D.St., Il Sole 24 Ore 13/11/09, 13 novembre 2009
«Maggioranza unita, l’iter sarà rapido» (riassunto + ddl 2002) - Filippo Berselli, presidente della commissione Giustizia del Senato, non ha dubbi sulla «tenuta», nella maggioranza, del ddl sul «processo breve», che ha come primo firmatario l’ex di An Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl
«Maggioranza unita, l’iter sarà rapido» (riassunto + ddl 2002) - Filippo Berselli, presidente della commissione Giustizia del Senato, non ha dubbi sulla «tenuta», nella maggioranza, del ddl sul «processo breve», che ha come primo firmatario l’ex di An Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl. Berselli, anche lui ex aennino, pensa di far partire il ddl martedì 24 novembre. «Certo, (il ddl) ha un impatto politico notevole e lo sivede dalle reazioni del centrosinistra, oltre che dal fatto di essere nata da un incontro tra Fini e Berlusconi. Ma tecnicamente è una leggina. Peraltro, pressoché identica al ddl presentato nella XIV legislatura dai senatori Ds Fassone, Ayala, Brutti, Calvi e Maritati, mai ritirata. L’unica differenza, è che il ddl Gasparri non consente l’estinzione dei processi per determinati reati, mentre in quello tutto finiva nel calderone; questo ddl non consente l’estinzione per i recidivi, quello sì». ________________________________________ TESTO DEL DDL PRESENTATO DURANTE LA XIV LEGISLATURA: Legislatura 14º - Disegno di legge N. 1367 SENATO DELLA REPUBBLICA - XIV LEGISLATURA N. 1367 DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa dei senatori FASSONE, CALVI, AYALA, BRUTTI Massimo e MARITATI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 3 MAGGIO 2002 ’’’’ Norme in materia di funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità ’’’’ Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge riproduce, con un’unica variazionesostanziale e limitate modifiche non rilevanti, il testo approvato con ampi consensi dalla Commissione Giustizia del Senato nella XIII legislatura (vedi atto Senato n. 1799 e 2107-A, comunicato alla Presidenza il 27 maggio 1997). Poichè il disegno di legge governativo n. 1799 della XIII legislatura era frutto, a sua volta, di un ampio e lungo dibattito che negli anni precedenti aveva coinvolto tutti gli operatori giudiziari, lo stesso viene considerato tuttora come un’acquisizione largamente condivisa (salva l’innovazione di cui si dirà), e quindi al riparo da intenti di parte, o punitivi, o comunque influenzati da sollecitazioni contingenti. ormai convinzione diffusa che la carriera dei magistrati abbia assunto con il tempo uno sviluppo pressochè automatico, e che i controlli sulla professionalità dei medesimi siano scarsi e poco efficaci. La promozione a magistrato di appello e di cassazione e alle funzioni direttive superiori (di seguito: «f.d.s.») è praticamente universale (le mancate promozioni si stimano nell’ordine dell’1-2 per cento, e sono molto spesso seguite da una promozione semplicemente ritardata di qualche anno). Pertanto si parla ormai di una selezione unicamente «in negativo», che opera solo quando il magistrato si è reso autore di fatti o comportamenti particolarmente gravi. Deve essere riconosciuto che le leggi 25 luglio 1966, n. 570, e 20 dicembre 1973, n. 831, note come «leggi Breganze», rispondevano ad un’esigenza profondamente avvertita nel momento del loro nascere, e cioè a quella di sottrarre la magistratura ad un assetto gerarchico piramidale, in cui la valutazione del singolo discendeva essenzialmente dai titoli e dalla conformità giurisprudenziale. Ma, se esse hanno svolto un’utile funzione nei primi tempi, in quanto hanno espanso e consolidato la cultura dell’indipendenza nel giudizio, oggi appaiono inadeguate alla diversa, e sempre più sentita, esigenza che la magistratura – ferma restando l’assoluta indipendenza del contenuto delle sue decisioni – sia anch’essa investita di responsabilità per quanto attiene l’organizzazione ed il funzionamento del servizio in generale, e sia soggetta a serie verifiche di professionalità. Si richiama pertanto, per economia, l’ampia relazione svolta a corredo del citato testo approvato dalla Commissione Giustizia il 27 maggio 1997, limitandoci a ricordarne i caposaldi: - aumento del numero delle verifiche nel corso della carriera, disposte ogni quattro anni anzichè solo al 13º, 20º e 28º anno come