Gigi Moncalvo, Libero 11/11/2009, 11 novembre 2009
EREDITA’ AGNELLI, MARGHERITA CHIEDE IL CONTO
Domani al Tribunale di Torino (seconda sezione civile) si terrà una nuova udienza della causa intentata da Margherita Agnelli contro Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfried Maron. La figlia di Gianni Agnelli punta a ottenere il rendiconto dei beni del padre che ritiene siano stati occultati all’estero e gestiti dai tre non solo nel passato, ma anche dopo la morte dell’Avvocato, nel gennaio 2003. L’udienza non dovrebbe essere quella risolutiva, salvo colpi di scena: tutto dovrebbe decidersi il prossimo luglio. A giugno, tramite i suoi legali, Margherita ha presentato al tribunale la richiesta di esibire nuove prove, di chiamare a deporre 16 testimoni, di sentirne altri quattro con rogatoria internazionale a Parigi e di disporre l’interrogatorio formale di Gabetti, Grande Stevens e Maron. Le nuove prove sarebbero queste. Con la scusa delle Br Esiste un fondo, su conti esteri, che gli Agnelli si tramandano per via ereditaria? Sì, secondo Margherita. In un documento dei suoi legali è scritto che la signora de Pahlen «ha ricostruito documentalmente quanto meno l’esistenza di un patrimonio iniziale all’estero del proprio padre... pari a circa 24 milioni di euro». Si tratterebbe di «disponibilità liquide depositate su conti bancari all’estero riferibili storicamente alla famiglia Agnelli e che verosimilmente sono pervenute al senatore Agnelli in via ereditaria». In questa ricostruzione il «tesoretto» familiare non sarebbe altro che l’importo (rivalutato) indicato quattordici anni fa, durante le inchieste sui fondi neri Fiat, come «disponibilità extracontabile» per infiltrare informatori nella struttura delle Brigate Rosse, ramificata nel gruppo: 30 miliardi di lire. A rivelare questo conto è stato un ex alto dirigente Fiat incaricato per anni di gestire la sicurezza interna, Luigi Pagella. Quest’ultimo, nel 2008, si è presentato alla procura di Torino affermando di essere stato costretto a una falsa testimonianza nel processo del 1995 contro Cesare Romiti per i falsi in bilancio della Fiat. Pagella, in particolare, sostiene di aver accreditato la versione dell’azienda sulla necessità di costituire una disponibilità ”antiterrorismo” per celare invece la formazione di fondi neri all’estero. Nel maggio 2009 la Procura di Torino ha chiesto l’archiviazione per prescrizione dei reati, ma ha scritto parole molto gravi: «La versione offerta da Romiti e confermata allora da Pagella era davvero falsa». Nell’indagine è stato sentito come teste Carlo Callieri, ex direttore del personale di Fiat Auto, che ha confermato: «Le dichiarazioni di Pagella rese nel 1995 sono del tutto inattendibili».
Susanna , la mediatrice
Un’altra nuova prova, secondo i legali di Margherita, emergerebbe Un’altra nuova prova, secondo i legali di Margherita, emergerebbe dal dossier Gamna. Nell’estate 2003, poco dopo la rottura sull’eredità e l’inizio delle trattative per cercare un accordo tra madre e figlia (poi firmato a Ginevra nel febbraio 2004), Grande Stevens ed Emanuele Gamna, allora legale di Margherita, si scambiano alcune lettere parzialmente «criptate». Il tema è la figlia dell’Avvocato che vuole «una visibilità complessiva» sui beni del padre. «Nell’incontro dell’altro ieri - dice Grande Stevens - la nostra saggia interlocutrice romana (che naturalmente dobbiamo informare) aveva opportunamente suggerito che incaricati dell’ac - certamento potessero essere persone di assoluta fiducia di MT (Margherita, NdA )...». «Per il resto - è scritto in un’altra lettera - come giustamente disse la nostra ospite romana, se MT dichiarasse preliminarmente di accettare eventuali disposizioni di suo padre a favore di eredi e/o terzi, qualunque sia stata la loro forma( anche non sacramentale), dovrebbe essere più facile... bussare alle altrui porte per avere il quadro complessivo». L’interlocutrice-ospite che fu direttamente coinvolta era