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 2009  novembre 11 Mercoledì calendario

LE VERITA’ ALL’INCONTRARIO (7

articoli)-

Il mondo va a rotoli? Prendiamola con economia. Lo storico potere catartico della filosofia sembra passato alla disciplina del mercato. Convinti forse dal successo del Nobel americano Paul Krugman, tra i primi a sdrammatizzare una materia non esattamente accattivante con testi come «Economisti per caso e altri dispacci dalla scienza triste», stimati accademici si sono messi a produrre distillati economici per neofiti tipo «Uncommon Sense: Economic Insights, from Marriage to Terrorism» di Gary Becker e Richard Posner. Campioni di questa tendenza sono il giornalista del «New York Times» Stephen J. Dubner e il professore dell’Università di Chicago Steven D. Levitt, che con «Freakonomics» hanno scalato le classifiche dei bestseller, vendendo oltre un milione di copie. Quando lunedì si sono presentati alla London School of Economics di Londra per presentare il nuovo libro, «SuperFreakonomics», hanno trovato ad attenderli un migliaio di studenti, neppure dovesse arrivare Dan Brown. La ragione? Il fascino indiscreto delle domande suggerite dal senso comune.

Le automobili inquinano molto meno dei cavalli-
All’inizio del Novecento il mezzo di locomozione più diffuso era il cavallo: per le strade di New York ne circolava uno ogni 17 abitanti. Finché arrivò l’automobile, velocissima, economica ed estremamente più ecologica. Sorpresi? Eppure non solo era due volte più probabile morire a causa del cavallo un secolo fa che oggi d’incidente stradale (una vittima su 17000 persone contro una su 30000), ma quei raffinati animali da traino producevano assai meno elegamente 2,5 milioni di chili di letame al giorno. Finché i contadini coltivarono la terra, servì da concime, poi divenne un serbatoio maleodorante di mosche, topi, epidemie, inquinamento. Sì, perché gli escrementi equini producono anche metano, un potentissimo gas serra. Così, senza pensare troppo al surriscaldamento del pianeta, i nostri nonni salutarono le prime vetture come «purificatrici ambientali». E oggi il cavallo si gode la rivincita.

Il riscaldamento globale? Tutta colpa degli ecologisti-
E pensare che negli Anni 70 si temeva il raffreddamento del pianeta, l’effetto domino del calo di 5 gradi Fahrenheit nell’emisfero nord che in breve avrebbe distrutto l’agricoltura. Allora gli scienziati s’applicarono a trattenere il calore solare, finendo per rendere il mondo una grande serra. Partendo dal presupposto che il surriscaldamento attuale dipenda anche da un eccesso di zelo ideologico, gli autori di «SuperFreakonomics» suggeriscono ai catastrofisti di scalare le marce. Ha senso che la Gran Bretagna spenda l’1,5% del prodotto interno lordo per contribuire a ridurre del 2% l’emissione di anidride carbonica, il cui impatto ambientale è minimo rispetto a quello del vapore acqueo? Gli scienziati hanno pronte soluzioni alternative e più «naturali», a partire dalla produzione di nuvole. Senza contare la possibilità d’una grande eruzione vulcanica in stile islandese.

La vittoria dei kamikaze è farci perdere tempo-
Il terrorismo è la peste del XXI secolo, soprattutto perchè nessuno ha scoperto come curarlo. Premesso che abbiamo tutti 575 probabilità in più di morire suicidi anziché nel crollo delle Torri Gemelle, c’è l’imprevedibilità di cause ed effetti. A giudicare dai kamikaze benestanti e scolarizzati autori degli attentati di New York, Washington e Londra, il tipo di persona che può decidere di farsi saltare in aria è analogo a quello che si reca a votare. Così le conseguenze degli attentati si allungano oltre la vita delle vittime. Prendete il tempo. Per via della scoperta dell’esplosivo nelle suole dell’aspirante martire Richard Reid, 560 milioni di passeggeri l’anno devono togliersi le scarpe per passare il metal detector. Se ci impiegassero anche solo un minuto ciascuno, farebbero 1065 anni che, divisi per l’esistenza media di un uomo, corrispondono a 14 vite. Senza che Reid abbia sparato un colpo.

La tv meglio delle leggi per far calare le violenze-
Essere donna nell’India del 2009 è ancora una sfida alla modernità. Non solo le femmine della più grande democrazia del mondo sono 35 milioni meno dei maschi, ma ogni anno oltre 100 mila muoiono di percosse nei primi mesi del matrimonio e il 54% accetta le botte, considerandole parte dei doveri coniugali. Il governo le ha provate tutte: il bando degli aborti selettivi, gli incentivi all’imprenditoria di genere, l’adozione di anticoncezionali a misura di uomini indiani (il 60% ha dimensioni inferiori alla norma). Niente da fare. Finchè non è arrivata la tv via cavo, versione global della pianificatrice familiare dell’Italia Anni 50. Da quando, tra 2001 e 2006, 150 milioni d’indiani hanno installato il satellite la violenza contro le donne è diminuita. Può darsi che avere il mondo in salotto abbia reso mogli e figlie meno succubi. Oppure è solo che gli uomini sono troppo impegnati a guardare il cricket.

Mogli emancipate? Squillo più accessibili-
D’accordo, la prostituzione è il mestiere più antico del mondo e sarà l’ultimo a scomparire. Ma non per questo esula dalle regole del mercato. Un secolo fa, nell’America puritana, furono censite 200 mila lucciole su una popolazione femminile di 22 milioni, una ogni 110 donne (una ogni 50 tra i 20 e i 30 anni). Se oggi il numero di ragazze che vendono il proprio corpo è calato drasticamente, la ragione è economica: la trasgressione non tira più come una volta. Questione di domanda e d’offerta. Basta guardare le tariffe: il sesso orale, un tempo ambitissimo, costa meno della metà di un rapporto completo (37,26 dollari contro 80,05). La soluzione, ancora una volta, è nei numeri: vorrà dire qualcosa che le prostitute abbiano «svezzato» il 20% degli americani nati tra il 1933 e il 1942 e solo il 5% dei contemporanei. Le donne del nuovo millennio sono più emancipate. In tutti i sensi.

L’ubriaco rischia di più a passeggio che al volante-
Anche l’adolescente più irresponsabile conosce a menadito i rischi del guidare sbronzi: negli Usa l’abuso di alcol è responsabile del 30% degli incidenti d’auto, mentre di notte la percentuale raddoppia. Molto meglio andare a piedi direte voi, soprattutto se il tragitto è breve. Sbagliato. I 500 ubriachi che muoiono ogni sei mesi, ciondolando per strada, sono poca cosa rispetto alle corrispondenti 6500 vittime del volante. Ma, in rapporto al numero di miglia, cambiano radicalmente valore. Perchè la media degli americani cammina 800 metri al giorno tra casa e l’ufficio: si tratta di 69 miliardi di km percorsi ogni anno da persone in età patentabile e di questi 494 milioni sono percorsi in stato d’ebbrezza. Alla faccia del «chi va piano va sano e va lontano»: almeno sulla breve distanza la vita di un pedone brillo è otto volte più esposta di quella di un automobilista che abbia alzato il gomito.