oggi; - moltiplicazione degli indicatori sulla base dei quali effettuare il giudizio; - ingresso di voci diverse nel procedimento valutativo, in particolare dei consigli degli ordini forensi; - possibilità per il Consiglio superiore della magistratura (CSM) di delegare ai consigli giudiziari le valutazioni di professionalità diverse dalla 3ª, 5ª e 7ª, cioè da quelle il cui superamento legittima ad accedere alle funzioni superiori; - analitica definizione dei parametri in base ai quali formulare la valutazione di professionalità (capacità, laboriosità, diligenza, impegno, attitudine alla dirigenza); - introduzione di un sistema di sanzioni alle eventuali valutazioni non positive; - progressione economica collegata alla valutazione di professionalità, e cioè al conseguimento di un giudizio positivo, ma bloccata per effetto di un giudizio non positivo o negativo; - eliminazione del fenomeno per cui la qualifica può essere disgiunta da un effettivo esercizio della funzione corrispondente. proprio in relazione a quest’ultimo aspetto che il presente disegno di legge si propone di introdurre la principale modifica al citato testo già approvato dalla 2ª Commissione nella scorsa legislatura. In base a tale testo, il CSM non conferisce più le qualifiche di magistrato di appello, di cassazione, o di idoneo alle f.d.s., ma individua progressivamente la platea dei magistrati che, avendo superato le valutazioni terza, quinta e settima (corrispondenti agli attuali 13, 20 e 28 anni di anzianità), costituiscono il «paniere» nel quale attingere per conferire in concreto le rispettive funzioni, attraverso i concorsi. In altre parole, il conseguimento di determinate valutazioni attribuisce la legittimazione a concorrere al «posto-funzione». Il principio è condivisibile, poichè risponde meglio al dettato costituzionale secondo il quale «i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni» (articolo 107). L’avere conseguito valutazioni positive serve, da un lato, per la progressione economica, e dall’altro lato costituisce requisito per il conferimento delle funzioni in concreto: ma non attribuisce qualifiche ordinate gerarchicamente, e quindi non diversifica tra loro magistrati che stanno esercitando funzioni uguali od omologhe. Tuttavia si ritiene che questa disciplina, pur rappresentando un apprezzabile passo in avanti, non risolva al meglio l’annoso problema. La maggiore frequenza delle valutazioni, l’accrescimento del dossier e l’inserimento di nuove voci serviranno senza dubbio a generare valutazioni meno stereotipate ed uniformi: ma difficilmente varranno a smuovere, là dove c’è, la sensazione di una sostanziale impunità anche per i meno solerti, ed a produrre una reale mobilitazione di energie e di impegno nei magistrati meno sensibili ai loro doveri. L’esperienza dimostra infatti che un giudizio il quale si limiti ad attribuire o meno un’idoneità astratta, e non a stabilire un confronto concreto come accade nella concorsualità, finisce fatalmente con il riconoscere l’idoneità a quasi tutti i giudicabili, non molto diversamente da quanto avviene oggi. In altre parole, un avanzamento a ruoli aperti (quale sarebbe anche la nuova formula) è assai probabile che produca un semplice aumento di carte, e continui a fare avanzare l’intera platea dei giudicabili, scaricando poi sui concorsi per il singolo posto l’unica selezione. Il che, fino ad oggi, non ha dato buona prova. Si ritiene allora di sperimentare una formula interrnedia: non quella dei ruoli chiusi, anteriore alle leggi Breganze; non più quella dei ruoli aperti, oggi vigente; ma quella dei ruoli «semiaperti». A questo fine, si propone che il CSM individui ogni anno quanti posti di appello, di cassazione o di f.d.s. saranno accessibili nell’anno medesimo, mutuando i valori per similitudine dall’anno precedente. Quindi, il CSM maggiora tali quote di un coefficiente da convenirsi (che il disegno di legge propone nel 50 per cento), per ampliare la platea dei legittimati e per non riprodurre il meccanismo dei ruoli chiusi. Infine il CSM, nel formulare le valutazioni, non si limita ad esprimere il giudizio nei termini già enunciati nell’atto Senato n. 1799 e 2107-A della XIII legislatura (e cioè «positivo», «non positivo» o «negativo»), ma assegna un coefficiente (che qui si propone da 1 a 5) per ciascuna delle cinque voci sulle quali si articola