Corrado Augias, la Repubblica, 12/11/2009, 12 novembre 2009
IL RISORGIMENTO DI CAVOUR E QUELLO DI PIO IX
Caro Augias, ci risiamo. Le radici, le radici, le radici. Ma ci sono solo quelle religiose? Le radici storiche non contano? Ci si spiega che l’ha detto persino Benedetto Croce, che ’non possiamo non dirci Cristiani’. Se è per questo, di fronte al concordato clerico-fascista, ha detto anche che non per tutti ’Parigi val bene una messa’, frase non ricordata con altrettanta frequenza. Le scrivo per rammaricarmi che la nostra storia ci debba essere ricordata da una signora finlandese. È mai possibile che il Risorgimento, la nostra storia, non interessi più quasi nessuno? Tutti a rabbonire i ’cattolici’ e a ingraziarsi i cardinali, nel centrosinistra come nel centrodestra. Ora si capisce meglio perché quasi nessuno ha voglia di parlare del 150° dell’Unità. Macché Garibaldi, macché Cavour, viva Pio IX e viva gli Zuavi!
Mario Isnenghi Venezia
Lo storico Isnenghi va con queste poche righe al centro del problema. Il Regno d’Italia, e la Repubblica che gli è succeduta, hanno una storia, una tradizione e una cultura che dovrebbero contare, e pesare, sulla fisionomia complessiva del paese, tanto più alla vigilia di una ricorrenza importante: un secolo e mezzo di vita. Invece la recente sentenza è stata accolta con un putiferio di caotiche reazioni emotive accompagnate da urla in Tv. «Devono morire!» ha gridato un ministro strabuzzando gli occhi. Croce e crocifisso, mi fa notare il prof Massimo Rubboli (Uni Genova) non sono la stessa cosa «la prima è usata, in forme diverse, da tutte le denominazioni cristiane, il secondo è tipico della Chiesa cattolica, espressione di una tradizione teologica che accentua i meriti della sofferenza ben rappresentata dal film di Mel Gibson "La passione di Cristo". Nelle chiese protestanti, dove non esiste una mistica della sofferenza equivalente, c’è solo la croce, che è vuota perché simbolo di Cristo risorto». Pierpaolo Merolla (Directeur honoraire Commission Européenne) mi invita a chiarire che: « la Corte di giustizia organo dell’Unione europea con sede in Lussemburgo, nulla ha a vedere con l’autrice della sentenza e cioè la Corte europea per i diritti dell’uomo con sede a Strasburgo che accoglie 46 Stati tra l’altro di differenti appartenenze religiose». Questo organismo non può imporre nulla a nessuno, tanto meno di far rimuovere i crocifissi. Si è limitato a dire che se un cittadino si sente a disagio di fronte a quel potente simbolo cattolico in un edificio pubblico, il suo disagio è degno di tutela giuridica. Forse bisognerebbe saperle certe cose prima dimettersi a urlare. A meno che, ovviamente, le urla non vengano utilizzate per terrorizzare le anime semplici.