Marco Masciaga, Il Sole-24 Ore 10/11/2009;, 10 novembre 2009
UN HUB INDIANO DEI GIOCATTOLI
Quando lo scorso gennaio il governo indiano ha messo al bando per sei mesi i giocattoli prodotti in Cina, la notizia è stata accolta con entusiasmo sia a Delhi che a Mumbai, dove hanno sede il 95% delle aziende del settore. In questo villaggio a due ore di macchina da Bangalore, invece, la novità è passata inosservata. Gli artigiani di Channapatna producono deliziosi giocattoli in legno e la loro battaglia con la concorrenza l’hanno vinta da tempo: non grazie a barriere doganali di dubbia legittimità, ma puntando allo stesso tempo su marketing, tradizione e innovazione.
Il merito è di una società del no profit chiamata Maya Organic che ha compreso che gli abitanti del villaggio avevano le capacità tecniche, ma non commerciali e di design, per stare sul mercato. Oggi che i loro prodotti continuano a essere realizzati localmente, ma vengono disegnati e distribuiti dal quartier generale di Maya a Bangalore un declino che qualche anno fa pareva inevitabile è stato fermato. E, ora chei giocattoli rispettano le normative europee in fatto di sicurezza, hanno ritrovato il proprio spazio sia sul mercato domestico che internazionale.
«Quando siamo arrivati a Channapatna 6 anni fa – spiega Shahida Banu, cluster manager per conto di Maya Organic Support Services – i clienti stavano iniziando ad approvvigionarsi a Mumbai e questa era un’industria morente. Oggi gli abitanti del villaggio hanno ricominciato a produrre giocattoli».
Tra di loro c’è anche K. Krishnappa, 50 anni, un artigiano che ha passato più di metà della sua vita a produrre trenini e trottole di legno, prima in proprio e poi per Maya. «Fino a una quindicina di anni fa – racconta – le cose andavano bene. Usavamo solo più vernici chimiche, e nonostante questo le vendite erano buone. Poi è arrivata la concorrenza cinese e gli affari hanno cominciato ad andare sempre peggio: per produrre a basso costo c’erano posti migliori di questo. Oggi invece facciamo prodotti nuovi colorandoli con le lacche di una volta, interamente naturali. E funziona».
Tra coloro che guardano con ottimismo al futuro ci sono anche i player industriali di questo mercato da 360 milioni di euro che cresce al ritmo del 20% all’anno. Non solo perché nella prima metà dell’anno il bando ai giocattoli cinesi gli ha consentito di tornare a dominare il mercato domestico. Ma anche perché, scaduto l’editto contro il made in China, il governo ha stabilito che i giocattoli d’importazione dovranno rispettare le stringenti norme di sicurezza europee, "dimenticandosi" però di estendere l’obbligo ai produttori locali.
«Non ne farei un caso- spiega ridacchiando Rajesh Arora, segretario generale della Toy Association of India - credo che presto o tardi anche noi saremo chiamati ad adeguarci». Meglio presto che tardi, però. L’industria indiana dei giocattoli non nasconde le proprie ambizioni di diventare un hub produttivo a livello mondiale. Eppure continua a essere composta per due terzi da aziende con meno di 5 dipendenti che operano al di fuori di ogni controllo. E per un terzo da imprese medio- grandi che non di rado somigliano loro per prime a dei laboratori clandestini. Come insegna l’esperienza degli artigiani di Channapatna, investire su design, sicurezza e un pizzico di marketing non dovrebbe nuocere a nessuno.