la valutazione. In tal modo i magistrati di quella valutazione (che corrisponde ad un certo anno di concorso) vengono scaglionati secondo una oggettiva graduatoria effettuata dall’organo di autogoverno. All’interno di questa graduatoria si individuano, nel limite del numero sopra definito, i legittimati a concorrere ai posti delle varie funzioni messi a concorso nell’anno in oggetto. Pertanto ogni annata si comporrà di «idonei legittimati», costituenti la maggioranza dei valutati; di «idonei non legittimati», e cioè coloro che sono stati valutati positivamente ma sono classificati a valle della soglia numerica individuata; e dei «non idonei», cioè di coloro che hanno conseguito un giudizio non positivo o negativo. La selezione, da un punto di vista quantitativo, sarà limitata, e ciò ne eviterà gli inconvenienti lamentati in passato; ma tutti i magistrati saranno sollecitati ad un maggiore impegno, per evitare il pericolo di una bassa classifica, e quindi di un ritardo nella legittimazione. Poichè non tutti gli «idonei legittimati» conseguiranno effettivamente in quell’anno le funzioni corrispondenti (data la maggiorazione effettuata dal CSM), si costituirà progressivamente un «paniere» di legittimati, che potrà autorizzare una diminuzione o un aumento del coefficiente annuale di maggiorazione. Per converso gli «idonei non legittimati» potranno essere rivalutati nel quadriennio successivo, senza pregiudizio diverso dal ritardo: e questo, da un lato, offre una buona chance di recupero, dall’altro lato obbliga chi non si impegnò per la prima verifica ad impegnarsi a fondo per la successiva. Dopo una certa sperimentazione, si potrà valutare se una plurima classifica di «non legittimato» abbia a considerarsi equivalente ad un giudizio «non positivo», con ripercussioni anche economiche. DISEGNO DI LEGGE Art. 1. (Funzioni giudiziarie) 1. I magistrati ordinari si distinguono unicamente secondo le funzioni conferite ai sensi dei commi 2, 3, 4 e 5. 2. Le funzioni di magistrato di tribunale sono conferite ai magistrati, compresi gli uditori giudiziari che hanno completato il tirocinio. Tali funzioni sono: a) giudice presso il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni; b) magistrato di sorveglianza presso il tribunale e gli uffici di sorveglianza; c) sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale, ivi compresa la direzione distrettuale antimafia, ove costituita, e il tribunale per i minorenni. 3. Le funzioni di magistrato di appello, nonchè quelle direttive e semidirettive corrispondenti, sono conferite ai magistrati i quali abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità. Tali funzioni sono: a) consigliere presso la corte di appello; b) sostituto procuratore generale presso la corte di appello e sostituto procuratore presso la direzione nazionale antimafia; c) applicato presso la corte di cassazione e la procura generale presso la medesima corte, ai sensi della legge 13 febbraio 2001, n. 48; d) presidente del tribunale, ivi compreso quello per i minorenni, procuratore della Repubblica presso il tribunale e presso il tribunale per i minorenni, presidente della sezione dei giudici per le indagini preliminari, salvo quanto previsto dal comma 4, lettera g); e) presidente di sezione del tribunale e procuratore della Repubblica aggiunto. 4. Le funzioni di magistrato di cassazione, nonchè quelle direttive e semidirettive corrispondenti, sono conferite ai magistrati i quali abbiano conseguito la quinta valutazione di professionalità. Tali funzioni sono: a) consigliere presso la corte di cassazione; b) sostituto procuratore generale presso la corte di cassazione; c) procuratore presso la direzione nazionale antimafia; d) presidente di sezione presso la corte di appello; e) avvocato generale presso la procura generale della corte di appello; f) presidente del tribunale di sorveglianza; g) presidente del tribunale, procuratore della Repubblica presso il tribunale, presidente della sezione dei giudici per le indagini preliminari, in relazione agli uffici aventi sede nelle città di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia. 5. Le funzioni direttive superiori sono conferite a magistrati i quali abbiano conseguito la settima valutazione di professionalità. Tali funzioni sono: a) primo presidente della corte di cassazione; b) procuratore generale della Repubblica