota del 38%) del Foglio Edizioni srl, la società editrice de Il Foglio, il giornale diretto da Giuliano Ferrara (che ha il 10% del giornale). Insomma, la Lario non ha certo bisogno dell’assegno di mantenimento per sopravvivere. Il rebus è il seguente: il futuro di altri tre ragazzi che si chiamano Berlusconi.