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 2009  novembre 09 Lunedì calendario

SONO IN GIOCO DUE MILIARDI DI PIL


La crescita della rete a banda larga procederà a passo di tartaruga finché non sarà passata la crisi. A giugno il viceministro per lo Sviluppo economico Paolo Romani aveva annunciato uno stanziamento di ottocento milioni per arrivare «nel giro di due anni a collegare con l’adsl tutto il Paese». Ora ci sono perplessità: le priorità sono altre, i fondi sono dirottati sulle emergenze, il governo frena, poi riaccelera. Ma l’impressione è che il famigerato Internet veloce sia passato in secondo piano
Sembra un dramma per smanettoni malati di rete, gente che corre in ambulatorio a farsi disintossicare dalla web-dipendenza. Non è proprio così. Lo stesso Romani, a giugno, aveva spiegato che l’Adsl universale porterebbe un incremento del prodotto interno italiano di 2 miliardi l’anno.
Per l’Inghilterra ci sono numeri più dettagliati, che danno un quadro preciso del rapporto tra investimenti e ritorni. Il governo di Gordon Brown ha messo sul piatto duecento milioni di sterline per lo sviluppo della banda larga dopo aver visto i risultati di una ricerca commissionata a Pricewaterhouse Coopers. Una famiglia con accesso a Internet veloce, dice lo studio, può risparmiare 560 sterline l’anno pagando le bollette online e acquistando via internet prodotti e servizi a prezzi scontati. A Londra hanno fatto due conti: collegando le quattro milioni di famiglie oggi escluse la collettività risparmierebbe un miliardo di sterline in dodici mesi. Lo studio s’è spinto oltre, e ha concluso che i benefici economici arriverebbero a ventidue miliardi nel giro di qualche anno. Quindi si va avanti con tutti i mezzi a disposizione: dalla fibra ottica alle reti satellitari. Nonostante la crisi abbia picchiato duro anche nel Regno Unito.
Novecento milioni, per esempio, risparmierebbe il governo inglese se tutti i cittadini britannici potessero interloquire con la pubblica amministrazione online. Lo sa bene il ministro italiano della Funzione pubblica Renato Brunetta, che qualche settimana fa aveva confermato l’intenzione di garantire la banda larga a tutti gli italiani, assegnando a ognuno una casella di posta elettronica certificata (quella che ha la validità giuridica di una raccomandata) e - ancora di più - un computer a chi non ce l’ha. Stuzzicato dall’esempio finlandese, dove internet veloce è ormai un diritto garantito dalla legge a tutti i cittadini, forse Brunetta voleva strafare: "La Finlandia garantisce la banda da un mega? Noi la daremo da due", ovvero al doppio della velocità.
Ora che i fondi pubblici hanno preso un’altra strada, la situazione resta quella fotografata a inizio ottobre dall’Ecta, l’ente europeo che tiene sotto controllo le tecnologie per la comunicazione. In Italia la banda larga arriva solo al 20,3% delle famiglie, contro una media europea del 23,5. La crescita annuale della rete si ferma all’11,7% l’anno, contro una media europea del 14,1.
Ci sarebbero i privati: in fondo sono le società che distribuiscono il servizio a fare profitti per prime. Ma anche qui, la situazione italiana ha le sue peculiarità. Non sono positive. Si torna al dibattito sulla proprietà della rete telefonica, oggi in capo a Telecom Italia. Anche per la società guidata da Franco Bernabé in questo momento le priorità sono altre: l’imperativo è ridurre il debito. E dal momento che i ritorni della rete in banda larga sono a lungo periodo e l’esborso per realizzarla è onerosissimo (si parla da dieci miliardi per l’intero Paese), si capisce che il progetto non è realizzabile nell’immediato. Senza dimenticare che l’ex monopolista - giustamente - non ha nessuna intenzione di sostenere da sola i costi per poi dover dividere l’accesso alla rete con le compagnie concorrenti. Bisogna scorporare, creando un soggetto terzo che gestisca cavi e fibre ottiche. Ma per farlo Telecom chiede un indennizzo rispetto a quanto già c’è ed ha pagato lei. E un accordo sul punto è lontanissimo.
C’è poi un problema di diffusione dei collegamenti sul territorio. In città l’adsl arriva perché gli abbonati sono concentrati in zone tutto sommato circoscritte. In campagna l’installazione delle centraline di ultima generazione non sempre conviene. Chi è disposto a spendere centinaia di migliaia di euro per collegare una frazione sperduta dove abitano una di famiglie, magari composte di persone anziane, con la prospettiva di ricavare tutt’al più un paio di abbonamenti al web?
La Cassa Depositi e Prestiti, ha detto Franco Bassanini, è pronta a investire nel piano di sviluppo della rete ad alta velocità. Però vuole un preaccordo - e un progetto - dalle compagnie. Ci sarebbero le linee guida elaborate per il governo dal superconsulente Francesco Caio, che tra l’altro ha collaborato anche alla stesura dell’iniziativa inglese, ma anche quel caso è indispensabile un accordo preventivo tra i privati.
Temporeggiare non è una buona soluzione. Le linee internet ad alta velocità sono le autostrade su cui corre lo sviluppo del futuro e avranno un ruolo di primo piano nell’irrobustire la crescita che seguirà la recessione. Basta pensare a cosa hanno significato le autostriade di asfalto per l’Italia del boom economico. Il rischio concreto è di rimanere a piedi.