presso la corte di cassazione, presidente aggiunto presso la corte di cassazione, presidente del tribunale superiore delle acque pubbliche; c) presidente di sezione presso la corte di cassazione e avvocato generale presso la corte medesima; d) presidente di corte d’appello; e) procuratore generale presso la corte d’appello. Art. 2. (Modalità di conferimento delle funzioni giudiziarie) 1. Le funzioni giudiziarie di appello, di cassazione e direttive superiori sono conferite dal Consiglio superiore della magistratura ai magistrati che hanno conseguito le valutazioni di professionalità di cui all’articolo 1, e nei limiti di cui all’articolo 13, a domanda degli interessati o d’ufficio secondo l’ordine di ruolo in caso di mancanza o di inidoneità delle candidature proposte. 2. Per attribuire le funzioni il Consiglio superiore della magistratura procede a valutazioni comparative dei candidati, che abbiano presentato domanda o che siano esaminati in vista del conferimento d’ufficio, sulla base delle risultanze delle valutazioni di professionalità e di ogni altro elemento di conoscenza di cui il Consiglio è in possesso, secondo criteri stabiliti con i provvedimenti di cui all’articolo 18, che tengono conto della specificità delle singole funzioni. 3. I magistrati di tribunale, di appello, di cassazione e di cassazione titolari di funzioni direttive superiori sono collocati nel ruolo di anzianità della magistratura in separati raggruppamenti, ciascuno corrispondente alle funzioni ad essi conferite, e in quest’àmbito prendono posto nell’ordine di data in cui le hanno conseguite. Art. 3. (Valutazione di attitudine e di professionalità) 1. I magistrati sono sottoposti a valutazione di attitudine e di professionalità ogni quadriennio dalla nomina, salvo la prima che si effettua dopo il compimento di un quinquennio, e la quarta che si effettua dopo un triennio dalla precedente. 2. Continuano a trovare applicazione gli articoli 1 e 5 della legge 2 aprile 1979, n. 97, per quanto attiene alla valutazione cui deve essere sottoposto l’uditore giudiziario dopo il primo anno di svolgimento delle funzioni giudiziarie. 3. La valutazione di professionalità deve riguardare la eapacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno. 4. La valutazione di professionalità riguarda anche l’attitudine alla dirigenza, ove ricorrano specifici elementi. 5. Con i provvedimenti di cui all’articolo 18, comma 1, sono specificati gli elementi in base ai quali devono essere espresse le valutazioni da parte dei consigli giudiziari, nonchè i parametri per consentire l’omogeneità delle valutazioni. Art. 4. (Capacità) 1. La capacità è riferita all’equilibrio del magistrato, alla sua preparazione giuridica ed al suo aggiornamento, alle metodologie di analisi delle questioni da risolvere e al possesso delle tecniche di argomentazione e di valutazione delle prove, e, secondo le funzioni esercitate, alla conoscenza e padronanza delle tecniche di indagine, alla conduzione dell’udienza, all’efficacia nel dirigere, utilizzare e controllare l’apporto dei collaboratori ed ausiliari. Art. 5. (Laboriosità) 1. La laboriosità è riferita alla qualità ed al numero degli affari trattati, in relazione al tipo di ufficio e alla sua condizione organizzativa e strutturale, nonchè ai tempi di smaltimento del lavoro, con particolare attenzione alla cura dedicata agli affari più impegnativi. Art. 6. (Diligenza) 1. La diligenza è riferita all’assiduità e alla puntualità di presenza in ufficio, nelle udienze e nei giorni stabiliti o comunque necessari per l’adeguato espletamento del servizio, al rispetto del termine per l’emissione, la redazione e il deposito dei provvedimenti, o comunque per il compimento di attività giudiziarie. Art. 7. (Impegno) 1. L’impegno è riferito alla partecipazione al buon andamento dell’ufficio, nonchè alla disponibilità per sostituzioni, applicazioni e supplenze necessarie per il miglior funzionamento del medesimo. Art. 8. (Attitudine alla dirigenza) 1. L’attitudine alla dirigenza è riferita alla capacità organizzativa, di programmazione e di gestione, in relazione al tipo di ufficio e alle relative dotazioni. riferita altresì alla capacità di valorizzare le attitudini di magistrati e funzionari, e di responsabilizzarli nei rispettivi compiti; alla capacità di controllo amministrativo sull’andamento generale dell’ufficio e alla capacità di ideare, programmare e realizzare con tempestività gli adattamenti organizzativi e gestionali convenienti, avvalendosi delle professionalità necessarie. 