Tonia Mastrobuono, il Riformista 31/10/2009, 31 ottobre 2009
La Ddr in bancarotta alla fine si è venduta il Muro di Berlino- La notizia è nascosta in fondo, ma è una bomba
La Ddr in bancarotta alla fine si è venduta il Muro di Berlino- La notizia è nascosta in fondo, ma è una bomba. Il corposo, drammatico e segretissimo rapporto sulla situazione economica della Ddr che viene presentato il 13 ottobre al Politburo non lascia dubbi sull’imminente rischio di insolvenza del Paese. Per evitare la bancarotta, suggerisce l’autore del rapporto, Gerhard Schürer, capo della commissione per la Pianificazione, il Muro va venduto alla Germania Ovest. La Ddr è abituata da decenni a vendere ai cugini occidentali la libertà dei suoi cittadini: dietro lauto compenso cede prigionieri politici, diritti di transito o permessi di viaggio. Ma è diventata anche dipendente in misura crescente dai crediti elargiti dall’Ovest. Quando Schürer, con una squadra di quattro esperti, stila il rapporto che gli è stato commissionato il 18 ottobre da Egon Krenz, non lascia margini di dubbio sull’insostenibilità della montagna di debiti su cui è seduta la Ddr. Ma anche, più profondamente, sui difetti strutturali del sistema economico che li genera. Già alla vigilia della riunione dell’ufficio politico della Sed, il capo della Pianificazione ha consegnato soltanto a Krenz tre paginette ancora più drammatiche e segrete in cui lo informa che la Ddr è ormai interamente dipendente dai crediti delle banche e dei Paesi capitalisti e che occorrono ormai 8-10 miliardi di marchi occidentali all’anno per far fronte alle spese, una cifra «straordinariamente elevata per un Paese come la Ddr». Tre giorni dopo, il 31 ottobre, l’’Analisi della situazione economica della Ddr con conclusioni” è uno choc per l’ufficio politico della Sed. «La convinzione che disponiamo su un sistema della pianificazione e dell’amministrazione ben funzionante non regge alla severa prova dei fatti», si legge nel rapporto. E ancora: «Nel confronto internazionale la Ddr ha una produttività inferiore del 40% rispetto alla Germania Ovest». L’indebitamento con i Paesi occidentali, osserva, «è aumentato a un livello tale da mettere in discussione la solvibilità della Ddr». Da un lato, c’è il problema della spesa. Tra il 1970 e il 1988 «l’accumulazione dei settori produttivi è aumentata del 122%, mentre gli investimenti nei settori improduttivi, incluso il settore immobiliare, sono cresciuti del 200%». In sostan- quanto non si riesca a incassare. Inoltre, è spesa distribuita male, sottolinea il testo, concentrata sulla costruzione di case e sulle infrastrutture, mentre altri settori come la sanità o la distribuzione dei beni sono stati pesantemente trascurati. Dato che le spese corrono e da anni non riescono più a essere coperte dalle entrate, il rapporto Schürer ricorda che i debiti con le banche e i Paesi occidentali è lievitato dai 2 miliardi di marchi del 1970 ai 49 miliardi del 1989. Il motivo è semplice: «Le politiche sociali non possono più essere garantite dalla propria produzione ma hanno bisogno di essere supportate da un crescente indebitamento con l’estero». D’altro canto, la produzione in crescente affanno ha un’altra conseguenza: non riesce a tenere il passo con l’accumulazione di reddito dei cittadini. Dinanzi alla penuria di offerta, in altre parole, i soldi si accumulano inutilmente nei portafogli, perché c’è sempre meno da comprare. La propensione al risparmio dei tedeschi orientali, osserva sconsolato il rapporto, «ha a che fare con i loro desideri di acquisto non realizzabili, soprattutto di beni durevoli e di alta qualità (automobili, impianti stereo eccetera)». Per coprire le spese nel biennio ”89-’90 ci vorranno altri 20 miliardi di marchi, stima il rapporto. Complessivamente, il debito pubblico della Ddr raggiungerebbe così l’insostenibile soglia dei 140 miliardi di marchi. Insostenibile perché la Ddr è già risucchiata dal vortice di pagamenti. Contrae continuamente nuovi debiti per far fronte agli interessi o per ripagare quelli in scadenza. Insomma, è a un centimetro del precipizio. Soprattutto, se all’estero si venisse a sapere della catastrofica condizione finanziaria ed economica della presunta decima potenza industriale al mondo, come la autocertificò per anni Erich Honecker, chiuderebbe i rubinetti da un giorno all’altro. Una possibilità, la più semplice ma anche la più insostenibile, suggerisce il testo, è «non fare più debiti e tagliare lo standard di vita del 25-30 per cento». Ma ciò renderebbe il Paese, ovviamente «ingovernabile ». La seconda possibilità, anch’essa scartata ma per motivi ideologici, è affrontare la bancarotta e farsi sostanzialmente ”commissariale” dal Fondo monetario internazionale. Ma «è necessario fare qualsiasi cosa per evitare che ciò accada», scrive Schürer. Infine, nelle conclusioni, il rapporto propone una serie di riforme economiche, ma soprattutto, dopo aver constatato che gli obiettivi del piano quinquennale 1986-1990 «non potranno in larga misura essere soddisfatti», propone di rinnovare il rapporto con l’Unione sovietica e con la Germania Ovest. Da Bonn la Ddr ha bisogno di sostegno economico immediato. Per l’esattezza, per scongiurare la bancarotta entro il 1991, deve negoziare un nuovo credito da 23 miliardi di marchi occidentali. Scartata ogni altra ipotesi per salvare il Paese dall’insolvenza, dovendo chiedere nuovi prestiti alla Germania, nell’ultimissimo paragrafo del lungo rapporto, Schürer e i suoi uomini suggeriscono che «per dimostrare alla Repubblica federale la serietà delle nostre intenzioni, occorre dichiarare (…) che si possano creare le condizioni perché entro questo secolo l’attuale configurazione della frontiera tra i due Stati tedeschi diventi superflua». Il rapporto si raccomanda di legare questa disponibilità a «proposte politiche ed economiche della Germania Ovest per la distensione e per il sostegno economico alla Ddr, tenendo conto del fatto che il periodo delle frontiere aperte ci è costata, secondo le stime di un istituto di ricerca economica della Repubblica federale, già 100 miliardi di marchi ». Il senso è chiaro: per Schürer e i suoi uomini, l’unico modo per evitare il baratro della bancarotta è mettere all’asta il Muro. Al regime, per dirla con lo storico Frederick Taylor, viene caldamente consigliato dal capo della pianificazione economica, di «segare il ramo su cui è seduto».