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 2009  novembre 09 Lunedì calendario

LA BANCAROTTA DI NICOLAS MANI BUCATE


Con i suoi occhi sghembi e un po’ spiritati gli è capitato di recitare il «Genio della truffa». Ma dallo schermo alla vita il ruolo s’è capovolto. E Nicolas Cage è finito nei guai. Alcuni amici sussurrano addirittura sia sull’orlo della bancarotta. Forse riuscirà a cavarsela, essendo una delle star più pagate di Hollywood. Certo è che al momento è costretto a svendere le magnifiche case che in una specie di bulimia neroniana s’era acquistato in giro per il mondo, dall’Inghilterra, alla Baviera, agli atolli nel Pacifico. Innanzitutto, deve quasi 7 milioni di dollari al fisco americano, che ha cominciato previdente a piazzare ipoteche su alcune sue proprietà. Secondo problema, il suo commercialista ha accumulato perdite «colossali» gestendo con poca accortezza il patrimonio. L’attore americano ha deciso di far causa al professionista, chiedendogli indietro venti milioni di danni - «Lui si riempiva le tasche con milioni di dollari in parcelle, mentre il suo cliente, ovvero io, sprofondava nel disastro finanziario» - ma intanto deve pensare a come cavarsi dall’impiccio.

La prima avvisaglia del crac s’era avuta lo scorso anno, quando Cage era stato costretto a vendere in tutta furia, ad aprile, un magnifico castello acquistato in Baviera, ardito ed elegante come un sogno del re Ludwig. L’aveva acquistato dall’ultimo discendente di una famiglia durata 900 anni e aveva dichiarato di volerlo restaurare per garantire altrettanti secoli alla sua futura discendenza. La vendita non è bastata. Subito dopo, «Il cattivo tenente» (il titolo dell’ultimo film che ha interpretato accanto a Eva Mendes, regia di Werner Herzog) ha dovuto disfarsi di una casa in California, una a Las Vegas, una a New Orleans, per raggranellare 10 milioni di dollari, oltretutto nel peggior momento del mercato immobiliare, per colpa della tempesta perfetta della finanza.
I guai per Cage sono cominciati nel 2001. Un anno non memorabile dal punto di vista cinematografico (per dire il livello, la sua fatica più importante è stata il mediocre «Mandolino del capitano Corelli»), e ancor meno da quello della sagacia finanziaria, dato che decise di mettersi nelle mani di Samuel Levin. «Mi fidavo della sua consulenza - ha detto Cage -, contavo su di lui per garantire alla mia famiglia una sicurezza che si fondava sui miei anni di duro lavoro. La sua incompetenza invece mi ha costretto a vendere i miei immobili, a un prezzo molto inferiore rispetto al loro reale valore di mercato».
Lo zampino del commercialista un po’ facilone e forse un po’ malandrino ha aperto voragini nei conti. Ma Cage probabilmente ci ha messo del suo, perché la sua propensione al lusso, allo spreco, alla spesa poco oculata, è proverbiale. Già in passato, ogni tanto, qualche problema di dollari affiorava. Nel 2002 era stato costretto a vendere la sua rarissima collezione di fumetti per 1,6 milioni di dollari. Essendo così appassionato di comics ha poi rimediato alla perdita, chiamando il figlioletto «Kal-El», in omaggio a Superman.
Cage, 45 anni, capricorno, lontane origini lucane e nipote del regista Francis Ford Coppola (s’è cambiato cognome con orgoglio per non essere accusato di nepotismo), ha vinto un Oscar come migliore attore e qualche contro-oscar da sberleffo per la peggiore interpretazione dell’anno, perché con il suo stile e il suo volto particolare divide sempre i giudizi. Come sullo schermo riesce a passare dal romantico lunatico al folle psicopatico, Cage nella vita ha sempre brillato per mancanza di misura. Introverso, passionale, turbolento. In ogni campo. Dall’amore allo shopping. Se vedeva un castello a Bath, Inghilterra molto aristocratica, lo comprava, idem se posava gli occhi sulla casa più «infestata di fantasmi» di New Orleans. Yacht, gioielli, aerei, Ferrari, la Lamborghini Miura appartenuta allo scià di Persia. E tre mogli. Una, Patricia Arquette, durata sei anni. L’altra, la figlia di Elvis Presley, 108 giorni. La terza, Alice Kim, ex cameriera, amata a prima vista come un bel maniero mentre serviva sushi in un ristorante di Los Angeles.

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