2. La valutazione dell’attitudine alla dirigenza tiene conto delle esperienze direttive anteriori, ove esistenti, dell’enunciazione degli obiettivi e dei risultati conseguiti. Nella predetta valutazione, si considerano positivamente la pluralità delle esperienze nelle diverse funzioni, gli incarichi svolti, la frequenza dei corsi di formazione per la dirigenza ed ogni altra esperienza ritenuta utile. Art. 9. (Procedimento per la valutazione di attitudine e di professionalità) 1. Entro il mese successivo alla scadenza del periodo di valutazione il consiglio giudiziario acquisisce: a) la relazione del magistrato valutando il lavoro svolto nel periodo oggetto di valutazione, unitamente a quant’altro egli ritenga di allegare, compresi atti e provvedimenti da esaminare; b) le statistiche del lavoro svolto e la comparazione con quelle degli altri magistrati del medesimo ufficio, secondo i criteri stabiliti nel provvedimento di cui all’articolo 18 comma 1; c) i provvedimenti redatti dal magistrato e i verbali delle udienze alle quali ha partecipato, scelti a campione sulla base di criteri oggettivi, stabiliti dal provvedimento di cui all’articolo 18 comma 1; d) l’indicazione degli incarichi extragiudiziari svolti dal magistrato nel periodo valutato; e) il rapporto ed ogni eventuale segnalazione proveniente dai capi degli uffici, le segnalazioni eventualmente pervenute dal consiglio dell’ordine degli avvocati, sempre che si riferiscano a fatti concreti incidenti sulla professionalità del magistrato, con particolare attenzione a fatti indicativi di esercizio non indipendente della funzione o di mancanza di equilibrio. Il rapporto del capo dell’ufficio è trasmesso al consiglio giudiziario dal presidente della corte d’appello o dal procuratore generale con le proprie considerazioni. 2. Il consiglio giudiziario può assumere informazioni su fatti segnalati da suoi componenti o dai dirigenti degli uffici o dai consigli dell’ordine degli avvocati, dando tempestiva comunicazione all’interessato, del quale può procedere all’audizione. L’audizione è sempre disposta se l’interessato ne fa richiesta. Art. 10. (Parere del consiglio giudiziario) 1. Sulla base delle acquisizioni di cui all’articolo 9 il consiglio giudiziario formula, se si tratta delle valutazioni relative al terzo, quinto e settimo periodo oggetto di valutazione, un parere motivato, che trasmette al Consiglio superiore della magistratura unitamente alla documentazione e ai verbali delle audizioni. 2. Copia del parere è comunicata all’interessato e al Ministro della giustizia, per le osservazioni di cui all’articolo 11 della legge 24 marzo 1958 n. 195, e successive modificazioni. 3. Il magistrato, entro dieci giorni dalla comunicazione del parere, può fare pervenire al Consiglio superiore della magistratura le sue osservazioni e chiedere di essere ascoltato personalmente. 4. Il consiglio giudiziario può essere delegato dal Consiglio superiore della magistratura ad effettuare, sulla base dei criteri dallo stesso indicati all’atto del suo insediamento, le valutazioni di professionalità relative ai periodi diversi dal terzo, quinto e settimo. In tal caso il consiglio giudiziario, se ritiene di esprimere un giudizio positivo, adotta la relativa delibera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai magistrati della corte di cassazione, della procura generale della Repubblica presso la corte di cassazione e del tribunale superiore delle acque pubbliche. 5. La delibera è comunicata al magistrato interessato, che può proporre ricorso al Consiglio superiore della magistratura entro trenta giorni e può chiedere di essere ascoltato personalmente. 6. Il Consiglio superiore della magistratura, acquisite le osservazioni del consiglio giudiziario, decide sul ricorso entro novanta giorni e, in caso di accoglimento, sostituisce, integra o modifica la delibera del consiglio giudiziario. 