Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 8/11/2009, 8 novembre 2009
C’è un filo rosso (molto rosso) che accomuna da un po’ di tempo alcuni delitti compiuti in Lombardia più che in altri luoghi
C’è un filo rosso (molto rosso) che accomuna da un po’ di tempo alcuni delitti compiuti in Lombardia più che in altri luoghi. quello della crudeltà gratuita dettata dall’odio. L’ultima tappa di questa terribile sequenza è un paesino del Varesotto, Cocquio Trevisago, dove giovedì sera una signora di 82 anni, Carla Molinari, è stata uccisa nella sua modesta villetta, amputata delle mani (per il momento introvabili) e accoltellata alla gola fino a esser quasi decapitata. L’estate scorsa ad Ardenno, in Valtellina, per un affare di cocaina il giovane Donald Sacchetto fu colpito dalla pistola di un amico che ne bruciò il corpo, lo maciullò con una ruspa, lo tritò in un frantoio per poi seppellirlo in una cava. Nessuno ha dimenticato quel che accadde a Erba la sera dell’11 dicembre 2006, quando (stando alla sentenza di primo grado) i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi accoltellarono con particolare ferocia quattro vicini di casa, tra cui il piccolo Youssef di due anni. Nell’estate del 2005 a Brescia il nipote dei coniugi Aldo e Luisa Donegani decide di eliminare gli zii e di scaricarli in un dirupo sotto il Passo del Vivione dopo averli fatti a pezzi. E chi ha dimenticato il caso di Ruggero Jucker, un rampollo della Milano bene che nel 2002 massacrò a coltellate la sua fidanzata, dissezionandone il corpo ancora in vita? Il delitto di Garlasco non regge il confronto. E lasciamo stare la terribile sequenza di omicidi rituali commessi nel Varesotto dalle cosiddette bestie di Satana. Tutti casi diversi tra loro, direbbero giustamente i criminologi, ma legati indubbiamente da una insensata ferocia per qualcosa che somiglia all’odio, maturato chissà dove e chissà perché.
Non siamo nella frontiera tra Texas e Messico, dove si consuma il mattatoio del capolavoro di Cormac McCarthy Non è un paese per vecchi , diventato lo splendido film dei fratelli Coen, con il glaciale Javier Bardem nelle vesti del killer misterioso e sanguinario. Non siamo neanche nelle zone di Fargo , altra declinazione del «blood simple» degli stessi Coen, che si conclude con un cadavere rovesciato dentro un trituratore per il legname. Non siamo neanche nei lontani scenari sanguinolenti di Tarantino. No no. Siamo nei pressi della Brianza, che già Carlo Emilio Gadda vedeva talmente «profanata» (non solo da cemento, plastica e scatolame) da scrivere che «la verde Lombardia non è più» se non «un tetro inferno» in cui era arrivato il cosiddetto miracolo. Allucinazioni da scrittori? Forse, ma già allora l’Ingegnere, nella claustrofobica metafora che aveva messo su nella Cognizione del dolore, sentì la necessità di far controllare ville e villette del luogo da società di accaniti vigilanti notturni che evitassero furti, aggressioni e omicidi.
«Indubbiamente sono tutti casi di
overkilling , cioè di omicidi particolarmente feroci», dice Isabella Merzagora Betsos, docente di Criminologia alla Statale di Milano. E aggiunge una considerazione non secondaria di ordine topografico: «Mentre fino a qualche decennio fa la città era la sentina di tutti i vizi, adesso la provincia si sta non solo inurbando ma conurbando nei modi di vita ». In effetti, i casi più efferati un tempo accadevano per lo più nelle metropoli: il Duca Lamberti del Simenon italiano, Scerbanenco, investigava soprattutto tra i bassifondi cittadini, anche quando i milanesi uccidevano solo il sabato, perché in settimana lavoravano. « vero comunque che la Lombardia, a livello statistico, si colloca ai primi posti specialmente per quanto riguarda i delitti familiari o intimi: è possibile che le conflittualità derivate dal benessere di quella che era la capitale morale siano più acute che altrove». La domanda è ricorrente: che rapporto c’è tra benessere (raggiunto o agognato) e criminalità? «Al progresso economico non sempre corrisponde un adeguato avanzamento culturale o etico, e lo scempio di una vecchietta dilaniata senza apparenti ragioni è la violazione di un tabù forte, ordinaria crudeltà sadica. Nei periodi di crisi economica, poi, la criminalità subisce sempre un’impennata quando non ci sono le adeguate protezioni sociali. Posso solo dire che noi criminologi ce l’aspettavamo».
In un recente saggio intitolato Cosmologie violente (Cortina), Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali raccolgono le interviste fatte nel carcere di Opera (Milano), mettendo a fuoco come le relazioni con gli altri, l’educazione, le esperienze, i gruppi di appartenenza agiscano nella costruzione di quelli che chiamano i «mondi simbolici» del criminale: «Bisogna uscire dal determinismo della malattia mentale – dice Ceretti ”. Nel caso di Cocquio Trevisago bisognerà valutare che tipo di legame l’aggressore intratteneva con la vittima per spingerlo a un rituale tanto efferato, a un tale gesto di punizione e di umiliazione».
Paolo Di Stefano