Alfredo Sessa, Il Sole-24 Ore 10/11/2009;, 10 novembre 2009
LA PROPOSTA CORRE SUL WEB: AFRICA DIVISA IN QUATTRO STATI
Nel 1988 nessuno poteva immaginare che la Libia un giorno avrebbe intrecciato relazioni amichevoli con gli Stati Uniti, che alcune delle più grandi banche americane ed europee sarebbero state salvate con soldi pubblici, che paesi come Bulgaria e Polonia sarebbero diventati membri della Nato, e che la Casa Bianca avrebbe ospitato un presidente figlio di un nero del Kenya e di una bianca del Kansas. Eppure, venti anni dopo, tutto questo è diventato realtà. E allora è meglio andarci cauti prima di dare del visionario, o anche di peggio, a Tidjani Tall, esperto di marketing internazionale, metà maliano metà francese, un curriculum con esperienze in Morgan Stanley e Roland Berger, quando vi spiega la sua strana idea di Africa.
Tall ha fondato l’iniziativa "Fixing Africa" ("Riparare l’Africa") perché è fermamente convinto che per sopravvivere nell’economia globalizzata, il continente nero ha bisogno di una profonda ristrutturazione. Secondo il superconsulente, la soluzione passa infatti attraverso l’integrazione graduale dei 53 paesi africani in quattro "superstati" federali da oggi al 2030, in grado di attestarsi con il loro Pil tra le prime venti economie mondiali.
Fin qui un’opinione rispettabile, che potrebbe avere come tribuna tanto un convegno, quanto una chiacchierata con gli amici al bar. Ma Tall ha deciso di dare alla sua idea una veste editoriale esplosiva. "Riparare l’Africa" è diventato un libro gratuitamente scaricabile dal web. E se le idee hanno in sè una forza a volte incontrollabile, le idee diffuse via internet possono sollevare vere e proprie ondate mediatiche. Dal lancio, avvenuto in occasione del summit dei capi di stato africani della scorsa estate a Tripoli, Fixing Africa è stato scaricato dal web più di 300mila volte, e ha suscitato più di 3mila mail di reazione, che oscillano tra la condivisione dell’idea e l’accusa di tirare la volata alla visione panafricana di Gheddafi, e non risparmiano all’autore ironia o insulti.
«Così com’è, è un’Africa strutturata per la dipendenza, non per l’autostima. una struttura che obbliga l’Africa a produrre materie prime di cui non ha bisogno – dice Tall nel suo libro ”. Quattro stati sarebbero più in grado di affrontare le crisi di quanto facciano gli attuali 53 da soli». E poi: «Ricordatevi che attualmente solo un paese africano su 53, il Sudafrica, partecipa ai meeting del G-20».
Tall sta formando un movimento chiamato "Africa 2030" per promuovere i progetti di cambiamento e raccogliere donazioni. A chi conosce la complessità del continente, e la sua disomogeneità, il progetto dei quattro macrostati sembra un’assurdità. Ma vent’anni fa, sembrava un’assurdità anche un nero alla Casa Bianca.