7. Qualora il consiglio giudiziario ritenga di dover esprimere un giudizio non positivo o negativo, trasmette il proprio motivato parere al Consiglio superiore della magistratura, che decide direttamente, in applicazione dei commi 2 e 3 del presente articolo. Art. 11. (Consigli giudiziari) 1. Il primo e il secondo comma dell’articolo 6 del regio decreto 31 maggio 1946, n. 511, come sostituito dall’articolo 1 della legge 12 ottobre 1966, n. 825, sono sostituiti dai seguenti: «Presso ogni corte d’appello è costituito un consiglio giudiziario. Il consiglio giudiziario è presieduto dal presidente della corte d’appello ed è composto dal procuratore generale della Repubblica, nonchè, a seconda che l’organico dei magistrati del distretto sia inferiore a duecento unità, sia compreso fra duecento e quattrocento unità, o sia superiore alle quattrocento unità, rispettivamente da: a) otto membri, di cui tre supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto, con voto personale e segreto, nelle seguenti proporzioni: un componente effettivo ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la quinta valutazione di attitudine e di professionalità; due componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di attitudine e di professionalità; due componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano completato il tirocinio; b) tredici membri, di cui cinque supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto, con voto personale e segreto, nelle seguenti proporzioni: due componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la quinta valutazione di attitudine e di professionalità; tre componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di attitudine e di professionalità; tre componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano completato il tirocinio; c) sedici membri, di cui cinque supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto, con voto personale e segreto, nelle seguenti proporzioni: tre componenti effettivi ed uno supplente tra i magistrati che abbiano conseguito la quinta valutazione di attitudine e di professionalità; quattro componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di attitudine e di professionalità; quattro componenti effettivi e due supplenti tra i magistrati che abbiano completato il tirocinio. Nei distretti nei quali non è possibile eleggere i magistrati alla quinta valutazione di attitudine e di professionalità, i posti sono attribuiti ai magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione. Presso la corte di cassazione è istituito un consiglio giudiziario, del quale fanno parte il presidente aggiunto, che lo presiede, e l’avvocato generale più anziano della procura generale della Repubblica presso la corte medesima, nonchè altri cinque membri effettivi e due supplenti, eletti ogni due anni da tutti i magistrati, in servizio presso la corte di cassazione, la procura generale e il tribunale superiore delle acque pubbliche, con voto personale e segreto, fra i magistrati aventi le seguenti qualifiche: un componente effettivo presidente di sezione o avvocato generale; tre componenti effettivi ed uno supplente, tra i magistrati con funzioni di consigliere o di sostituto procuratore generale; un componente effettivo ed uno supplente tra i magistrati di appello o di tribunale destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario o del ruolo. Il consiglio giudiziario presso la corte d’appello di Roma è competente anche per i magistrati della Direzione nazionale antimafia. In ogni consiglio giudiziario il presidente della corte d’appello e il procuratore generale della Repubblica, in caso di mancanza o di impedimento, sono sostituiti rispettivamente dal magistrato che ne esercita la funzione». 2. L’istruttoria dei pareri e delle valutazioni di cui all’articolo 10 è distribuita tra tutti i componenti, anche supplenti, del consiglio giudiziario. A tal fine i componenti possono avvalersi, oltre che dei magistrati distrettuali secondo quanto previsto dall’articolo 7 della legge 13 febbraio 2001, n. 48, degli uffici amministrativi della corte d’appello. Art. 12. (Individuazione dei magistrati legittimati a determinate funzioni) 1. All’inizio di ogni anno giudiziario, il Consiglio superiore della magistratura individua quanti posti concernenti funzioni di appello, di cassazione e di uffici direttivi superiori sono stati messi a concorso nell’anno precedente. Quindi, definisce a quanti magistrati possono essere attribuite le corrispondenti funzioni nell’anno in corso, in base al numero dei posti così individuati, incrementato del 50 per cento. 