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 2009  novembre 12 Giovedì calendario

LA DIPLOMAZIA SEGRETA BERLUSCONI IN RUSSIA


Non crede che Berlusconi avrebbe dovuto riferire in Parlamento l’esito del suo incontro con Putin in Russia e spiegare il motivo per cui si è dovuto sostituire al ministro degli Esteri? La politica estera segreta non si fa più dall’Ottocento. Se poi è stata una visita tutta privata, il premier in Parlamento avrebbe dovuto chiarire perché ha usato mezzi e uomini dello Stato.
Giuseppe Alunni
giusalu@tele2

Caro Alunni,
Una osservazione, anzi­tutto, prima di arrivare al punto centrale della sua lettera. Temo che lei sbagli quando sostiene che la politi­ca estera «segreta» non si fa più dall’Ottocento». Il presi­dente degli Stati Uniti Woo­drow Wilson sognò l’«open di­plomacy », la diplomazia aper­ta, e ne fece una delle principa­li proposte del documento («I 14 punti») con cui annunciò il programma internazionale del­l’America durante la Grande guerra. Ma si trattò di una pro­posta velleitaria, subito con­traddetta dalla prassi di tutte le maggiori potenze e persino da quella degli Stati Uniti. Il viaggio di Berlusconi in Rus­sia, del resto, è stato meno se­greto di altri incontri fra capi di governo e ministri degli Esteri di cui abbiamo appreso l’esistenza soltanto qualche an­no dopo. In realtà non c’è ac­cordo di una certa importanza che non sia stato preceduto da colloqui a quattr’occhi in loca­lità appartate fra negoziatori la cui maggiore preoccupazio­ne era quella di non farsi nota­re.
Nel caso di Berlusconi, inve­ce, abbiamo appreso la notizia del viaggio e sappiamo che uno dei temi in discussione è stato il grande gasdotto South Stream, progettato da una so­cietà italo-russa di cui fanno parte Gazprom e Eni. Non co­nosciamo i particolari, ma sap­piamo che alla conversazione ha partecipato, in teleconferen­za, anche il premier turco Re­cep Erdogan e possiamo im­maginare che fra gli argomen­ti in discussione vi fosse il trac­ciato di un’opera che attraver­serà la Turchia, i Balcani meri­dionali e l’Austria. Secondo un articolo di Guy Dinmore appar­so nel Financial Times del 5 novembre, Berlusconi si sareb­be servito dell’incontro per promuovere gli interessi russi di alcune società italiane come Fiat e Finmeccanica. Se le cose sono in questi termini, nulla da eccepire: i premier inglesi, i cancellieri tedeschi e i presi­denti francesi non perdono oc­casione, nei loro viaggi, per so­stenere la causa delle loro so­cietà nazionali.

È certamente vero, tuttavia, che Berlusconi avrebbe dovu­to parlare del suo viaggio in Parlamento o chiedere al mini­stro Franco Frattini di informa­re la commissione Affari esteri di una delle due Camere. Avrebbe dovuto farlo, oltre a tutto, perché vi è nella stampa internazionale la convinzione che il presidente del Consiglio si serva di questi viaggi anche per favorire l’attività delle sue imprese. Molti riconoscono l’impegno con cui Berlusconi ha lavorato per le esportazioni e gli investimenti italiani in Russia, Libia e Turchia, ma qualcuno sospetta che gli inte­ressi delle sue aziende, in que­ste occasioni, non vengano tra­scurati. Saremmo di fronte, in altre parole, a una nuova rica­duta di quel conflitto d’interes­si che accompagna Berlusconi sin dal suo ingresso nella vita politica nazionale. Sono so­spetti che il presidente del Consiglio dovrebbe dissipare.