Maria Teresa Cometto, Corriere Economia 9/11/2009, 9 novembre 2009
APPLE. COSì L’IPOD DIRIGE ANCHE WALL STREET
Negli anni 70-80 il gigante «cattivo » nel mondo dell’hi-tech era l’Ibm. Negli anni Novanta il suo posto l’ha preso la «monopolista» del software Microsoft. E nel primo decennio del 2000, la start-up nata con lo slogan «Don’t Be Evil» (non essere cattivo), Google, è diventata così onnipotente da venir bollata come il nuovo Evil.
Ma ora è scoppiato il fenomeno Apple, l’ex Davide della Silicon Valley, ora un Golia che riscrive le leggi del business. E non solo nell’industria dei personal computer e laptop, ma anche in quella della musica, dei telefonini e, domani, forse dell’editoria.
La Mela in Borsa
Pure in Borsa Apple è cresciuta a dismisura: la sua capitalizzazione (valore totale delle azioni) è arrivata a 170 miliardi di dollari superando i 128 di Google e multinazionali come Johnson & Johnson e General Electric. Tutto merito del co-fondatore Steve Jobs, celebrato sull’ultima copertina di Fortune come «Il Ceo del decennio », più influente del fondatore di Microsoft Bill Gates, dell’Oracolo di Omaha Warren Buffett e dei creatori di Google Larry Page e Sergey Brin. A 54 anni, Jobs «dopo sei mesi di assenza nella prima parte di quest’anno, durante i quali ha subito il trapianto del fegato, di nuovo comanda un esercito aziendale di 34 mila persone che è potente, creativo, segreto e ispira soggezione come mai da quando con Steve Wozniak fondò Apple nel 1976», scrive Fortune.
Il mercato applaude: vendite e profitti di Apple vanno a gonfie vele nonostante la peggior recessione degli ultimi 60 anni. E già si scatenano le voci sulla prossima mossa di Jobs. I fan che lo amano e i concorrenti che lo temono scommettono che all’inizio del 2010 debutterà un nuovo prodotto che farà concorrenza al lettore elettronico di libri Kindle della Amazon, e indurrà nell’editoria una rivoluzione simile a quella che iTunes e iPod hanno provocato nella musica.
La nuova creatura
Come sempre prima del lancio di una sua nuova creatura, Jobs non ha lasciato trapelare alcuna indiscrezione dal suo quartier generale di Cupertino, California, alimentando un’attesa che vale più di una campagna pubblicitaria anticipata. Si sa però che negli ultimi tempi si sono intensificati le riunioni fra manager e tecnici della Apple e dirigenti di varie aziende del settore media – dal New York Times al gruppo McGraw Hills e Condé Nast – tutti vincolati al segreto. In discussione ci sarebbe appunto quello che molti chiamano l’Apple Tablet: un ibrido più grande di un telefonino intelligente, più piccolo di un notebook e capace di «leggere » sia libri sia giornali, presentando i contenuti in modo innovativo; innovativo dovrebbe essere il modo di scaricarli da Internet e farli pagare, dividendo gli introiti fra Apple e gli editori.
Il paragone di cui si favoleggia è appunto con l’accordo che Jobs fece nel 2002 con l’industria discografica. Allora i giovani «rubavano» la musica online, oggi non comprano più i giornali e si informano gratis su Internet. Sette anni fa Jobs convinse le case discografiche ad abbracciare un nuovo business imperniato sul suo negozio di musica online iTunes; e convinse i giovani a pagare 99 centesimi a canzone per essere «cool» ascoltando sull’iPod i pezzi scaricati legalmente.
La grande sfida
Jobs spera di ripetere il miracolo per passare alla storia come salvatore dei vecchi media, sostiene John Abel sul sito di Wired: «Se sta cercando Un’Ultima Cosa, salvare il giornalismo sarebbe il suo Sacro Graal». Il cancro che lo affligge da sei anni invece di deprimerlo funzionerebbe insomma come stimolo per tirar fuori dal cappello la soluzione al problema della carta stampata: come far soldi producendo contenuti che la gente si aspetta di avere gratis via Internet, e in una fase in cui anche gli introiti pubblicitari sono in grave declino.
L’Apple Tablet sarà sexy come l’iPod e l’iPhone e cambierà il modo in cui i contenuti sono prodotti e consumati, sostiene l’esperto Brian Lam sul suo blog Gizmodo: «L’obbiettivo finale è far creare agli editori contenuti ibridi che portino audio-video- grafici interattivi nei libri, nelle riviste e nei quotidiani». E farli tornare un business profittevole. Una missione che sembra impossibile anche per un visionario come Jobs.
Se ci riuscisse, la sua statura crescerebbe a livelli mitici, ma insieme darebbe più fiato al coro di dissidenti. «Vorrei che qualcuno attaccasse la Apple in modo aggressivo e la incasinasse. troppo pulita, troppo antisettica – scrive Emory Kale sul sito TG (Tech Generation) Daily ”. l’incubo tipico della fantascienza: forgiare robot che seguono la linea del partito, vestono uguali e lavorano con la stessa bianca tecnologia minimalista » .
Lo stesso sito avverte che Apple si comporta da monopolista ostacolando l’accesso a iTunes per i consumatori che comprano i nuovi telefonini alternativi all’iPhone, come Palm Pre e il Motorola Droid basato sul software Google. Un delirio di onnipotenza proprio dei grandi dell’hi-tech, finché non compare il prossimo innovatore.