2. Il Consiglio superiore della magistratura procede quindi alla valutazione di attitudine e di professionalità, sulla base del parere espresso dal consiglio giudiziario e della relativa documentazione, nonchè sulla base dei risultati delle ispezioni ordinarie; può anche assumere ulteriori elementi di conoscenza. 3. La valutazione di attitudine e di professionalità consiste in un giudizio motivato, il quale, se positivo, si accompagna all’attribuzione di un punteggio da 1 a 5 per ciascuno dei parametri di cui agli articoli 4, 5, 6, 7 e 8. Il giudizio è inserito nel fascicolo personale del magistrato. 4. Il Ministro della giustizia adotta il relativo provvedimento, ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 marzo 1958, n. 195, entro trenta giorni dalla ricezione della delibera del Consiglio superiore della magistratura. 5. Il consiglio giudiziario e il Consiglio superiore della magistratura possono avvalersi di sistemi informatizzati per raccogliere i dati concernenti le valutazioni di attitudine e di professionalità secondo sistemi e modelli uniformi. 6. Del giudizio di attitudine e di profesionalità si tiene conto, oltre che ai fini di cui all’articolo 13, al fine dei tramutamenti, del conferimento di incarichi direttivi e di qualunque altro atto, provvedimento o autorizzazione connesso alla valutazione del magistrato. Art. 13. (Giudizio positivo e legittimazioni) 1. Il giudizio di attitudine e di professionalità è positivo quando ricorrono in modo sufficiente tutti i parametri di valutazione. 2. Le funzioni di appello, di cassazione e direttive superiori possono essere conferite solamente ai magistrati che, oltre ad avere ottenuto un giudizio positivo, sulla base del punteggio complessivo a ciascuno attribuito siano classificati, nella terza, quinta o settima valutazione, in posizione non inferiore al numero definito ai sensi del comma 1 dell’articolo 12. 3. I magistrati che, valutati positivamente, siano classificati in posizione inferiore al numero definito secondo le modalità richiamate al comma 2, possono essere nuovamente classificati nel quadriennio successivo. Art. 14. (Giudizio non positivo) 1. Il giudizio di attitudine e di professionalità è non positivo quando risultano deficienti uno o più parametri di valutazione. 2. Se il giudizio è non positivo, il Consiglio superiore della magistratura procede a una nuova valutazione di attitudine e di professionalità dopo un anno, previo parere del consiglio giudiziario. La nuova valutazione può concludersi solamente con un giudizio positivo o negativo. 3. In caso di giudizio positivo il nuovo trattamento economico o l’aumento periodico di anzianità sono dovuti solo a decorrere dalla scadenza dell’anno. 4. Al fine del conferimento di funzioni più elevate, il magistrato può essere classificato solamente dopo un quinquennio dal conseguimento del giudizio positivo. Art. 15. (Giudizio negativo) 1. Il giudizio di attitudine e di professionalità è negativo quando risultino carenze gravi in uno o più dei parametri di valutazione. 2. Se il giudizio è negativo, il magistrato è sottoposto a nuova valutazione dopo un biennio. Il Consiglio superiore della magistratura può disporre che il magistrato partecipi ad uno o più corsi di qualificazione, indicando le specifiche carenze riscontrate; può anche assegnare il magistrato, previa sua audizione, ad una diversa funzione nella medesima sede, o escluderlo dalla possibilità di accedere a incarichi direttivi o semidirettivi o a funzioni specifiche. La nuova valutazione può concludersi solamente con un giudizio positivo o negativo. 3. Il giudizio negativo comporta la perdita del diritto all’aumento periodico di stipendio. 4. Se al giudizio negativo consegue un giudizio positivo, il magistrato, al fine del conferimento di funzioni più elevate, che non siano state escluse ai sensi del comma 2, può essere classificato solamente dopo sei anni dal giudizio positivo. 5. Se il Consiglio superiore della magistratura formula, previa audizione del magistrato, un secondo giudizio negativo, questi è dispensato dal servizio. 6. Prima dell’audizione il magistrato deve essere informato della facoltà di prendere visione degli atti del procedimento e di estrarne copia. Tra l’avviso e l’audizione deve intercorrere un termine non inferiore a trenta giorni. Il magistrato ha facoltà di depositare atti e memorie fino a sette giorni prima dell’audizione e di farsi assistere da un altro magistrato o da un avvocato del foro libero. Non può, comunque, essere concesso più di un differimento dell’audizione per impedimento del magistrato designato per l’assistenza. 