quasi certamente Susanna Agnelli, sorella di Gianni. Il passaggio è importante poiché rivela che fin da allora la preoccupazione di Grande Stevens era quella di far accettare aMargherita le «disposizioni a favore di terzi» da parte di suo padre, e fuori dal testamento, tra cui lafamosaquotadella ”Dicembre”’la cassaforte da cui si dipana il controllo dell’impero Fiat - che ha consentito a Jaki Elkann di diventare il ”padrone assoluto”, almeno formalmente, dell’azienda. L’avvocato Gamna, indagato dalla Procura di Milano per una serie di reati valutari, è stato allontanato dallo studio Chiomenti di via Verdi a Milano nel maggio scorso, pur essendo unsocio, accusato di non aver versato agli associati la parte di sua spettanza della quota ottenuta da Margherita comeparcella (15 milioni di euro) e dinon aver rilasciato la relativa ricevuta. Il denaro venne versato per il tramite della società ”Vilanda Capital Ltd”, alla filiale Ubs Singapore - una banca checompare nella "black list" del fisco italiano - a favore della ”Pkb Privatbank ag”di Zurigo. Una volta effettuato il bonificoda 25 milioni, Gamna, insieme con il collega svizzero Jean Patry, è accusato di essersi spartito due diverse quote. L’avvocato Patry ha mandato la parcella del suo studio con l’indicazione degli onorari: 10 milioni. Gamna non lo ha fatto per i suoi 15 milioni. Margherita è convinta che Gamna si sia macchiato di ”infedele patrocinio” e l’abbia convinta a firmare l’accordo tombale del febbraio 2004 a Ginevra in accordo con la controparte e senza avvertirla dei rischi di una simile transazione. Una conferma - secondo i legali di Margherita - che quell’accordo è nullo.
Rapporto Zunino
Per le sue investigazioni, Margherita Agnelli si è servita anche degli ex 007 dell’agenzia investigativa Kroll che ora lavorano a Bruxelles nella FIP International (Financial Intelligence & Processing) di Marc Hurner. La FIP ha redatto, tra gli altri, anche un ”dossier Zunino”, dopo aver lavorato e scavato a lungo sull’operazionechenel 2003portò l’im - mobiliarista Luigi Zunino ad acquisire da Fiat la Società Immobiliare Ipi, quotata in Borsa e proprietaria, tra l’altro, del Lingotto, l’ex quartier generale storico del gruppo torinese. A Torino andarono 267 milioni di euro in un momento di crisi nera. L’investigazione, tuttavia, è risultata insoddisfacente ai fini della causa ereditaria. E così il dossier dal titolo «Rapporto Zunino» è stato accantonato e non figura agli atti.
I conti in banca
Grazie anche alle indagini degli 007 della FIP International, Margherita ha individuato una serie di conti correnti, titoli e beni di suo padre, o comunque riferibili a lui anche quale semplice beneficiario, depositati presso quindici banche. Accanto a tipiche banche commerciali compaiono boutique del credito che gestiscono su misura grandi capitali di ricchi privati, e svetta fra tutte la banca di proprietà del principe Hans-Adam II sovrano del Liechtenstein. Le banche sono Morgan Stanley AG (Zurigo), Banque Pictet & Associés (Ginevra), Jp Morgan Suisse (Ginevra), Ltg Bank (Vaduz), Bank Hofnam (Zurigo), Crédit Suisse Legal Private Banking (Zurigo), Lombard Ordier Darier Hentsch & C.ie (Ginevra), Ubs (Zurigo), Deutsche Bank (Zurigo), Royal Bank of Canada (filiale di St. Peter Port nelle Isole del Canale della Manica), Lazard (Parigi), Banque Artesia (L’Aja), Dexia Banque Internationale (Lussemburgo), e infine Intesa San Paolo Private Bank (Torino) e Banca Popolare di Bergamo (Bergamo). Margherita, attraverso i suoi legali, ha chiesto informazioni a queste banche, ma le sono state rifiutate. Ha chiesto al giudice di Torino di ordinare una serie di rogatorie internazionali. La richiesta, così come quelle riguardanti i punti precedenti, è stata respinta dalla giudice Brunella Rosso, presidente della seconda sezione del tribunale civile di Torino. Potrebbe sembrare un’ironia della sorte ma la dottoressa Rosso è la consorte del Garante per la privacy, Francesco Pizzetti.