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 2009  novembre 13 Venerdì calendario

”SIAMO ULTRAS, NON CLIENTI”

Il primo effetto, devastante, è
quello di aver ricompattato il
senso identitario di un’encla -
ve spinta sulle barricate. Al
confino, gli ultras italiani si sentono
da sempre. Sabato a Roma, per
non rendere stanziale quella marginalità,
saranno in migliaia. Striscioni,
canti e fumogeni. Mille
gruppi, una stessa maglietta: ”No
alla tessera del tifoso”. A un passo
da Montecitorio, negli stessi giorni
della morte violenta di Stefano
Cucchi, ricordato a macchia negli
stadi di ogni categoria e nel medesimo
periodo in cui, due anni fa, la
rabbia seguita all’omicidio di Gabriele
Sandri, illuminò la notte di
sirene e bombe carta, il clima stenta
a rasserenarsi. Partenza da Piazza
dell’Esquilino e arrivo sintomatico,
alla Bocca della Verità.
Per gli ultras, l’unica possibile sulla
tessera – che dal primo gennaio sarà
obbligatoria per qualunque sostenitore
voglia recarsi in trasferta
nel settore ospiti al seguito della
propria passione ”, equivale alla
’s chedatura”.
Il no alla tessera unisce sostenitori
dei colori più diversi. Da nord a
sud, da destra a sinistra (non accadeva
da anni), uniti nella lotta contro
un provvedimento che obbligherà
a farsi fotografare, acquistare
la novità (costo previsto, dieci
euro), entrare nel club ”fidelizza -
to” che disgusta chi vive la frequentazione
di uno spicchio di
mondo esclusivo, come un evento
slegato da qualunque forma sovrastrutturale.
La battaglia contro quella che gli ultras definiscono la
’ghettizzazione di una fede” pog -
gia su fondamenta non esclusivamente
pregiudiziali. Mentre Viminale,
Osservatorio e governo sventolano
parole come ”convenzio -
ne”, promettono ”corsie preferenziali”,
parlano di ”grandi opportunità”
in un ”desolante contesto da
tele vendita”, chiosa Erik, ultrà della
Sampdoria, i tifosi organizzano
controffensive denunciando
l’enorme business in atto. ”Ogni
società” dice Sandra, del Bologna
’può scegliere una banca di riferimento.
Il giro d’affari tra esercizi
convenzionati e club è nell’o rd i n e
di alcune decine di milioni di euro
”.
La tessera somiglia a una carta di
credito e come ogni carta, ha costi
fissi, possibilità di essere ricaricata,
non è cedibile. A Milano, dove
la sperimentazione è già in atto, la
risposta numerica del tifo organizzato
ha punti di contatto con la depressione.
Poco più di 25.000 abbonati
(minimo storico) e urla che
dai gradoni del Meazza, scivolano
irreversibilmente in poltrona. Una
’mutazione antropologica per desertificare
lo spazio sociale della
curva, e come accaduto in Inghilterra,
alzare i costi complessivi, allontanando
dallo stadio le fasce di
popolazione meno abbienti”, argomenta
Marcello, frequentatore
critico del ”Via del Mare” di Lecce,
costruito – ma era un’altra epoca ”,
in meno di cinquanta giorni dal
commendatore del lavoro, Rozzi
Costantino.
Oggi, mentre le arene si svuotano e
il business del ”costruiamo tutto e
subito” corre che è un piacere, le scadenze e obiettivi albergano sotto
luci differenti. Ciò che spingerà
a Roma sigle di ogni natura, sono
due articoli. Due numeri, l’8 e il 9,
che all’interno della legge, disegnano
uno scenario da incubo.
Non potrà accedere alla tessera,
anche chi dopo essere stato colpito
da Daspo (divieto di accedere
alle manifestazioni sportive), avrà
scontato la sua pena. Non c’è ultras
che non sia passato attraverso
la diffida. Può essere anche preventiva,
viene scagliata dalle questure
con disarmante facilità. Eliminare
dal contesto i diffidati significa
sciogliere nei fatti e per
sempre, storiche sigle in campo da
oltre 30 anni. Roberto Massucci,
segretario dell’Osservatorio nazionale
sulle manifestazioni sportive,
spegne il fuoco e al telefono spiega:
’Siamo al lavoro per modificare
il testo perché siamo convinti che
il provvedimento sia migliorabile e
che davanti a certe istanze del
mondo ultras, chiudere gli occhi
sarebbe sintomo di cecità”, per poi
ragionare, sulla tessera: ”Sono assolutamente
certo che l’innova -
zione possa rappresentare un punto
di svolta epocale. Non tanto per
la card in sé, quanto per migliorare
davvero la qualità dei rapporti tra
società, pubblico e forze dell’ordi -
ne. Già la presenza di divise dentro
lo stadio è quasi un ricordo, proseguiamo,
senza perdere di vista la
nostra funzione”. Due mondi dunque
che lungi dall’avvicinarsi, rischiano
di allontanarsi ulteriormente,
con rilevanti conseguenze.
L’obbietti -
vo dichiarato
della tessera è escludere i violenti dalla fruizione
dell’evento sportivo. Per questo
non saranno della partita tutti quei
sostenitori condannati ”anche in
via non definitiva” per reati commessi
durante manifestazioni
sportive durante gli ultimi cinque
anni. Secondo gli ultras, la tessera
nasconde al suo interno paradossi
insuperabili. Niente settore ospiti
per un ex diffidato (il cuore di una
comunità) ma libero accesso a
qualunque altro settore dello stadio.
I tifosi organizzati (non solo gli
ultras) giudicano il provvedimento
anticostituzionale e adombrano
il sospetto che l’unico scopo
dell’operazione – come suggerisce
Andrea di stanza a Marassi
sponda genoana da ”quando ho 5
anni” – sia ”allontanare l’ultras dallo
stadio e creare in vitro un organismo
geneticamente modificato:
il cliente”. In vista di sabato, dalla
questura si dicono tranquilli. ”Non
abbiamo segnali che possano far
pensare a possibili criticità. Le tifoserie
hanno provveduto a un servizio
d’ordine”. Su blog e forum
identitari viaggiano segnali inquietanti.
Di certe gare, è difficile sentire
il fischio conclusivo.