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 2009  novembre 12 Giovedì calendario

OLTRE 100MILA PROCEDIMENTI VERSO L’ALT

Circa 100.000 processi a rischio da qui a due anni. Scatterà soprattutto in appello la falce dell’estinzione sui procedimenti penali. Dalle stime elaborate sui dati del ministero della Giustizia, infatti, emerge che la quota più consistente dei processi che eccedono i due anni di durata giace sulle scrivanie dei giudici di secondo grado.
 qui che le lungaggini della macchina giudiziaria si fanno sentire di più, come mostrano gli oltre 700 giorni che ci vogliono per andare a sentenza. A differenza del primo grado – tribunale, Gip o corte d’assise ”dove in media il limbo per gli imputati è invece di circa 430 giorni (che si riducono a 360 quandoa decidere è un giudice monocratico o aumentano, ma assai più raramente, fino a 580 per i procedimenti più complessi assegnati a un collegio).
A conti fatti, sono circa 100mila i procedimenti che, potenzialmente, saranno toccati dalle nuove norme nei prossimi anni e che oggi sono in primo grado. La stima è effettuata sommando i processi pendenti, in primo e in secondo grado, nei distretti di corte d’appello in cui la durata media calcolata supera l’asticella dei due anni (si veda la tabella a lato).
Un elenco in cui figurano uffici non proprio di secondo piano, come le corti d’appello di Bologna, di Torino o di Venezia ( dove la durata sfiora addirittura i quattro anni). Naturalmente il dato è indicativo, anche perché va depurato dal numero dei processi esclusi dall’applicazione delle norme del disegno di legge: le nuove regole infatti scattano solo nei confronti imputati incensurati e per reati la cui pena non superi i dieci (o nove) anni. Nessuna statistica e nessun monitoraggio sono però in grado di fornire il peso di queste due variabili sui processi penali pendenti: dobbiamo accontentarci di avere un ordine di grandezza dell’universo, che comincia comunque a definirsi, in cui la prescrizione breve andrà a incidere.
L’elaborazione rende poi possibile stilare una mappa del rischio (o dell’opportunità, è questione di punti di vista) prescrizione: evidentemente, le chance di liberarsi dalla morsa della pretesa punitiva sono direttamente proporzionali alla durata dei processi. Questo, tuttavia, vale anche oggi, a prescindere dall’applicazione termini più stringenti. Ma in futuro, quando entreranno in vigore le nuove regole, in 16 corti d’appello su 29 le possibilità di chiudere con un nulla di fatto supereranno quelle di arrivare a una sentenza.
Da valutare, però, non c’è solo l’impatto numerico, ma anche le conseguenze sull’organizzazione della macchina giudiziaria. Ad esempio, è quasi consuetudine che gli uffici mettano su una corsia preferenziale la trattazione di processi nei quali l’imputato è in carcere o sottoposto a una delle varie forme di restrizione della libertà. Possiamo presumere, con una buona approssimazione, che la presenza in un istituto penitenziario provi la non incensuratezza dell’imputato stesso, che non potrà quindi godere della prescrizione breve. Possiamo poi immaginare che l’invito a fare presto contenuto nel disegno di legge induca lo stesso ufficio giudiziario a dare la priorità, anche qui, nella trattazione dei processi in odore di finire con la prescrizione. Ci troviamo così di fronte a due esigenze del tutto legittime, ma con ogni evidenza inconciliabili, e che spetterà ai capi degli uffici conciliare.
Non solo. Cosa succede nel caso in cui si proceda, per lo stesso reato, contro più imputati, alcuni dei quali incensurati e altri no? Allo scoccare dei due anni dall’inizio del procedimento – in tribunale, davanti al Gip, alla corte d’appello o in Corte di cassazione – alcune posizioni verrebbero stralciate per la pervenuta prescrizione. Mentre per gli altri continuerebbero ad applicarsi le regole, comprese quelle sui termini di prescrizione, canoniche. Una situazione al limite della tenuta sotto il profilo della legittimità costituzionale.