Varie, 12 novembre 2009
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Raciti Filippo
• Catania 17 gennaio 1967, Catania 2 febbraio 2007. Poliziotto. Morì durante gli scontri per il derby Catania-Palermo. Del delitto sono stati accusati Antonio Speziale, 17 anni all’epoca dei fatti, e Daniele Micale, 21 • «[...] l’esame completo degli atti svolti dagli inquirenti lascia diversi punti oscuri. A partire dalla retromarcia del Discovery della polizia, avvenuta proprio nel momento in cui Raciti si è accasciato a terra, gridando: "Mi manca l’aria, non respiro, aiutatemi". Interrogato più volte l’autista S. L., infatti, ha modificato la sua versione iniziale. Il guidatore del Discovery viene sentito in tre diversi momenti: la notte stessa, il 5 febbraio e l’8 maggio 2007. Nel primo verbale afferma: ”Mi ero appena fermato con il mezzo, che procedeva con lo sportello lato guida aperto per consentirmi di respirare, quando ho sentito un forte boato e ho visto l’ispettore Raciti, che era rimasto fuori dal mezzo, barcollare, tanto da essere sorretto dai colleghi. L’ho sentito lamentarsi che si sentiva male e gli mancava l’aria e subito dopo si è accasciato per terra”. Due giorni dopo, il 5 febbraio, è più ricco di dettagli, anche se si contraddice una prima volta: "’Non mi sono assolutamente avveduto dove loro (Raciti e il collega Balsamo, ndr) si trovassero poiché vi era troppo fumo. Quindi, allo scopo di evitare che l’autovettura potesse prendere fuoco, mentre era in corso un fitto lancio di oggetti e si udivano i boati delle esplosioni, chiudevo gli sportelli ed innescata la retromarcia ho spostato il Discovery di qualche metro. In quel momento ho sentito una botta sull’autovettura ed ho visto Raciti che si trovava alla mia sinistra insieme a Balsamo, portarsi le mani alla testa”. Ma la svolta arriva l’8 maggio: interrogato dai sostituti della procura per i minorenni Angelo Busacca e Silvia Vassallo, S. L. modifica completamente il suo racconto: ”A un certo punto ero costretto ad arrestare la marcia perché alle spalle vi era un altro Discovery posizionato per bloccare un cancello. Interveniva qualcuno dei colleghi, non ricordo se proprio Balsamo che mi guidava nella retromarcia. Una volta posizionatomi ho avuto modo di notare sulla sinistra appoggiato sui passamano che ci sono in prossimità degli ingressi della curva il Raciti che si portava le mani alla testa. Lo stesso si trovava all’incirca una decina di metri dietro di me. Successivamente Balsamo iniziò a battermi sulla macchina per farmi arretrare ancora”. ”Davvero un deciso dietro-front anche nelle versioni processuali”, contestano gli avvocati Giuseppe Li Pera e Grazia Coco, difensori di Speziale: ”E, guarda caso, quest’ultima versione sembra incastrarsi perfettamente con la tesi dell’accusa”. Che indica l’arma del delitto in un sottolavello divelto dai bagni del Cibali e scagliato contro i poliziotti ”a mo’ di ariete” Il lavello è stato esaminato ai raggi X dagli esperti del Ris di Parma guidati dal colonnello Luciano Garofano, che hanno sottoposto il blocco di alluminio a una serie di prove sperimentali contro un Dummy, un manichino di gomma rivestito dalla divisa che simula il bersaglio umano. Per 14 volte hanno scagliato il sottolavello contro il Dummy, in tutte le prove il manichino, se fosse stato un uomo, per il Ris sarebbe rimasto vivo. Così, dopo avere compiuto tutti gli esami, gli specialisti di Parma hanno concluso rilevando che ”l’ipotesi dell’inidoneità (del sottolavello, ndr) sembra riunire maggiori elementi di probabilità”. Dubbi che non sono fugati neanche dai filmati dello scontro, prova documentale ritenuta ”regina”. A riprendere i tafferugli sono tre telecamere, due collocate all’interno dello stadio per inquadrare il portone e il corridoio di uscita. La terza, la 20, posizionata dagli uomini della Digos a sorvegliare l’ingresso della Curva nord dal balcone di una casa di fronte allo stadio. La controlla direttamente un operatore delle forze dell’ordine. Ma la posizione delle telecamere fa sì che i filmati non mostrano mai l’impatto del sottolavello. [...] Ma il dato che solleva più domande arriva dall’autopsia, eseguita in modo approssimativo, secondo la controperizia di Carlo Torre, senza esaminare il collo e le vie della respirazione, soprattutto i polmoni. Colpito, secondo l’accusa, dal sottolavello alle 19,06, con quattro costole rotte e una vistosa emorragia al fegato l’ispettore continua a garantire l’ordine pubblico guerreggiando con gli ultras sino alle 20,25, ora in cui si accascia per terra. Come ha fatto Raciti a resistere per così tanto tempo senza lamentarsi e avvisare i colleghi? [...] ”Quel derby tra Palermo e Catania non si sarebbe dovuto giocare proprio nel giorno della festa di Sant’Agata (la patrona di Catania, ndr). Bastava che l’incontro non venisse autorizzato. Il match andava rinviato. Io sono di Catania e conosco le emozioni che si scatenano in quei momenti. Ma lo spettacolo è andato avanti lo stesso”. Marisa Grasso, la vedova dell’ispettore Filippo Raciti, chiede ai giudici un supplemento di chiarezza. ”C’è qualcosa che ancora non è chiaro nella vicenda”, sostiene, ”c’era troppa gente coinvolta, da bambini ad adulti, c’è qualcosa oltre, che vorrei capire e che venisse svelato. Mio marito”, aggiunge, ”è la vittima di un sistema che non ha funzionato e che non funziona. Quel giorno Catania era una città sotto assedio. Ma questo non assolve nessuno, anche perché chi dà ordini deve valutare i rischi che fa correre alle persone che poi quegli ordini devono eseguire”. [...]» (Giuseppe Lo Bianco, Piero Messina, ”L’espresso” 8/5/2008).