Flavia Amabile, La stampa 11/11/2009, 11 novembre 2009
VACCINO SI’ O NO? ITALIA DIVISA
Le cifre sono da macchina da guerra: due giorni fa è terminata la terza distribuzione di vaccini alle Regioni: due milioni e mezzo di dosi in totale. Tra due settimane le fiale consegnate saranno oltre 3,7 milioni e alla fine del mese cinque milioni. Tutto organizzato secondo un piano prevede anche i minimi dettagli. Ieri, però, gli italiani vaccinati erano ancora meno di 80 mila.
Come dire che 97 dosi su cento sono rimaste negli armadi. Qualcosa sta bloccando la macchina del ministero, a partire dallo scetticismo delle persone: molti non si fidano, credendo ai tam tam allarmistici che rimbalzano da Internet, o semplicemente ascoltando la serie di «Io non mi vaccino» che arriva da politici e medici di fama.
Per qualcuno il no ha radici ideologiche: «Da aprile, quando si è iniziato a parlare di influenza A, le adesioni alla nostra associazione sono raddoppiate - racconta Walter Pansini, vicepresidente del Comitato per la Libertà dalle Vaccinazioni - Molti, temendo che la profilassi diventasse obbligatoria, si sono rivolti a noi per chiedere informazioni».
E loro, che di mestiere fanno gli obiettori di vaccini, non si sono fatti pregare. Hanno raccolto dossier e raccontato dal loro punto di vista i possibili rischi: il mercurio, innanzitutto. «La maggior parte dei vaccini antinfluenzali - spiega Pansini - ne contiene una quantità considerata pericolosa, specie per i bambini e le donne gravide».
Altri hanno scatenato una catena di Sant’Antonio sul web, denunciando la presenza dello «squalene» tra i componenti del vaccino. « una sostanza collegata alle malattie autoimmuni di cui soffrono molti veterani della guerra del Golfo», spiegano. Oppure i timori che il farmaco, causa i tempi stretti di preparazione, non sia stato collaudato a sufficienza: «I rischi superano i possibili benefici, tanto più che la scelta di un vaccino bivalente costringe a una duplice somministrazione».
Accuse che il viceministro Fazio respinge con forza: «Il prodotto è sicuro». Antonio Cassone, infettivologo dell’Istituto Superiore di Sanità, aggiunge: «Il vaccino ha ottenuto il via libera dell’Emea, l’organismo europeo che dopo svariati controlli ha certificato che i livelli di sicurezza e efficacia sono compatibili con l’uso sulla popolazione».
Eppure gli italiani per il momento non sembrano avere molta voglia di vaccinarsi. Sono davvero frenati soltanto dalla «psicosi squalene», oppure c’è dell’altro? «Non bisogna dimenticare - risponde Amedeo Bianco, presidente della Fnomceo, la federazione che riunisce i chirurghi - che il picco influenzale si è verificato con un mese di anticipo sul previsto. In qualche Regione può esserci stato qualche problema organizzativo. E poi c’è un problema di informazione. Soltanto ora vedo che si inizia a spiegare che cos’è questo vaccino e perché bisogna farlo».
La diffidenza si nutre anche di altre voci, più maliziose, che su Internet ricordano come i medici non si oppongano in alcun modo al vaccino contro l’influenza stagionale, che costa dai 20 ai 60 euro, e siano invece perplessi su quello contro la suina che è gratuito. Sospetti senza prove, ma Giorgio Palù, presidente della Società italiana di Virologia e membro dell’unità di crisi del ministero, riconosce che il problema viene anche dei medici, sia pure per un’altra ragione: «Di certo, non aiuta il fatto che non diano l’esempio».
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Chi è sano
è al sicuro
Se è vero che ci sono categorie più a rischio (asmatici, donne incinte, diabetici e persone con problemi cardiovascolari), è altrettanto vero che il virus H1N1 non fa distinzioni. Fino a un terzo della popolazione può ammalarsi di influenza A, perché sono relativamente pochi gli individui che hanno gli anticorpi «giusti» per difendersi.
I sintomi sono
uguali per tutti
Non è detto che l’influenza si manifesti sempre con indizi classici, come tosse e raffreddore. Metà di chi è stato infettato non ha sviluppato febbre, mentre ha sofferto di nausea, vomito, disturbi gastrointestinali.
La prossima
sarà tra 10 anni
Nessuno sa quando scatterà un nuovo allarme: finora non è stato individuato un modello attendibile che permetta di capire i tempi con cui si manifestano le pandemie: i «tempi» dei virus restano controversi.