7. Resta fermo quanto previsto dall’ordinamento giudiziario per i fatti costituenti illecito disciplinare. Art. 16. (Valutazione di attitudine e di professionalità per i magistrati fuori ruolo) 1. La valutazione di attitudine e di professionalità concernente i magistrati fuori ruolo è compiuta sulla base della capacità, laboriosità, diligenza, impegno e attitudine alla dirigenza, riferiti alla funzione esercitata. 2. Il Consiglio superiore della magistratura esprime il giudizio: a) quanto ai magistrati in servizio presso il Ministero della giustizia, previa acquisizione del parere del consiglio di amministrazione, composto dal presidente e dai membri che rivestono la qualità di magistrato, redatto sulla base del rapporto informativo del capo dell’ufficio al quale il magistrato appartiene; b) quanto agli altri magistrati collocati fuori ruolo, compresi quelli in servizio all’estero, previo parere del consiglio giudiziario presso la corte d’appello di Roma, redatto sulla base della relazione dell’autorità presso la quale i magistrati prestano servizio, illustrativa dell’attività svolta. 3. fatta salva in ogni caso la facoltà dell’interessato di produrre ogni utile documentazione, purchè attinente ai parametri di valutazione. Art. 17. (Trattamento economico. Misura delle retribuzioni) 1. Continuano ad applicarsi le disposizioni in materia di trattamento economico del personale della magistratura, secondo quanto previsto dalla tabella annessa alla legge 19 febbraio 1981, n. 27, e successive modificazioni. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 5 della legge 6 agosto 1984, n. 425, in relazione ai livelli retributivi previsti dalla predetta tabella, non si considerano i periodi temporali di cui agli articoli 14 e 15 della presente legge. Art. 18. (Norme transitorie e finali) 1. Il Consiglio superiore della magistratura, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplina i modi di raccolta della documentazione e di individuazione a campione dei provvedimenti e dei verbali di udienza di cui all’articolo 9, definisce le modalità per la redazione dei pareri dei consigli giudiziari secondo i modelli tipo e per la gestione informatizzata di cui all’articolo 12 ed enuncia i criteri di valutazione comparativa per i casi in cui la stessa è richiesta. 2. Con uno o più decreti, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia disciplina le modalità per la raccolta dei dati ai fini dell’articolo 9. Art. 19. (Abrogazioni) 1. Sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con quelle della presente legge, ed in particolare gli articoli da 2 a 32 della legge 4 gennaio 1963, n. 1, la legge 25 luglio 1966, n. 570, e successive modificazioni, la legge 20 dicembre 1973, n. 831, e successive modificazioni, gli articoli 2, 3 e 4 della legge 2 aprile 1979, n. 97. Art. 20. (Entrata in vigore ed efficacia di singole disposizioni) 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. 2. Le funzioni elencate nei commi 3, 4 e 5 dell’articolo 1 sono rispettivamente conferite ai magistrati che, secondo la normativa previgente, abbiano già ottenuto la nomina a magistrato di appello, la dichiarazione di idoneità ad essere nominati magistrati di cassazione o quella di idoneità alle funzioni direttive superiori. Per il conferimento di tali funzioni trovano applicazione le disposizioni dell’articolo 2. 3. Nei confronti dei magistrati in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, le valutazioni periodiche operano alla scadenza del primo periodo utile successivo alla predetta data, determinata utilizzando quale momento iniziale la data del decreto di nomina ad uditore giudiziario. Tale corrispondenza regola anche la misura delle retribuzioni determinate ai sensi dell’articolo 17. 4. Nei casi previsti dall’articolo 211 dell’ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, la corrispondenza viene operata tenendo conto del servizio effettivo prestato a decorrere dal decreto di nomina a magistrato ordinario. La eventuale maggiore retribuzione in godimento viene conservata ai sensi dell’articolo 3, comma 57, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.